La pedofilia al museo
Capisco il buon vino, le droghe, le pasticche sotto la lingua per eccitare l’immaginazione; capisco che “l’immaginazione domina il regno del vero e, all’interno di questo regno, il possibile è soltanto una regione” (Charles Baudelaire), ma perché umiliare la nostra vita a leggere che ci sono quasi 10mila persone che hanno sottoscritto una petizione per togliere dal Metropolitan Museum di New York un quadro di Balthus perché, a loro dire, promuove la pedofilia? Che cosa mostra l’opera di così morboso? Una ragazza vestita, dall’età cerbiatta, con le mani congiunte sulla testa, una gamba piegata e una stesa in segno di rilassatezza. Tutto qui. Un piccolo capolavoro cortese, di atmosfera domestica, quotidiana, rarefatta. Lo sguardo di Balthus è dolcestilnovistico, amoroso, di un amore che si ferma a guardare, a desiderare guardando. Nulla di peccaminoso, di insano, di perverso. La pedofilia è solo negli occhi di chi vuole vederla. Ma anche se fosse perversa, insana, peccaminosa, l’arte non è un’omelia, o una predica. Se sconvolge, fa il suo mestiere. Non siamo all’oratorio, dove se sei scollata ti dicono di coprirti. I musei, proprio perché liberi dalla morale contingente, sono pugni in faccia al conformismo imperante che vede ovunque pedofili e molestatori, anche in un’opera candida e certosina di Balthus. P.S.: I sottoscrittori dell’appello mi dicano la marca del vino che usano, così ne ordino subito una botte gigante.