Il trionfo dei sovranisti e dei conservatori in Umbria, ora espugnare l’Emilia Romagna è possibile
In Umbria la coalizione degli italiani ha scritto la storia. La candidata Donatella Tesei, sostenuta da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, non solo ha vinto ma ha stravinto con un distacco del venti per cento rispetto al candidato sostenuto dall’alleanza Pd-Movimento Cinque Stelle. Un divario che non ammette repliche o recriminazioni e che sancisce il fallimento dell’esperimento giallo-rosso in salsa umbra. Le ragioni della vittoria della Tesei sono molteplici.
Anzitutto la volontà degli umbri di voltare pagina dopo decine di anni di ininterrotto governo della sinistra, non bisogna dimenticare che ieri si è votato con elezioni anticipate a causa dello scandalo sulla sanità che ha investito la precedente giunta a guida Pd. La democrazia si basa sull’alternanza di governo e, quando per anni ininterrottamente governa la stessa parte politica, si stratificano dinamiche malsane nella gestione del potere che vanno poi a discapito dei cittadini.
Gli umbri hanno poi premiato una candidata forte, espressione del territorio, con un’esperienza di amministratrice locale e senatrice, sostenuta in modo unitario da tutto il centrodestra.
Di contro Bianconi è sembrato da subito un candidato debole, un finto civico espressione più della sinistra radical-chic che del popolo. Albergatore di Norcia, dopo la sua candidatura il “Corriere dell’Umbria” titolava: “Ricostruzione, soldi solo agli hotel di Bianconi”. La sua schiacciante sconfitta è la bocciatura dell’esperimento di alleanza Pd-M5S e, sebbene il Pd, nonostante tutto, abbia raggiunto il 22% (perdendo comunque ben il 13% dal 2015), per il Movimento Cinque Stelle si è trattato di un tonfo anch’esso storico passando dal 27% dell’8 marzo 2018 al 7% di ieri.
Un risultato logico se si pensa che sono stati proprio i grillini a far avviare lo scandalo che ha portato alla caduta della giunta di Catiuscia Marini.
Analizzando il voto ai singoli partiti, colpiscono le percentuali di Lega e Fratelli d’Italia che testimoniano la trazione sovranista e conservatrice della coalizione con i liberali di Forza Italia che rappresentano ad oggi una parte minoritaria.
C’è poi un risvolto nazionale del voto in Umbria, se è vero che una consultazione locale non ha un valore nazionale assoluto, è altrettanto vero che l’elezione di ieri rappresentava il primo banco di prova per il governo Conte bis e l’esito è stato disastroso per i gialli-rossi.
Sull’onda dell’entusiasmo del risultato umbro, ora il centrodestra può davvero espugnare un altro feudo storico della sinistra: l’Emilia Romagna, anche alla luce del fatto che Pd e Movimento Cinque Stelle quasi certamente andranno separati alle urne.
Certo, le differenze con l’Umbria sono notevoli, in Emilia Romagna non c’è stato uno scandalo, Bonaccini non è Bianconi e il consenso della sinistra, nonostante tutto, continua ad essere solido come testimoniano i risultati delle elezioni amministrative di maggio (al netto di eccezioni come Ferrara e Forlì). Riuscendo però a costruire un progetto politico credibile, oggi la vittoria in Emilia Romagna non sembra più un tabù, sarà compito della coalizione degli italiani nelle prossime settimane presentare una proposta convincente per strappare alla sinistra uno dei suoi ultimi baluardi.