Uno scherzetto da far tremare (i) Polsi
Scherza coi fanti, non scherzare con i Santi, mormora già qualcuno. Figurarsi con la Madonna della Montagna, Eh già, perché quello che è successo a Polsi, storicamente il luogo simbolo della ‘ndrangheta (a maggior ragione dopo le intercettazioni ambientali registrate nel cuore dell’Aspromonte che furono decisive per gli arresti che decapitarono le cosche nel 2010) non ha precedenti o quasi. La processione al santuario situato nel comune di San Luca, in provinciadi Reggio Calabria, è saltata causa maltempo. Si farà solo la Messa.
Lo aveva detto qualche ora prima il vescovo di Locri Francesco Oliva, e mai come adesso queste parole sembranon un avvertimento alle cosche: «Il Santuario della Madonna della Montagna di Polsi è un luogo di preghiera e di devozione. Come fedeli devoti desideriamo che ne sia tutelata e conservata la sacralità. Il santuario di Polsi con le sue strutture di accoglienza ci appartiene, appartiene alla tradizione spirituale della nostra gente, che nessuno può e deve violare. Abbiamo pregato – aggiunge – e continuiamo a pregare, perché anche quanti sono convenuti (o vengono) con altri intenti o interessi possano incrociare lo sguardo di Maria verso un cammino di conversione a Dio».
È un segnale per la Chiesa reggina e anche per chi, da qualche tempo, ha deciso di mettere i vescovi sul banco degli imputati: prima il processo a un sacerdote accusato (e assolto) per aver fatto dei favori a un presunto boss (assolto, a sorpresa, anche lui); le accuse contro gli inchini ai boss durante le processioni, quando a Oppido Mamertina la statua della Madonna delle Grazie, mentre era in corso la processione nelle vie del paese, si inchinò di fronte alla casa dal boss Peppe Mazzagatti; la folle idea di sospendere i padrini alle cresime per cinque anni.
A rimetterci sono solo i fedeli, quelli veri. L’altro giorno a Fino Mornasco (Como) i calabresi di Giffone – orfani della loro processione – si sono accodati dietro la statua di San Bartolomeo in quella che da 40 anni anima le vie di Andrate. A sfilare è stata la copia esatta di quella esposta nella chiesa del paesino in provincia di Reggio Calabria.
Da cattolico penso che contro la ‘ndrangheta la Chiesa reggina avrebbe potuto fare di più e che certi sacerdoti nei quartieri difficili della città di Reggio si muovano in una zona grigia né più e né meno di come fanno certi sbirri. Che alla sbarra certo non ci vanno. Almeno non tutti…
Vi ricordate i funerali delle vittime della strage di Duisburg a San Luca? Le donne ci andarono vestite di bianco, chi temeva una vendetta restò deluso. Qualcuno dice che dietro quell’ardita operazione ci fosse l’allora vescovo di Locri, Giuseppe Bregantini. Si disse che fu lui a trattare con i boss per evitare altri spargimenti di sangue. In nome di Dio. La verità non si è mai saputa, ma la carriera di Bregantini nella Locride dopo quelle voci fu breve.
A me bastano le parole di Papa Francesco, pronunciate a Cassano sullo Jonio a fine giugno dopo l’incontro con i detenuti del carcere di Castrovillari, fra cui il padre del piccolo Cocò, il bimbo ucciso in un agguato mafioso: «I mafiosi non sono in comunione con Dio: sono scomunicati. La ‘ndrangheta è l’adorazione del male». Roba da far tremare (i) Polsi…