IMG_2773L’arte è anche storia di solitudini, di grandiose o perdute solitudini. Il Novecento è stato il secolo dei mille movimenti, cioè di un aggregarsi, di un accomunarsi attorno a manifesti, poetiche, battaglie espressive, civili e formali; sembrerebbe dunque il secolo dove gli artisti si uniscono, si fecondano dalla reciproca vicinanza, si fondono nel dialogo, nella sperimentazione condivisa. Sembrerebbe, dai libri di storia dell’arte, il secolo delle affiliazioni. In realtà – ed è una storia dell’arte ancora tutta da scrivere – i movimenti, i gruppi, le scuole hanno avuto una controfaccia non ancora raccontata, fatta di isolamenti, esclusioni, emarginazioni, sperimentazioni condotte nella solitudine, nel covo della propria casa, del proprio garage, della propria camera da letto. Potremmo girare città dopo città, in Europa, e scoprire quanti artisti, più o meno riconosciuti, abbiano portato avanti il loro lavoro non sotto l’insegna dei movimenti a cui si rifanno, ma in conflitto, in febbrile e spesso ostile contrapposizione ai rappresentanti di quei movimenti stessi. Quanto isolamento sotto i movimenti che sembrano alcove. Quanta dolorosa emarginazione che appare invece compagnia condivisa. La storia dell’arte del Novecento deve essere ancora scritta. Quella che è stata finora studiata è la storia dei movimenti. Quella ancora da scrivere è la storia delle solitudini, dei casi isolati, delle frustrazioni divenute spiccate, inaudite, atroci genialità, nascoste ancora nell’umidità dei loro garage.

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