La Leotta non si tocca!
Partiamo da alcune premesse generali. Può una giornalista, ma il discorso è valido per qualunque professione, avere un aspetto gradevole e non per questo essere considerata meno credibile e autorevole di una non avvenente? Sì, può.
Può una giornalista essere sexy? Sì, può. Può presentarsi sul palco del teatro Ariston di Sanremo, prima serata Rai Uno, appuntamento clou della stagione televisiva italiana, con un vestito adeguato all’occasione? Deve.
E se l’abito fosse scollato e/o con uno spacco profondo? Benissimo, la volgarità non sta nei centimetri scoperti di un bel corpo, semmai sta nella morbosità di chi guarda.
Detto ciò, da due giorni spopola sui social e conseguentemente sui media mainstream, la fondamentale questione legata al fatto che la giornalista sportiva in forze a Sky Diletta Leotta, venticinquenne bella bionda, formosa, sorridente e spigliata, abbia fatto bene o meno a presentarsi alla kermesse canora nazionalpopolare con una mise provocante – a modesto giudizio di chi scrive neanche troppo e comunque le stava da Dio, – e su sollecitazione del conduttore Carlo Conti abbia fatto bene o meno a parlare di cyberbullismo e della necessità di denunciare gli abusi sulla rete.
E’ pacifico che la giovane conduttrice sia in rampa di lancio, o meglio, che ci sia la volontà di lanciarla a tutti i costi. E’ pacifico pure che quando pochi mesi fa alcune foto “intime” di Diletta sono state hackerate facendo il giro del web in poche ore, la popolarità della ragazza è aumentata in maniera esponenziale. Tanto più se si pensa che il suo pubblico, occupandosi di calcio, è essenzialmente maschile.
Il meccanismo, del resto è più che rodato: in principio fu l’ereditiera Paris Hilton che, in mancanza di talento e una professione, si è inventata una “carriera” di socialite grazie ad un sex tape “rubato” e finito in rete.
Stesso percorso per la regina dei “famosi per essere famosi”, la curvacea Kim Kardashian: anche nel suo caso un filmino privato diffuso, milioni e milioni di visualizzioni e di conseguenza sono arrivati i reality, le ospitate, gli inviti nei front row delle sfilate.
Nel caso della giornalista di Sky si tratta di foto a seno nudo hackerate e, a differenza delle due americane non c’è nessun video hard con un ex fidanzato, e soprattutto c’è da dire che quantomeno lei una professione la ha ed è pure molto apprezzata.
Episodio di hackeraggio a parte, Diletta è bella e giovane e ammirarla è un piacere ma perché allora non dire la verità? La verità è che Diletta Leotta sfrutta (anche) la sua bellezza per fare carriera. Basta con questa ipocrisia imperante, basta col dover giustificare sempre la pura e semplice bellezza con la solita frase: «È bella e brava». E se fosse solo bella, quale sarebbe il problema? Forse la bellezza è una colpa da espiare? Deve essere sempre necessariamente associata ad altre qualità? Esistono donne brutte e intelligenti, belle e intelligenti, belle e sceme e brutte e sceme. Non esistono combinazioni predefinite.
Che ipocrisia. Come è pura ipocrisia pensare che se una donna “osa” criticare un’altra donna debba per forza essere una vecchia carampana gelosa e invidiosa. Ormai viviamo intrisi di un buonismo imperante e di una falsità strisciante. E il cosiddetto popolo del web non si sottrae a questo meccanismo: in questa polemicuccia sul vestito con spacco della Leotta si è schierato massicciamente dalla sua parte, bollando come “sessista” – termine odioso e super abusato – tutte le critiche arrivare al suo indirizzo. Benissimo, ne siamo lieti ma per cortesia risparmiateci la storiella politically correct della povera ragazza che vuole essere apprezzata per la sua capacità professionale e non per la sua bellezza. Essere belle e ammirate fa piacere a tutte. Anche alle giornaliste.