Le nuove regole di revisione prezzi nel Codice dei contratti pubblici dopo il Correttivo
Nel quadro di una progressiva razionalizzazione e modernizzazione della materia dei contratti pubblici, il legislatore ha adottato il d.lgs. 31 dicembre 2024, n. 209, recante Disposizioni integrative e correttive al Codice dei contratti pubblici. Tale Correttivo, dotato di immediata efficacia, si colloca in un solco normativo già segnato da interventi volti a garantire la puntuale attuazione nell’ordinamento interno dei principi e delle finalità enunciati dalle Direttive europee (Direttive 2014/24/UE, 2014/25/UE e 2014/23/UE) e dalle norme di rango costituzionale, quali l’art. 97 Cost., che sanciscono i principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa.
Nell’impianto normativo del Correttivo, assume un ruolo centrale la modifica dell’art. 60 del d.lgs. n. 36/2023 dedicato alla revisione prezzi, che rappresenta un istituto finalizzato a salvaguardare il regolare adempimento delle prestazioni contrattuali in caso di variazioni eccezionali dei costi di esecuzione. Con la pubblicazione del Correttivo, infatti, sono stati modificati, sostituiti e integrati i commi 1, 2, 3 e 4 e inseriti i commi 2-bis, 4-bis, 4-ter e 4-quater nel citato art. 60, in un’ottica di maggior armonizzazione del quadro normativo di riferimento, in particolare con il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale sancito all’art. 9 del Codice. A rafforzare tale disciplina, si è aggiunto il nuovo Allegato II.2-bis, introdotto dall’art. 86 del d.lgs. n. 209/2024, che ha specificato le modalità di applicazione delle clausole di revisione prezzi ai contratti di lavori, servizi e forniture, nel rispetto delle previsioni europee in materia di pubblicità e trasparenza e in coerenza con quanto stabilito dalle Linee guida dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione).
L’obbligatorietà dell’inserimento di clausole revisionali negli atti di gara, già delineata dall’art. 60, comma 1 del Codice, discende da una scelta precisa del legislatore nazionale, il quale ha inteso superare il precedente regime, in parte riconducibile a schemi di compensazione ex post (spesso di carattere emergenziale), puntando su un meccanismo di indicizzazione automatico e permanente, in grado di adeguare periodicamente il corrispettivo del contratto. Si è così garantita un’evoluzione organica rispetto alla più datata disciplina contenuta nel vecchio codice (d.lgs. n. 50/2016) e nelle relative linee interpretative, nonché rispetto alle norme civilistiche sull’eccessiva onerosità sopravvenuta (cfr. art. 1467 c.c.) e sulla possibilità di revisione del prezzo dei contratti di durata (cfr. art. 1664 c.c. per quanto riguarda l’appalto privato).
Sul piano sostanziale, gli interventi riguardanti il meccanismo revisionale si basano sulla distinzione fra appalti di lavori e appalti di servizi e forniture, distinguendo anche le relative soglie di attivazione: se per i lavori la revisione prezzi opera al superamento di una variazione in aumento o in diminuzione superiore al 3% dell’importo totale del contratto, con riconoscimento del 90% del valore eccedente detta soglia, per i servizi e le forniture l’attivazione del meccanismo revisionale consegue a uno scostamento di almeno il 5%, con riconoscimento dell’80% del valore ulteriore. Al contempo, il legislatore ha chiarito che negli appalti di servizi e forniture è comunque ammessa la possibilità di inserire “meccanismi ordinari” di aggiornamento dei prezzi che, se concordati ab origine dalle parti, non incidono sul calcolo della soglia di attivazione. Si tratta di una previsione che integra e rafforza la finalità primaria dell’istituto, vale a dire quella di tutelare l’interesse pubblico alla corretta e stabile esecuzione della prestazione, senza gravare eccessivamente sull’operatore economico in caso di significative oscillazioni dei prezzi non imputabili alla normale alea contrattuale.
L’interesse dell’ordinamento, secondo i principi costituzionali e i valori emergenti sia dalla normazione interna sia dalle fonti eurounitarie (con riguardo al divieto di abuso di posizione contrattuale o di eccessiva asimmetria nei rapporti tra la PA e gli operatori privati), si estrinseca nella tutela dell’equilibrio sinallagmatico, onde evitare che costi imprevedibili possano rendere inattuabili o qualitativamente carenti le commesse pubbliche.
Da questo punto di vista, la revisione prezzi si aggancia all’art. 120 del Codice, che risponde all’identica finalità di garantire rapporti equilibrati nelle ulteriori fasi dell’esecuzione dei contratti. Tale impianto si collega, a sua volta, al contesto generale di tutela dei principi di trasparenza e di libera concorrenza postulati dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e dalle succitate Direttive UE, così come ribadito più volte dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Peraltro, la scelta del legislatore italiano di puntare su un sistema di indicizzazione risulta coerente con gli insegnamenti rinvenibili in taluni ordinamenti europei (si pensi al “modello francese” richiamato in più sedi dottrinali), dove il meccanismo di aggiornamento dei prezzi è periodico, automatico e strettamente connesso a indici ufficiali di riferimento, in modo da rendere più rapido l’adeguamento del corrispettivo al mutato valore dei beni o servizi prestati.
Proprio riguardo al quadro di calcolo, il Correttivo ha ritenuto di integrare e chiarire la tipologia di indici utilizzabili, eliminando il vincolo esclusivo di riferirsi a quelli ISTAT e introducendo i nuovi indici sintetici disciplinati nel rinnovato art. 60, comma 3 e, soprattutto, nell’Allegato II.2-bis.
In esso, si stabilisce che, per i lavori, le stazioni appaltanti dovranno affidarsi a un catalogo di indici riconducibili alle Tipologie Omogenee di Lavorazioni (TOL) individuate con specifico provvedimento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (cui partecipa l’ISTAT, ai sensi dell’art. 60, comma 4).
Analogamente, per i servizi e le forniture, l’utilizzo di indici relativi ai prezzi al consumo, ai prezzi alla produzione o alle retribuzioni contrattuali orarie potrà avvenire anche in forma disaggregata, oppure, ove disponibili, sulla base di indici settoriali idonei a cogliere le peculiarità di taluni ambiti specializzati (pensiamo, ad esempio, ai servizi energetici, disciplinati da normative di settore che prevedono specifici parametri di variazione). Da questo punto di vista, il nuovo art. 60 si ricollega, seppur non in maniera testuale, al principio di proporzionalità di matrice eurounitaria che afferma l’esigenza di un’applicazione modulare delle disposizioni.
Dal punto di vista operativo, la disciplina della revisione prezzi deve essere obbligatoriamente recepita negli atti di gara, in virtù di quanto stabilito dall’art. 60, comma 1, con la precisazione che la sua effettiva operatività non dipende da un’istanza di parte, bensì dall’automatica verifica del superamento delle soglie di cui al comma 2, come confermato all’art. 3, comma 2, dell’Allegato II.2-bis. Il riferimento temporale, come espressamente indicato dagli artt. 4 e 12 di detto Allegato, è individuato nel mese di aggiudicazione, che diviene così il “momento zero” rispetto al quale si misura la variazione percentuale. In caso di sospensioni o proroghe dei termini, il valore di riferimento corrisponde al mese di scadenza del termine massimo per l’aggiudicazione, come definito dall’Allegato I.3, onde evitare incertezze o margini di elusione.
Assume inoltre rilievo il tema della copertura finanziaria, in quanto, attraverso il rinvio alle disposizioni dell’Allegato II.2-bis, il legislatore ha inteso garantire che la spesa correlata alla revisione non superi i limiti dell’ordinario stanziamento, in conformità con le regole di bilancio pubblico dettate dall’art. 81 Cost. e i vincoli UE sul pareggio di bilancio.
Viene altresì considerato il subappalto (art. 60, comma 4-quater e art. 8 dell’Allegato), imponendo che la “catena” delle clausole di revisione resti coerente con i meccanismi adottati nel contratto principale, evitando così che eventuali oscillazioni di prezzo si riflettano asimmetricamente lungo la filiera.
Le ricadute pratiche del Correttivo saranno percepibili quando la nuova disciplina sarà pienamente operativa, tenuto conto delle disposizioni transitorie di cui all’art. 16 dell’Allegato II.2-bis, in virtù delle quali, per gli appalti di lavori, si attende l’emanazione del provvedimento ministeriale volto a individuare i singoli indici di costo delle lavorazioni e fino a quel momento continueranno ad applicarsi le regole vigenti al 1° luglio 2023; per i servizi e le forniture, invece, la piena efficacia dell’Allegato è immediata.
Solo col trascorrere dei mesi successivi all’introduzione del Correttivo sarà possibile misurare l’impatto concreto di queste novità e valutarne la capacità di risolvere, in modo tempestivo, gli squilibri dovuti a fenomeni congiunturali o a circostanze straordinarie, come richiesto dalla ratio fondativa dell’istituto.
In definitiva, l’intervento realizzato tramite il d.lgs. n. 209/2024 consolida l’orientamento per cui le clausole di revisione prezzi rappresentano un ingrediente essenziale dei rapporti contrattuali di durata tra pubblica amministrazione e operatori economici, contribuendo a bilanciare gli interessi pubblici e privati coinvolti in un’ottica di continuità del servizio e di salvaguardia del principio di proporzionalità, di trasparenza e di buona fede, come delineato dalla Costituzione (artt. 97 e 41 Cost.), dal Codice civile (artt. 1175, 1375, 1467 e 1664), dalle Direttive UE in tema di affidamenti e dalla giurisprudenza nazionale ed europea, oltre che dalle previsioni del TFUE sulla concorrenza interna e sul corretto funzionamento del mercato.
Nella prospettiva della piena operatività di tali norme, il meccanismo di indicizzazione viene a porsi come uno strumento di equilibrio: da un lato, esso rafforza la capacità dell’amministrazione di sostenere investimenti senza subire sostanziali alterazioni economiche, dall’altro, tutela l’appaltatore dal rischio di onerosità eccessiva della prestazione dovuta a fluttuazioni imprevedibili.
Ne esce valorizzato, in ultima analisi, il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale, quale trait d’union tra la disciplina interna dei contratti pubblici e l’esigenza di conformarsi ai canoni fondamentali del diritto dell’Unione Europea, in una prospettiva di maggiore stabilità e certezza dei rapporti giuridici.