Oh mia Roma sì bella e perduta!
E adesso un bel bagno di umiltà

Prevedere i risultati elettorali ormai è come leggere la mano, una roba da cartomanti, soprattutto per quanto attiene alle motivazioni. Veramente difficile fare delle delle previsioni accurate su cosa davvero spinga gli elettori ad esprimere una preferenza piuttosto che un’altra. Nonostante ciò a Roma il risultato era largamente prevedibile: successo innegabile di Virginia Raggi, candidata a sindaco per il Movimento 5 Stelle.
Lo stesso Renzi in conferenza stampa ha fatto una blanda autocritica, ha ammesso di non essere contento e che i risultati per il Pd non sono stati brillanti. Per la prima volta in due anni il premier è apparso meno ottimista, meno spavaldo, meno arrogante. Non ha neanche tirato in ballo i gufi.
La percentuale di Raggi era più o meno scontata ma non sorprende neanche che al ballottaggio ci sia Roberto Giachetti. E non Giorgia Meloni.
Basta guardare i sondaggi nazionali, anche nei peggiori momenti – scandalo Banca Etruria, mafia capitale, politiche fallimentari sull’immigrazione, restituzione 80 euro, ecc…- il Pd è rimasto in testa, e anche in situazioni disperate come Roma e Napoli non è sceso al di sotto al 20%. Giachetti che con la sua lista civica “Roma torna Roma” ha racimolato il 4,12% che sommato ai dati del Pd gli hanno fatto chiudere la partita con un 25% miracoloso, alla luce dell’esperienza tragicomica del chirurgo Marino e soprattutto degli scandali legati alla corruzione, ci fa capire che lo zoccolo duro delle Coop, delle clientele e del sistema di potere è difficilmente scardinabile. Il Gattopardo.

Cosa sta emergendo dunque col voto di a Roma? Innanzitutto che il Movimento 5 Stelle, sempre sopravvalutato nei sondaggi, questa volta è andato addirittura oltre. Con tutto il suo armamentario “ideologico”, costruito a tavolino dalla Casaleggio & Associati, tipico delle ali estreme. Dal reddito di cittadinanza (sempre meglio meglio che lavorare, no?) all’antieuropeismo spinto, è chiaro che il M5Stelle non punta al centro, ma con una manovra postpopulistica mira a rubare elettorato sia alla sinistra, che alla destra, oltre che pescare nell’astensione. E’ come se negli Usa Sanders e Trump fossero uniti nella stessa persona. E’ difficile individuare un idealtipo di elettore pentastellato, c’è un pò di tutto: un coacervo di varia umanità, un’amalgama senza alcun collante valoriale o culturale. Ci sono i no tav, quelli che protestano contro tutto e tutti per vocazione, i delusi dagli altri partiti e chi vede nei volti nuovi di questi ragazzi inesperti l’ultima speranza. Il vero partito populista, o post populista, capace di intercettare la protesta/ disgusto dell’elettore in Italia è il M5S non la Lega. Anche le parole d’ordine, trasparenza e onestà, nonché reddito di cittadinanza, sono chiaramente di matrice demagogica. Non a caso Raggi vince in periferia mentre Giachetti in centro storico, Parioli e Prati, cioè i quartieri chic e del cosiddetto “generone romano”, i cui fortunati abitanti di sicuro avvertono problematiche legate a sicurezza, immigrazione clandestina e campi rom in maniera molto più marginale rispetto a zone più disagiate della Capitale. Che a trionfare a Tor Bella Monaca sia stata Virginia Raggi e non Giorgia Meloni – che qui ha chiuso la sua campagna – dimostra in tutta la sua evidenza come la vera sconfitta di questa tornata elettorale sia proprio la leader di Fratelli d’Italia. Ha pesato ovviamente la scelta tardiva di scendere in campo dopo una serie di stop&go e veti incrociati francamente imbarazzanti, oltre che un bel po’ di voti dirottati su Alfio Marchini. Raramente una copertura mediatica tanto forte ha dato risultati tanto modesti. L’onnipresenza dell’alleato Salvini non solo lo lascia attorno al 2% a Roma ma nella sua stessa Milano, dove peraltro era capolista della lista Lega Nord in appoggio a Parisi, viene doppiato nei voti da Forza Italia.
Che comunque ha poco da gioire: quando tre anni fa Marchini si candidò da solo contro i partiti arrivò al 10%, avere dalla sua Berlusconi non solo non gli ha portato nulla, ma gli ha fatto perdere consenso. Dalle parti di Arcore sarà il caso di riflettere.
Purtroppo Roma è perduta, Tutto adesso si giocherà a Milano. La successione a Berlusconi, nonostante il dato drammatico di Roma al 4% e Napoli al 10%, non è affatto aggiudicata al duo sovranista lepenista Salvini-Meloni.
Se persino Renzi, la spavalderia fatta persona, ha abbandonato i soliti toni arroganti, si dà il caso che pure per gli attori in campo nel centrodestra (tutti e tre) sia tempo di fare un bel bagno di umiltà, prima ancora che elaborare strategie e proposte vincenti. E magari pure modulare la comunicazione in maniera un pò più efficace e meno aggressiva.

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