La Corte di Giustizia dell’Unione Europea dice no all’escussione automatica della cauzione provvisoria
«I principi di proporzionalità e di parità di trattamento, nonché l’obbligo di trasparenza, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede l’incameramento automatico della cauzione provvisoria costituita da un offerente a seguito dell’esclusione di quest’ultimo da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, anche qualora il servizio di cui trattasi non gli sia stato aggiudicato».
Questo è il principio di diritto enunciato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza n. 403 del 26 settembre 2024, in risposta alla questione interpretativa posta dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 5950 del 16 giugno 2023 sulla compatibilità con il diritto europeo delle norme interne che prevedono l’incameramento della garanzia provvisoria come conseguenza automatica dell’esclusione.
La questione è da tempo dibattuta in giurisprudenza ed è stata oggetto di numerosi rinvii pregiudiziali del Consiglio di Stato riguardanti la disciplina sull’escussione della cauzione provvisoria contenuta nel Codice del 2006 (cfr. le ordinanze di rimessione alla Corte di Giustizia, tutte della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, n. 2033 del 28 febbraio 2023, n. 3264 del 29 marzo 2023 e n. 5618 del 7 giugno 2023, nonché la più recente ordinanza n. 3530 del 18 aprile 2024).
Con l’ordinanza n. 3299 del 26 aprile 2021, il Consiglio di Stato aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale della normativa introdotta nel 2016, in particolare della non retroattività del regime più favorevole previsto dal nuovo Codice in tema di escussione della cauzione provvisoria. Infatti, mentre l’articolo 48 del d.lgs. n. 163/2006 stabiliva che l’escussione della cauzione provvisoria operasse anche nei confronti dei concorrenti non aggiudicatari, l’articolo 93 del d.lgs. n. 50/2016 ne limitava l’applicabilità all’aggiudicatario.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 198 del 26 luglio 2022, ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale della non retroattività della disciplina più favorevole per i concorrenti non aggiudicatari, basandosi sulla natura da attribuire all’escussione della cauzione provvisoria. Quest’ultima, infatti, non è una sanzione punitiva, ma uno strumento a garanzia della serietà dell’offerta presentata dal concorrente e, allo stesso tempo, della correttezza e celerità del procedimento di gara.
Tradizionalmente, la giurisprudenza amministrativa ha inteso l’incameramento della garanzia provvisoria come una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, insensibile a valutazioni finalizzate a evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha causato l’esclusione (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. V, 6 aprile 2020, n. 2264 e 24 giugno 2019, n. 4328). L’escussione della cauzione provvisoria costituisce, dunque, una garanzia oggettiva dell’adempimento degli obblighi assunti dai concorrenti in relazione alla partecipazione alla gara (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 maggio 2018, n. 2896).
Tuttavia, né l’indirizzo interpretativo maggioritario né la sentenza n. 198/2022 della Corte Costituzionale si sono rivelati decisivi per la risoluzione delle controversie—come quelle esaminate dal Consiglio di Stato e oggetto di rinvio pregiudiziale—nelle quali manca, oppure è difficile imputare al concorrente la causa che ha dato origine all’esclusione. In tali casi, l’escussione della cauzione in via automatica si traduce in un sacrificio ingiustificato o comunque eccessivo per il concorrente.
Infatti, secondo un altro indirizzo giurisprudenziale (espresso dal Consiglio di Stato nelle ordinanze di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia), l’escussione della cauzione provvisoria, proprio in ragione del suo carattere automatico e dell’onere economico che produce a carico del concorrente, assume i caratteri della sanzione penale nell’accezione proposta dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In particolare, la Corte di Strasburgo ha indicato i seguenti tre criteri per individuare una sanzione penale: i) la qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, con la puntualizzazione che la stessa non è vincolante quando si accerta la valenza «intrinsecamente penale» della misura; ii) la natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione della norma che lo prevede e dallo scopo perseguito; iii) il grado di severità della sanzione. E poiché la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo assegna alla materia penale un significato ampio, anche l’esercizio del potere amministrativo sanzionatorio soggiace al rispetto dei principi fondamentali.
Da questa prospettiva, l’incameramento automatico della garanzia provvisoria integra una violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni perché disposto in assenza di un giusto bilanciamento tra l’interesse pubblico alla correttezza della procedura e i diritti fondamentali garantiti a livello europeo. Infatti, allorché l’incameramento avviene in maniera automatica, il concorrente sopporta una sanzione pecuniaria senza alcuna adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto.