Lo avevamo già scritto, ci sono sentenze sulla ‘ndrangheta che si smentiscono l’una con l’altra. Oggi la Cassazione ha scarcerato Cosimo Commisso, presunto boss della ‘ndrangheta di Siderno, assolto dall’accusa di essere il capo del clan mafioso. Dopo 26 anni di carcere. Ripeto, 26 anni. La motivazione? «Non aver commesso il fatto». E come si è capito, dopo 26 anni, che l’uomo accusato di essere il boss “dei due mondi” non era un capomafia? Perché la sentenza definitiva del processo scaturito dall’inchiesta Crimine avrebbe riscritto l’organigramma delle cosche. E si è scoperto che gli omicidi addebitati a Cosimo Commisso non sarebbero stati decisi da lui ma da un altro capo mafia. In una delle intercettazioni ambientali captate nella lavanderia Apegreen di Siderno e gestita da Giuseppe Commisso, quest’ultimo – che la Cassazione per il processo Crimine considera “fonte autorevole per il suo elevato spessore criminale” – rivelava di essere stato lui il vero capo del sodalizio di Siderno a partire dal 1991, anno in cui si erano verificati, tra aprile e luglio, la maggior parte degli omicidi attribuiti all’altro Commisso, Cosimo. In pratica secondo la ricostruzione degli inquirenti, suffragata dalle intercettazioni e consolidata dalle sentenze definitive, dopo la morte di Domenico Baggetta, vecchio capo del clan sino alla sua uccisione nel dicembre 1988, i Commisso avevano deciso di non “formalizzare” la nomina di un capo, secondo una precisa scelta strategica, che voleva evitare di esporre il nuovo vertice a eventuali attentati da parte del gruppo contrapposto, la famiglia Costa che da anni combatte una guerra per il controllo del territorio. Quindi Commissio è mafioso o no? È stato condannato per nulla? Alla Cassazione l’ardua sentenza. E però come si concilia questa decisione della Cassazione con la recentissima operazione anti ‘ndrangheta che appena pochi mesi fa ha smantellato un presunto clan operante in Umbria? Già, perché secondo le operazioni condotte dalla Dda di Catanzaro e di Reggio Calabria chiamte Infectio e Core Business e condotte dallo Sco e dalle Mobile calabresi e di Perugia, le cosche Trapasso e Mannolo di San Leonardo di Cutro, Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) e appunto Commisso di Siderno si sarebbero infiltrate in Umbria, Lazio e Lombardia attraverso un complicato sistema di scatole cinesi per aggirare la legge. Tutto sarebbe partito proprio da Cosimo Commisso, già a piede libero da gennaio 2019 e da tempo residente nel perugino. Ma non ditelo alla Cassazione…

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