Il sesso è il sonno dell’arte
Gli artisti hanno un buco nero in cui il loro talento – improvvisamente, maledettamente – diventa muto. Qual è questo buco nero? Il sesso. Anche nella modernità che ha perso pudicizia, vergogne e reticenze, gli artisti si sono sempre mutilati nel confronto artistico con il fatto sessuale. Trovatemi un capolavoro che rappresenti, idealizzi, metamorfizzi, dissacri o lodi l’amplesso. Non c’è. Ci sono capolavori sulla nascita e sulla maternità (Severini, Kahlo), sull’ultimo respiro prima della morte (Sughi), sulla solitudine (Carrà, Otto Dix), sull’amicizia (Renoir, Cézanne), sull’odio (Kokoschka), sul bacio amoroso (Rodin, Klimt), sulla battaglia (Rubens, Fattori, Rousseau), sulle stragi (Bruegel il Vecchio), sulle commemorazioni e sul seppellimento dei morti (El Greco, Caravaggio, Guttuso), sulle lacrime (Canova, Picasso), sul sogno (Dalì, Savinio), sulle allucinazioni della mente (Bacon, Moreni). Su tutto si è posato l’acutissimo genio artistico. Ma sul sesso non si trova nulla. Forse qualche disegno di autoerotismo di Schiele o Klimt, ma siamo lontani dall’essere opere inaudite. È come se il genio si congedasse dall’arte nel momento della rappresentazione della compiuta promiscuità dei corpi. Forse c’è un motivo: il sesso è l’infinito dei cani, scriveva Celine. E gli artisti, più che ai cani, sono vicini a Dio.