Terminata l’ultima pagina del pamphlet di Massimiliano Lenzi Io accuso, viene in mente uno dei fulminanti aforismi di Leo Longanesi: “non è la libertà che manca in Italia. Mancano gli uomini liberi”. Il senso delle parole dell’editore romagnolo era chiaro, senza uomini liberi non ci può essere libertà e Massimiliano Lenzi è un “uomo votato alla libertà, senza costrizioni” come scrive nella sua nota biografia.

D’altro canto, se non lo fosse, non avrebbe potuto scrivere questo ficcante e necessario libello che nasce dalla penna di un autore coraggioso già dal sottotitolo scelto per il suo testo Il regno della paura e il tradimento delle libertà ai tempi del virus.

Cent’anni dopo la marcia su Roma, Lenzi realizza un parallelismo con la restrizioni alle libertà avvenute con la pandemia prendendo spunto dal celebre J’accuse di Émile Zola: “io accuso i politici. Io accuso i giuristi. Io accuso i giornalisti. Io accuso gli intellettuali. Io accuso i sindacalisti. Io accuso gli imprenditori. Io accuso i preti e il clero”. Tutti colpevoli di non aver fatto nulla di fronte a una democrazia che “si è gravemente ammalata”. Al contrario, la pandemia ha determinato la perdita di “una buona parte delle libertà e dei diritti degli individui” in un “crescendo di autoritarismo” che ha investito l’Italia.

Lenzi punta il dito contro “la resa completa – tranne poche voci coraggiose – delle élite e degli intellettuali, dei giornali, delle televisioni e delle radio, della politica, del mondo economico” coniando un’espressione quanto mai centrata: la nostra è l’epoca del “sovranismo della paura”. Ed è proprio la paura che ci ha portato a cambiare “il nostro modo di vivere, il nostro linguaggio ed il nostro sguardo verso gli altri”. Si è così sviluppato un “vocabolario della paura” basato su parole come certificazione, green pass, delazione, polarizzando il dibattito in buoni contro cattivi. Una deriva alimentata dai media che hanno rinunciato “ad un ruolo critico necessario alla funzione stessa di fare informazione” e facendo della paura il collante emotivo alla base della narrazione. Tutti ingredienti per una deriva dello stato etico basata su due strumenti narrativi: la cancel culture e il politicamente corretto.

Per evitare che questa situazione sia accettata come se nulla fosse, Lenzi conclude il suo j’accuse con un “appendice per gli smemorati” in cui pubblica la Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina, l’articolo 32 della Costituzione italiana e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Come a voler dire: le leggi che tutelano la libertà ci sono, bisognerebbe però applicarle.

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