Whirlpool e i due forni di Di Maio
Il 25 ottobre 2018 Luigi Di Maio festeggiava così il patto con Whirlpool: “Ho appena firmato un accordo di cui sono davvero orgoglioso perché rappresenta un cambio di passo per l’Italia. Appena giunti al governo abbiamo iniziato una dura lotta contro le delocalizzazioni. Oggi sta succedendo qualcosa che va oltre: stiamo riportando lavoro in Italia. RILOCALIZZIAMO, che bella parola! Alla faccia di tutti quelli che dicono che il nostro Paese non è un bel posto per investire, che qui non si può fare business”.
Il 26 ottobre 2018 il premier Giuseppe Conte si complimentava: “Zero esuberi e rientro della produzione in Italia per Whirlpool. Complimenti a Luigi Di Maio per l’accordo raggiunto con l’azienda. Finalmente i lavoratori vengono tutelati e le imprese tornano a investire. Anche questa è la conferma che l’Italia sta cambiando marcia”.
Il 31 maggio 2019 l’unica cosa che è cambiata è l’intenzione dell’azienda di rispettare i patti.
Ma dal 26 ottobre 2018 al 31 maggio 2019 cosa ha fatto il ministero del Lavoro sulla vicenda Whirlpool? Di Maio può giurare di aver monitorato costantemente le fasi di attuazione del piano industriale? Può assicurare di aver inviato gli ispettori per controllare la situazione? È possibile che sia scoppiato tutto come un fulmine a ciel sereno? Domande che meritano risposte, visto che è in gioco il futuro di 420 lavoratori.
Piccola nota a margine a proposito di cambi di opinione e di Whirlpool: il 17 aprile 2015 l’allora deputato M5s Di Maio dichiarava: “Indesit delocalizza in Turchia e Polonia. Paesi che stampano propria moneta. Con l’uscita dall’Euro le aziende farebbero a gara a venire in Italia. Possibile che dobbiamo morire prima di capirlo? È un problema di sovranità. Dobbiamo riprendercela, battendoci nelle istituzioni e se non ci sono i numeri, ci si batte nelle piazze. I Parlamentari M5S saranno sempre dalla parte dei lavoratori che si battono per difendere la sovranità delle proprie aziende. Faremo da scudo davanti ai vostri cortei e da garanti ai tavoli di contrattazione. Noi ci siamo!”.