Il complotto degli anticomplottisi
Il video andato in onda su Rai3 nel 2015 sugli esperimenti nei laboratori cinesi e diventato ieri virale, è stato immediatamente definito una bufala anche grazie all’intervento di migliaia di paladini dell’anticomplottismo che si sono affrettati a ergersi a difensori della verità assoluta a suon di post e tweet. Ci fidiamo invece delle smentite da parte della comunità scientifica di un collegamento tra quanto raccontato nel video e l’attuale Coronavirus sottolineando però che il servizio realizzato da Rai3 non è una bufala.
Quello che viene raccontato è tutto vero e si basa su una ricerca effettuata dalla redazione di Leonardo su agenzie scientifiche internazionali, il fatto che nei laboratori cinesi si facessero sperimentazioni su un supervirus non è perciò inventato. Cosa diversa è sostenere che vi sia un collegamento tra quelle ricerche e l’attuale Coronavirus. Ma il solo fatto di condividere il video come hanno fatto milioni di italiani, di porsi delle (legittime) domande, di raccontare ciò che avviene in Cina, anche senza evidenziare collegamenti con l’attuale Coronavirus, è stato sufficiente per scatenare i paladini dell’anticomplottismo.
Gli anticomplottisti da tastiera hanno tante cose in comune con i complottisti, spesso non leggono quello che c’è scritto in un post o in un articolo ma ciò che vorrebbero ci fosse scritto per sostenere le loro tesi.
Così, chiunque abbia condiviso il video degli esperimenti cinesi anche senza scrivere che ci sia un collegamento con l’attuale Coronavirus, viene tacciato di essere un complottista che spaccia fake news.
I paladini dell’anticomplottismo sono i primi ad accusare chi condivide la presunta bufala di “non essere un esperto”, di “non avere le competenze” ma, se si legge il loro curriculum, l’apice della carriera è un articolo scritto nel 2005 su “Canicattì Today”. Poco importa però perché loro citano “le fonti”.
Le fonti degli anticomplottisti di professione hanno una caratteristica: sono sempre corrette. Mentre quelle citate dagli altri non hanno valore: “La Bibbia? Ma che credibilità ha che Dio non esiste?”, “Si va beh, è scritto su Il Giornale…”, “Ma davvero leggi Libero?”, “Ah, se lo ha scritto La Verità…”.
Caratteristica basilare dei paladini dell’anticomplottismo è la fede incrollabile nella scienza (cosa di per sé giusta se fosse interpretata in modo oggettivo e non a seconda del proprio tornaconto) e nell’economia, per loro non esistono altri ambiti dello scibile umano come la religione, la teologia, la filosofia.
I paladini dell’anticomplottismo hanno nella stragrande maggioranza un’origine ideologica simile (lasciamo immaginare quale sia al lettore), si informano su giornali e testate con un preciso orientamento e spesso sono in malafede, smentiscono le bufale (o presunte tali) solo quando hanno un tornatoconto ideologico a supporto del loro pensiero o se devono attaccare un politico o persone con idee diverse dalle loro.
I paladini dell’anticonformismo non si limitano a smentire un fatto che ritengono falso ma ti giudicano perché hanno la verità in mano e nei loro post traspare saccenza, sprezzo verso “quell’ignorante complottista che condivide e scrive queste cose”. Poi, quando ci parli dal vivo, il loro bagaglio culturale è di una ovvietà sconcertante e l’ultimo libro decente che hanno letto era un classico obbligatorio a scuola d’estate. I paladini dell’anticomformismo sono l’emblema dei semi colti, leggono romanzi che ritengono essere ricercati ma che in realtà rappresentano il mainstream, vogliono essere ricercati ma sono talmente banali che dopo cinque minuti di discussione ci si è già annoiati. Pensano di esporre tesi e idee brillanti ma sono così scontati da lasciare attoniti, criticano il popolo che considerano rozzo e credono di essere diversi dai radical chic quando ne sono la perfetta incarnazione. Con l’aggravante che sono presuntuosi senza nessuna ragione per poterlo essere. Sarebbero i protagonisti perfetti per un romanzo umoristico tanto sono una macchietta, peccato che Guareschi o Campanile non siano in vita perché si divertirebbero a canzonarli nelle loro pagine, ma assumono un carattere inquietante in un’epoca in cui episodi di censura e limitazioni della libertà di espressione sono sempre più diffusi. Perché il confine tra l’anticomplottismo e l’omologazione al politicamente corretto è labile e tacciare come bufala o complotto qualsiasi opinione non conforme è molto facile. Ed è il motivo per cui, al pari dei complottisti, i paladini dell’anticomplottismo non sono credibili ma altrettanto pericolosi.