Il Paese che lascia crollare la sua storia
Mentre a New York crollano due palazzine, a Palermo sono anni che gli edifici si sbriciolano su se stessi. Se ne parla poco, o comunque non quanto si dovrebbe. Perché quelli della Sicilia sono problemi ormai sedimentati, tanto da farci quasi l’abitudine. E quindi è meglio tapparsi le orecchie, chiudere gli occhi o, peggio ancora, edificare un muro di tufo per isolarli, questi problemi.
Così è successo il 5 febbraio scorso quando a piazza Garraffello, nello storico mercato della Vucciria, un palazzo è imploso. Per mettere in sicurezza la zona, regno della movida notturna oltre che cuore pulsante del turismo e del commercio, il comune ha alzato dei muri, ghettizzando la zona e isolandola dal resto della città. Perché è sempre meglio oscurare che far luce, è sempre più facile mettere la polvere sotto il tappeto, ché tanto poi ci sarà qualcun altro a scovarla (ma non a eliminarla).
Qualche giorno dopo, vicino a un altro storico mercato, quello del Capo, è crollata un’altra palazzina. Ai turisti stiamo lasciando solo macerie. E la situazione rischia di peggiorare. Lo dimostrano i dati che sono stati resi noti oggi nel corso di un’audizione convocata dal presidente della commissione Ambiente dell’Assemblea regionale siciliana, Giampiero Trizzino.
Cosa dicono questi dati? Che nel secondo centro storico d’Europa ci sono 1620 edifici che hanno bisogno di seri interventi. 1620! Entrando nel dettaglio, in un’area di 249 ettari 248 edifici hanno bisogno di azioni urgenti, 368 sono pericolanti e 1004 degradati. Tra questi figurano 1466 edifici privati, 102 di proprietà comunale e 52 chiese.
E sapete quanti sono i tecnici comunali a disposizione per tentare di risolvere il problema? Due, su un totale di 84 dirigenti a disposizione. Naturalmente non parliamo del capitolo soldi, perché, ça va sans dire, non c’è il becco di un quattrino. Per rifare il volto al centro storico ci vorrebbe oltre mezzo miliardo. E almeno cento milioni servirebbero per dare il via ad un piano di sicurezza. Perché finora non è successo nulla, ma il rischio che ci scappi il morto è sempre dietro l’angolo. E forse solo allora si parlerà di Palermo. Ma sarà troppo tardi. Se non lo è già…
C’è da indignarsi o no?