Vittorio Sgarbi, sbagli sulla contemporaneità
Vittorio Sgarbi, qui sbagli. Continui a dire che sono mostri, obbrobri, schifezze immonde, le architetture contemporanee nelle città d’arte. Il Ponte di Calatrava a Venezia, il nuovo Palazzo di Giustizia a Firenze, la teca dell’Ara Pacis di Meier a Roma, gli archi di Buren a La Spezia, sono per te troppo ostili rispetto a ciò che hanno attorno. Guardala diversamente: la Possibilità è il grande magnete della Cittadinanza. L’esistente, il già fatto è in continua competizione con il potenzialmente fattibile. Qui sta la bellezza della contemporaneità: nel fatto che non siamo antiquari che devono lucidare il passato. Se fossimo solo antiquari, saremmo già morti. Al contrario noi esistiamo esprimendo il proprio tempo, la nostra contemporaneità, spesso in opposizione, in contrasto, con quanto realizzato nel passato. È solo nella Possibilità, nel possibile, che si è protagonisti, non nell’antiquariato da conservare. Un centro storico che si giudichi esterno alla Possibilità è un centro storico morto, perché soffocato dalla convinzione che le uniche Possibilità della Cittadinanza siano quelle del passato. Se Parigi avesse pensato solo al passato, non sarebbe nata la Torre Eiffel, che ha stravolto totalmente la città ma che ne è diventata il simbolo. La Sagrada Familia a fine Ottocento ha cambiato radicalmente Barcellona e ora ne è l’emblema. Noi non siamo solo storia. Siamo contemporaneità, e nella contemporaneità vogliamo essere protagonisti, non lucidatori di scarpe.