Parafrasando Oscar Wilde, la verità non è una e non è semplice. Che cosa sta succedendo in Calabria? Tutto e niente, come al solito. Mentre la Regione Calabria è impegnata a cancellare i vitalizi vergogna da un giorno (tenendosi stretti quelli che costano 600mila euro al mese e che spesso finiscono a politici nei guai con la giustizia), gli strascichi del Palamaragate arrivano in riva allo Stretto e travolgono tutto. Proprio mentre la politica calabrese, di destra e di sinistra, viene bersagliata da scandali e inchieste. E la ‘ndrangheta, come dico spesso, se la ride.

Facciamo un po’ di chiarezza. L’indagine sulla Avr, holding che si occupa della raccolta rifiuti a Reggio Calabria, investe in pieno i principali protagonisti della nuova sedicente Primavera reggina del sindaco Pd Giuseppe Falcomatà, il suo vice Armando Neri e il colonnello dem Antonio Castorina, ma anche il neo assessore regionale Domenica Catalfamo, scelta dalla presidente Jole Santelli. Il garantismo è d’obbligo, ma i dubbi sulla classe politica calabrese restano.

Ma anche chi dovrebbe far chiarezza sui comportamenti dei politici, la magistratura, non sempre agisce in maniera specchiata e senza fini politici. Lo dice il centrodestra da anni, lo confermano i brogliacci e i messaggini captati con un Trojan nel cellulare dell’ex leader dell’Anm Luca Palamara (calabrese di Santa Cristina d’Aspromonte), perché non ci facciamo mancare mai niente. Palamara decideva a tavolino le sorti e le carriere dei pm? Possibile. Ma controproducente. Alla fine ha ragione (come fa spesso) Klaus Davi che così aprostrofava Palamara, reo agli occhi del massmediologo di voler strumentalizzare San Luca e la battaglia per la legalità che Davi sta portando avanti con coraggio: «Te lo dico in tutta serenità, come consigliere comunale neo eletto di San Luca – si legge nelle intercettazioni pubblicate dal Dispaccio – se farete il solito codazzo di auto blu e scorte sarà controproducente e il territorio non ne ricaverà nulla… Mentre voi fate la vostra passerella e le partitone muore la Calabria. Vi farete solo odiare come accaduto con Boschi (Maria Elena, nda) e Minniti (Marco, ndr)». È la vigilia della Partita del cuore del 2019, iniziativa che qualche anno prima ebbe il merito di consegnare a San Luca un meraviglioso campo da calcio. È lo stesso evento di cui ho parlato nell’intervista con Alberto Cisterna, giudice di Sorveglianza a Roma e conoscitore degli uffici giudiziari reggini, che ha frequentato quando era all’Antimafia, in cui Cisterna ha detto, senza peli sulla lingua, che l’invasione di campo della politica nella scelta dei pm antimafia è legittima, ma che alcune carriere sono state decise più dai boss che dai politici.

E qui il pensiero va a quello che è successo all’ex sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti. Perché se si scopre che i giudici che l’hanno condannato sono stati «aiutati» dai suoi principali nemici politici, come lo stesso Marco Minniti, il sospetto cancella l’idea di una sentenza al di là di ogni ragionevole dubbio. Quando la politica entra dalla porta della magistratura, la verità esce dalla finestra. Cito le parole dell’ex Procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini: «In nessun luogo quanto in Calabria la verità ha vita breve: il fatto è avvenuto da cinque minuti e di già il suo nocciolo genuino è scomparso, camuffato, abbellito, sfigurato, oppresso, annientato dalla fantasia e dagli interessi; il pudore, la paura, la generosità, il malanimo, l’opportunismo e la carità: tutte le passioni, tanto le buone quanto le cattive, precipitano sul fatto e lo fanno a brani. E la verità scompare, mentre si imbavaglia chi abbia il coraggio di adempiere al dovere di dirla». E qui torna in mente il clima di veleni tra toghe che uccise il giudice Giovanni Falcone prima della bomba di Capaci.

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