IMG_2159Se tu prendi un obelisco dai templi di Luxor in Egitto e lo porti in Italia, quello smette di essere arte egizia e diventa arte italiana? Se tu prendi un medaglione azteco e lo metti in un museo permanente di Roma, quello smette di essere espressione degli aztechi e diventa romano? Se tu prendi una statua d’ispirazione buddista del Pakistan e dell’Afghanistan e la metti in un museo di Torino, quella diventa arte d’influsso europeo? Volete discutere dello Ius soli, del cosiddetto diritto del suolo, la legge del suolo, l’imperativo del suolo? Benissimo. Il tema è complicato. Dunque chiaritevi le idee con l’arte che, per mestiere, è lì appositamente ad illuminare le idee, a chiarificarle. Un Codice di Leonardo Da Vinci, venduto ai cinesi e trasportato definitivamente a Pechino, smette di essere italiano? Una Marilyn Monroe di Andy Warhol, regalata ad un museo australiano, smette di essere espressione dell’America? L’arte, che è il più universale dei linguaggi, è anche il più maledettamente territoriale ed identitario dei linguaggi. L’arte esiste e il suo luogo di nascita determinerà come un timbro il suo alfabeto, i suoi simboli, la sua essenza, al punto da diventare l’arte testimonianza del luogo e il luogo alcova e giustificazione del suo linguaggio. Leopardi, se fosse nato in Oriente, avrebbe scritto haiku, non l’Infinito. Disconoscere l’identità, sempre mutevole ma pur sempre esistente e chiara, dei territori significa parlare per astrazioni, e le astrazioni, come diceva Pasolini, portano solo alla solitudine.

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