Sui diritti e sulle libertà la pasionaria Cirinnà è un pò confusa

Che illusa che sono, ero convinta di vivere in uno Stato democratico e liberale in cui chiunque potesse esprimere le proprie opinioni senza incorrere in censure o anatemi ed esercitare i propri diritti, fra i quali la libertà di coscienza.

Stamattina invece mi sono svegliata e ho appreso con sconcerto che l’art. 21 della Costituzione – che appunto prevede che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione – e tutta una serie di altre libertà per alcuni non valgono. Come ne La fattoria degli animali di George Orwell, “la legge è uguale per tutti, ma per alcuni è più uguale di altri”.
Per alcuni esponenti del Partito democratico il dettato costituzionale e la legge non possono applicarsi, ad esempio, al candidato a sindaco di Roma Alfio Marchini, oggetto di una polemica montata sul nulla per aver dichiarato che, qualora venisse eletto sindaco, non si presterebbe a celebrare le unioni fra persone dello stesso sesso.

L’autrice del ddl sulle unioni civili Monica Cirinnà – ddl che sta per diventare legge addirittura con voto di fiducia – ha ammonito che se “non celebrerà le unioni civili tra persone dello stesso sesso non soltanto andrà contro i diritti dei cittadini romani, ma anche contro una legge dello Stato con tutte le conseguenze civili e penali”.
Francamente è molto imbarazzante l’ignorantia legis della senatrice Cirinnà che mostra di non sapere che In Italia il matrimonio civile viene celebrato dall’Ufficiale dello Stato civile, dunque non solo dal sindaco ma anche da chi lo può sostituire in questa funzione.
Il primo cittadino può infatti delegare le proprie competenze a uno o più consiglieri o ad altra persona che abbia i requisiti per la nomina a consigliere comunale.
Addirittura una vecchia legge del 1939, non abrogata, in realtà consente a qualunque cittadino italiano maggiorenne di poter celebrare il matrimonio, quindi volendo è possibile farsi sposare da un proprio amico o amica.

La cosa davvero preoccupante e che lo stesso ddl della super tollerante, illuminata, progressista Cirinnà prevede che, esattamente come il matrimonio, l’unione civile si costituisce “di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni” e dunque Marchini, qualora venisse eletto, o qualsiasi altro sindaco italiano delegando ad un consigliere o a chiunque altro ne abbia facoltà la celebrazione dell’unione non incorrerebbe in nessun reato.
Stiano dunque sereni Cirinnà, dem, comunità LGBT e cittadini romani tutti, qualcuno che celebrerà le nuove unioni con tanto di lancio di riso, confetti, baci, abbracci e lacrimuccia di circostanza si troverà di sicuro. Come è giusto che sia, peraltro. Le leggi vanno rispettate.
Infatti, come la senatrice Cirinnà spero sappia, la nostra legislazione prevede anche il diritto all’obiezione di coscienza, ad esempio l’interruzione volontaria di gravidanza è legale in Italia da quasi quarant’anni (legge 194/78) e legittimamente esistono medici obiettori che si rifiutano di praticarla senza incorrere in alcuna conseguenza penale o civile.
Peraltro nel caso di un sindaco che dovesse delegare la celebrazione di un’unione civile sarebbe concettualmente errato anche parlare di “obiezione”. L’obiezione in questo caso attua il principio della libertà di coscienza, e garantisce una libertà di opinione: ecco perché in apertura ho citato anche l’art. 21 della Costituzione.
Alla luce di queste considerazioni davvero non vedo perché il primo cittadino, al pari di tutti gli altri, non debba avere la possibilità di agire secondo coscienza su temi come le uinioni civili fra persone dello stesso sesso, che implicano valutazioni di carattere etico e convincimenti personali, che siano essi religiosi o di altra natura.

Che strano Paese il nostro, dove gli strenui difensori dei diritti e della tolleranza sono sempre i più intolleranti di tutti.

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