populismo

Dal giorno in cui si è insediato il governo giallo-verde il dibattito politico e mediatico si è orientato sulla contrapposizione tra l’establishment che ha governato il paese negli ultimi anni e la nuova classe dirigente populista caratterizzata, a detta dei suoi critici, non tanto dalla volontà di cambiamento ma da una diffusa incompetenza.

In particolare negli ultimi giorni, con l’appello lanciato da Cerasa su “Il Foglio” con la proposta di un “partito dei competenti”, si è intensificata la frattura tra chi si ritiene portatore della conoscenza e gli altri: i dilettanti, gli incompetenti, gli impreparati.

Partiamo da un presupposto: negare la necessità di una classe dirigente costituita da persone preparate e competenti è da incoscienti. È giusto che le posizioni di potere siano occupate da chi ha una conoscenza approfondita del proprio settore di competenza, ben venga perciò un governo dei competenti. 

Non è invece comprensibile il passaggio successivo del ragionamento alla base del partito dei competenti e della necessità di contrapporre all’attuale governo una classe dirigente preparata realizzato da vari media: leggendo i nomi delle personalità proposte (sulla cui esperienza non c’è nulla da eccepire) emerge la comune vicinanza a un’area di pensiero progressista. Su questo presupposto si basa un’equazione formulata su chissà quali basi: competenza uguale progressismo. Una credenza che ha origini lontane nella teoria della superiorità culturale e morale della sinistra che però, a giudicare dall’ultima tornata elettorale e dallo stato in cui si trovano i partiti di sinistra, non ha portato a buoni risultati politici. Sarebbe perciò più auspicabile una necessaria autocritica piuttosto che ribadire con testardaggine (e un pizzico di presunzione) di essere dalla parte del giusto ma di non essere capiti dal popolino.

Si obietterà che il partito dei competenti non ha colore politico, che i suoi rappresentanti non hanno ideologia ma, a giudicare dalle posizioni assunte dai suoi esponenti più noti sulle principali tematiche del dibattito politico (dall’immigrazione all’economia, dal concetto di nazione a quello di società), la classificazione nell’alveo progressista è scontata.

Sorge perciò spontaneo domandarsi: un politico, un medico, un economista, un giornalista, un avvocato, non possono essere competenti ma avere idee conservatrici o sovraniste o liberali o, perché no, populiste? Chi l’ha detto che per essere competenti nel proprio settore si deve al tempo stesso essere favorevoli a una società multietnica, a una visione globalista e antinazionale?

Il grande equivoco su cui si fonda il pensiero dell’establishment progressista italiano è proprio questo: credere di essere dalla parte del giusto, di possedere la verità in ogni ambito e perciò giudicare e attaccare le scelte del popolo quando contrarie al proprio credo e delegittimare la classe dirigente delle forze politiche avversarie.

Peraltro, spulciando le biografie di alcuni parlamentari, ministri e sottosegretari dei precedenti governi progressisti, la competenza sembra l’ultima delle qualità tenute in considerazione.

I rappresentanti della competenza come alcuni la intendono, non accettano il dialogo e il confronto ma si ergono sul pulpito senza concepire che possano esistere altre personalità competenti con idee diverse, magari con meno risonanza mediatica o visibilità ma con uguale o maggiore preparazione.

Competenza e populismo non sono due termini ossimorici così come non lo sono la competenza e il conservatorismo o il sovranismo. Stiamo assistendo alla nascita di una nuova classe dirigente competente ma legata a valori e idee che si possono sintetizzare con il termine populista? È presto per dirlo ma è certo che siamo di fronte a un cambiamento radicale della classe di governo che ha colto impreparato il vecchio establishment progressista che, a corto di ricette politiche convincenti per il paese, ha spostato il discorso su un piano differente che rischia però di aumentare ancora di più la distanza con il popolo italiano e con i propri elettori. 

Francesco Giubilei

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