C’è una fiducia che scende e una che sale. Entrambe riguardano Matteo Renzi, ma sono sostanzialmente differenti.

La prima riguarda la fiducia che gli italiani ripongono nei confronti del governo. Ebbene, secondo l’ultimosondaggio Ispo, il 67% degli intervistati pensa che Matteo soffra di “annuncite” e che le sue riforme difficilmente vedranno la luce.

La seconda invece riguarda più la “questione” di fiducia, intesa come voto. Con quello di oggi del Senato sulla reiezione dell’emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati al ddl sulla legge europea, il governo Renzi ha incassato la ventiduesima fiducia.

22 fiducie in sette mesi, dal 25 febbraio a oggi. Una media di tre fiducie al mese. Mica male.

 

Se continua così, il presidente del Consiglio riuscirà a battere l’esecutivo Monti. L’attuale senatore a vita riuscì infatti a ricorrere al voto di fiducia trenta volte in otto mesi, tanto da incassare una bacchettata al vetriolo da parte del prode Giorgio Napolitano.

“Si deve porre termine a un abnorme ricorso, in atto da non pochi anni, alla decretazione d’urgenza e a votazioni di fiducia su maxiemendamenti, garantendo ciò con modifiche costituzionali e regolamentari, confronti lineari e tempi certi in Parlamento per l’approvazione di leggi di attuazione del programma di governo”, tuonava il presidente della Repubblica il 31 dicembre 2013.

Peccato però che il premier Monti continuò sulla stessa strada arrivando a 50 voti di fiducia in poco più di un anno.

Insomma, se Renzi dovesse continuare su questa linea, potrebbe riuscire a superare il record di Monti. Alla faccia del Parlamento, sempre più spogliato delle sue prerogative e facoltà, sancite tra l’altro dall’articolo 70 della Costituzione: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”.

E alla faccia degli italiani che, è bene ricordarlo, non hanno eletto né Monti né Renzi.

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