La tassa-vergogna sui bonifici esteri
Siamo tutti evasori. Fino a prova contraria. E quella prova dobbiamo fornirla noi. A chi? Alle banche e agli agenti del Fisco. L’ultima tassa dell’ex governo Letta e di Saccomanni non ha un nome preciso, ma è già operativa dall’1 febbraio.
Di che parlo? Della ritenuta del 20% che le banche sono obbligate ad applicare su tutti i bonifici esteri che arrivano sui conti correnti italiani. Motivo? Trattasi di reddito finanziario o presunto tale. Differenza di non poco conto, ma chissenefrega. Sarà la persona fisica, l’ente non commerciale o la società semplice a sbrogliare la matassa.
Facciamo un esempio. Se vostro padre, un amico o un’impresa vi invia duemila euro per un rimborso spese o per un semplice regalo o per qualunque altro motivo, la banca ne tratterrà 400!
Per evitare questo prelievo forzoso (che ricorda per certi versi quello storico di Giuliano Amato), tu – ripeto, tu– devi dimostrare che quel denaro non fa parte del tuo reddito e non è tassabile. Insomma, prima ti spillo e ti reputo un evasore potenziale, poi, se provvedi a contattare la banca e a compilare una autocertificazione in cui dichiari di non esserlo, i soldi (forse) ti vengono accreditati. Una follia.
È l’ennesimo caso di inversione dell’onere della prova, tanto caro evidentemente a tecnici e politici italiani. La ritenuta scatterà per ogni tipo di somma: interessi su capitale investito all’estero; cessione di immobili o terreni; locazione da immobili e terreni.
Ecco il testo del provvedimento del 6 agosto 2013, n.97:
“Il prelievo va in ogni caso effettuato, indipendentemente da un incarico alla riscossione, a meno che il contribuente non attesti, mediante una autocertificazione resa in forma libera, che i flussi non costituiscono redditi di capitale o redditi diversi derivanti da investimenti all’estero o da attività estere di natura finanziaria. L’autocertificazione può essere resa in via preventiva e riguardare la generalità dei flussi che saranno accreditati presso il medesimo intermediario, salva contraria specifica indicazione da parte del contribuente”.
Ma anche nel caso in cui si fornisse l’autocertificazione, la banca sarà comunque costretta a segnalare l’operazione all’Agenzia delle Entrate. La questione è ancora più interessante se si continua a leggere la norma:
“Il contribuente deve fornire ogni utile informazione per individuare l’eventuale natura reddituale del flusso nonché la fattispecie e la relativa base imponibile. In mancanza di tali informazioni, le ritenute o le imposte sostitutive vanno applicate sull’intero importo del flusso ricevuto in pagamento. Per le persone fisiche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo si presume che i flussi finanziari siano derivanti dall’esercizio di tali attività, salva indicazione contraria da parte dei medesimi contribuenti. L’intermediario comunica le posizioni per le quali non sia stato applicato il prelievo alla fonte”. È tutto basato sulla presumibilità, poi tocca al cittadino andare a spiegare i come e i perché. Così come spetterà a lui “richiedere all’intermediario la restituzione dell’imposta non dovuta ovvero applicata in misura superiore a quanto dovuto”.
C’è da indignarsi o no?
P.S. È notizia di oggi che la Commissione europea sta verificando se le nuove norme siano in linea con i principi di base della non discriminazione e del libero movimento delle merci e dei capitali. Nell’attesa che Bruxelles si esprima, i correntisti e i contribuenti italiani patiscono le pene del Fisco. E ringraziano…