Si chiamano per nome, Emmanuel e Giuseppe, come due vecchi amici di liceo che nel frattempo hanno fatto carriera – e che carriera -, come due che si sono “presi” e piaciuti subito, vuoi per empatia, vuoi per quell’allure che contraddistingue entrambe, vuoi perché consapevoli di essere accomunati in qualche modo da un destino comune che, da semisconosciuti, li ha catapultati in un batter d’occhio fra i potenti della Terra.

Ma al di là dei picchetti d’onore, dei soliti scontati convenevoli, dei volti distesi, delle photo opportunity di rito, delle pacche sulle spalle e dei sorrisi pro forma, la sostanza è ben altra e il professor Giuseppe Conte avrebbe dovuto mantenere il punto e non sciogliersi come neve al sole alla prima telefonata, peraltro priva di scuse ufficiali, dello scaltro collega d’Otralpe. I due si sono incontrati a Parigi nonostante le polemiche dei giorni scorsi e quel giudizio sprezzante, “vomitevoli”, formulato al nostro indirizzo dal portavoce di En Marche!

Non proprio una cosetta su cui soprassedere con nonchalance, insomma. Così come Conte non avrebbe dovuto soprassedere alle esplicite bordate di Monsieur le Président nei confronti del nostro vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Sui numeri dell’accoglienza, sul diritto internazionale per il soccorso delle navi in mare e sul cosiddetto “asse dei volenterosi”, questi sostanzialmente gli argomenti di polemica con il leader leghista, con cui per ovvie ragioni l’esponente della gauche caviar, prodotto di marketing delle élite finanziarie non potrà mai avere un feeling, il nostro presidente del Consiglio avrebbe dovuto rispondere a tono. Ritorniamo a quanto già scritto poco sopra, la forma e la sostanza. E la sostanza è che i cari “cugini francesi” (si fa per dire…) sul controllo dell’immigrazione sono ben più intransigenti e spietati di quanto lo sia mai stato il nostro Paese, come ampiamente documentato dal rapporto Oxfam “Se questa è l’Europa attraverso le testimonianze dirette dei migranti sugli abusi subiti dalla Gendarmeria alla frontiera italo-francese. Dalla violenza a Ventimiglia e Bardonecchia alle quote non rispettate: il Governo francese non guarda in faccia a nessuno, Nessuna autocritica, nessun pentimento sui respingimenti, anzi Macron ha rincarato la dose: “Quando una nave arriva nelle vostre acque ve ne dovete prendere carico. La Francia rispetterà sempre il diritto internazionale. La difficoltà dell’Italia non può risolversi bypassando il diritto internazionale ma con un approccio cooperativo Ue”, e ancora stoccate all’asse Austria-Germania-Italia: “Diffido di queste formule che non ci hanno portato mai tanta fortuna nella storia”, ha affermato stizzito. E allora, forse, sarebbe stato il caso, caro presidente Conte, di ricordargli con il savoir faire che non le difetta, che l’Italia non prende lezioncine a buon mercato da nessuno e che qui nessuno ha l’anello al naso, da tempo ci è chiaro come la Francia abbia un disegno egemonico preciso: acquisire a prezzi di saldo il Nord produttivo (cosa che ha già fatto) e fare del Sud Italia uno sterminato campo profughi.

Solo che adesso la musica è cambiata, e molti esponenti dell’attuale esecutivo – Salvini in testa – dopo i brand legati alla moda, al lusso, alle banche, alle assicurazioni, all’energia non sono disposti a farsi fagocitare tanti altri ‘gioielli’ del nostro Made in Italy. Per non parlare di settori strategici meno conosciuti ma altrettanto fondamentali. Un esempio fra tutti: quello dei buoni pasto, un comparto che sta diventando palesemente sbilanciato a danno delle imprese italiane. Da una parte, infatti, il meccanismo ritardato nei rimborsi della PA mette a repentaglio la sopravvivenza delle aziende italiane, dall’altra il sistema dei bandi di gara caratterizzato da ribassi insostenibili e dal criterio secondo cui l’unica valutazione rilevante è il pagamento immediato alla rete – risulta essere a favore delle multinazionali estere con la Francia, ça va sans dire, a farla da padrone.

Tale combinato disposto sta creando una situazione insostenibile, come denunciato da “Qui! Group”, azienda di Genova, leader nel settore dei buoni pasto con oltre mille dipendenti che hanno un’età media di 30 anni.
In tal senso, sarebbe auspicabile che il nuovo Governo facesse qualcosa di concreto per la tutela delle aziende italiane – quelle del tanto blasonato Made in Italy – affinchè si ristabiliscano meccanismi più equi per il nostro tessuto imprenditoriale, caratterizzato da un mercato in cui è sempre più arduo garantire l’occupazione. Fra una stretta di mano e l’altra, ci pensi professor avvocato Conte.

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