Oggi su questo mio Blog ospito un fisico. Ha lavorato per vari tribunali, consulenze su via Fani e per vari altri famosi processi.  Ci propone un ragionamento, un modo di vedere. Sarà il primo di una serie di incontri con lui. Che cosa ne pensate?

 

OLTRE OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO?

Oggi nell’era della iper-comunicazione, in un mondo fatto di informazioni continue ed ovunque reperibili, ci troviamo di fronte a due problemi apparentemente insormontabili:

quale è la verità? e quale è l’aspettativa che la scienza dia una risposta certa ad ogni domanda?

Poiché la prima domanda è spesso legata alla seconda (in particolar modo in questo periodo di pandemia) inizieremo a dare degli spunti per rispondere al quesito: la scienza può dare delle risposte certe su ogni argomento?

Cercare risposte è sempre stato lo spirito che ha animato l’essere umano dal momento in cui ha avuto coscienza. Esistono due livelli di risposte:

un livello personale, interiore che può sfociare nel sociale ed è la Filosofia, ed un livello oggettivo in cui si danno risposte ai meccanismi che regolano i fenomeni naturali, ed è la Scienza.

Come noto le due discipline per secoli si sono avvicinate ed a volte sovrapposte fino a distaccarsi con il nascere del metodo scientifico Galileiano (osservazione, misurazione, deduzione). Senza entrare in questi dettagli cerchiamo invece di dare degli strumenti al cittadino comune per potersi districare nell’enorme massa di informazioni circolanti al giorno d’oggi.

Partiamo dal principio più discusso in tempi di pace, in una società umana, ed è il principio giuridico di condanna per un presunto colpevole di un crimine “oltre ogni ragionevole dubbio”.

Questa formulazione giuridica intende dire che l’insieme delle prove, raccolte in sede di dibattimento, deve portare, affinché una giuria si possa esprimere per una condanna, ad un convincimento tale della colpevolezza che alcun dubbio possa offuscare la certezza del giudizio. Non entriamo nelle polemiche socio politiche sui tempi e modi della giustizia, qui supponiamo che il giudizio avvenga in tempi brevi e con il pieno convincimento del collegio giudicante in linea ovviamente con le leggi vigenti.

Che vuol dire ”oltre ogni ragionevole dubbio”?

La “certezza” in ambito giurisprudenziale è qualcosa che va oltre il significato scientifico. La certezza in termini statistici si ha solo con il 100% delle probabilità favorevoli, e il 100% di eventi favorevoli è un dato che scientificamente “difficilmente” viene ottenuto. Restando in ambito forense, si pensi al confronto tra due profili genetici; quando un certo numero di loci coincidenti viene raggiunto, la probabilità che quei due profili genetici appartengano alla stessa persona raggiunge il massimo possibile ed è statisticamente del 99,99%. Il significato scientifico (statistico) è che quei due profili appartengono alla stessa persona a meno di uno su svariati miliardi, il che da un punto di vista giurisprudenziale è logicamente sufficiente a stabilire l’identità. Tuttavia la scienza mantiene un margine di incertezza insita nel fenomeno stesso in esame, ovvero non possiamo escludere in “assoluto” che non esistano due persone con il medesimo DNA (a parte i gemelli omozigoti ovviamente), per quanto infinitesima sia la probabilità che ciò accada. L’errore in ambito scientifico non viene inteso come uno “sbaglio”, “abbiamo sbagliato i calcoli, o il presupposto di partenza, per cui abbiamo commesso un errore”. L’errore è l’errore insito nella misura stessa. Senza scomodare il principio di Heisenberg,  il cui concetto si può sintetizzare nella constatazione che “nel momento in cui si misura un evento nel suo ambito naturale si condiziona l’ambiente stesso e pertanto l’errore va considerato come parte integrante della misura”, in termini molto più comprensibili, ma concettualmente differenti rispetto al citato principio, basta cercare di misurare la lunghezza di un lato di un tavolo con misuratori differenti o anche uguali, i quali, per loro stessa costruzione, presentano un margine di incertezza che può variare da centesimi a millesimi di metro per gli strumenti più comuni. Questo comporterà che un lato di un tavolo, lungo un metro avrà riportato il valore misurato, ad esempio, con (1,00+0,01)m. Una misurazione correttamente riportata con il suo proprio errore legato allo strumento utilizzato, comporterà a cascata tutta una serie di “incertezze” nelle successive considerazioni, che non sono però incertezze dovute ad incomprensioni, ma bensì incertezze scientifiche (di misura in questo caso).

Esprimere pertanto un risultato con un termine di probabilità in ambito giurisprudenziale è un esercizio spesso rischioso e non di aiuto nell’interpretazione dell’evento.

La probabilità è un “numero”, compreso tra 0 e 1, risultato dal numero di eventi favorevoli diviso il numero di eventi totali. In sistemi molto articolati la probabilità di un evento, per essere calcolata, necessita di espressioni anche molto complesse. Ma sono le conseguenze di un valore di probabilità, stimato sull’interpretazione di un evento criminoso, che vogliamo discutere.

Senza entrare nel merito di eventuali calcoli molto complessi, riportiamo un esempio banale: se la NASA riportasse uno studio in cui venisse assegnata una probabilità di impatto con la terra da parte di un grosso meteorite anche “solo” del 50%, ciò scatenerebbe, giustamente, una serie di eventi a catena a livello globale per trovare delle soluzioni onde evitare l’evento distruttivo. Se invece in un processo penale per omicidio si stabilisse che un personaggio ha commesso il reato con una probabilità dell’80%, quasi certamente il soggetto verrebbe assolto.

Ora la giurisprudenza potrebbe spiegare che il rischio di una estinzione di massa per via dell’impatto del meteorite giustifica l’allarme ed il prendere seri provvedimenti in merito, mentre il rischio di condannare un innocente con un margine di incertezza del 20% non è accettabile.

Ma quanto è accettabile? Al 99,99% (massima percentuale favorevole raggiungibile in accertamenti scientifici utilizzati in ambito forense)? Ma questa percentuale si riferisce al fatto che i profili genetici di una traccia repertata e di un sospettato sono gli stessi (a meno dello 0,01%), ma la stessa deve poi essere contestualizzata nella scena del crimine. Infatti non sempre si ha la “fortuna” di rinvenire tracce biologiche in una scena in posizioni favorevoli alla spiegazione del crimine (ad esempio sotto le unghie di una vittima, o sul manico di un coltello rinvenuto infilzato sul corpo della vittima etc.). Ed anche quando fosse favorevole, il movente può essere passibile di interpretazione, dalla preterintenzionalità, alla casualità, alla difesa etc. La dinamica di un evento criminoso è la combinazione di una serie di eventi ognuno con una probabilità associata differente e non sempre i valori possono essere così elevati.

Pertanto si potrebbe raggiungere il paradosso che una serie di eventi consequenziali, che mostrano inequivocabilmente che i fatti siano andati in quel modo, potrebbero avere una probabilità associata giurisprudenzialmente considerata bassa.

Allora si deve ricorrere ad una successione logica di eventi, ovvero tornare “indietro” nel pensiero scientifico e ragionare sulla “logica deduzione”.

Logica ( dal Greco logos, parola) termine che implica un collegamento tra una ipotesi ed una tesi

Deduzione (dal Latino deducere) che per gli antichi Romani era un termine legato alla fondazione di una città, che intrinsecamente significa arrivare ad una conclusione a partire da fatti “accertati”.

Tornando al concetto giuridico, ci troviamo di fronte ad un apparente paradosso:

abbiamo tecnologie avanzatissime che consentono di individuare su una scena di un crimine “una” cellula e da essa estrarre un profilo di DNA di una persona; abbiamo tecnologie in grado di ricostruire le traiettorie delle tracce di sangue con scarsi margini di incertezze, ricostruire volti da immagini distorte et., eppure la decisione è demandata alla fine da un giudizio espresso da un giudice ed una giuria che il più delle volte non hanno nemmeno la preparazione minima scientifica per interpretare correttamente il dato tecnico.

Senza volerlo, in quanto appena scritto, abbiamo messo insieme due termini “scienza” e “tecnologia” che nella realtà non sono affatto la stessa cosa.

La tecnologia è una conseguenza di una conoscenza ed è la realizzazione di strumenti che ci consentono certamente non solo una vita migliore ma anche capacità di elaborare nuove maggiori conoscenze.

Ma mentre la scienza esiste senza la tecnologia, non è vero il contrario ed anzi diventa estremamente pericoloso utilizzare la tecnologia senza la giusta conoscenza scientifica.

Anzi, come diceva qualcuno, la tecnologia rischia di diventare la tomba della scienza, ed oggi troppo spesso si tende infatti a confondere le due cose, creare aspettative sbagliate e dare inizio ad una caccia alle streghe di tipo medioevale del tipo “allora la scienza non serve a nulla”.

Non è ovviamente cosi, anzi.

Chiariamo una cosa: l’estrazione di un profilo di DNA da una cellula è tecnologia, non scienza, la velocità di calcolo di un processore è tecnologia, non scienza, un software è tecnologia non scienza…un algoritmo invece rientra in un concetto scientifico, ovvero una formulazione matematica in grado di individuare, tra miliardi di dati, delle correlazioni. L’intero sistema economico finanziario può essere considerato un avanzamento tecnologico, non certo scientifico, cosi come un conto è realizzare un vaccino per un virus (tecnologia) un conto è comprendere un processo pandemico (scienza), la Politica è tecnologia. Abbiamo espresso dei concetti un po forzandone il senso ed anticipando anche gli argomenti delle prossime considerazioni, ma tornando al nostro attuale tema, ovvero:

la scienza può dare risposte assolute ed univoche in ogni campo?

La risposta è NO. Ma il NO va interpretato nel senso descritto in queste poche righe di considerazioni; se ci aspettiamo che la scienza risolva ogni dubbio e ci dia una strada unica percorribile per risolvere ogni problema, sbagliamo atteggiamento e creiamo false aspettative. Se chiediamo alla Scienza di fornire degli strumenti attraverso i quali scegliere di percorre quella che è la strada giusta (in ogni campo) allora SI quella è l’aspettativa corretta…ma poi sta al singolo essere umano fare un buon uso degli strumenti della scienza e delle informazioni che la tecnologia (che in ogni caso “deriva” dalla Scienza) ci fornisce ed assumersene la responsabilità.

Se lo studio orografico di una certa area geografica ci dice che li un tempo scorreva un fiume, o era una zona montana in cui le valanghe trovavano il loro sfogo, non possiamo certo dare colpa alla scienza che non ci dice con esattezza se e quando un evento alluvionale o una valanga avverranno di nuovo, lo stesso discorso per i terremoti etc etc.

Quindi in ogni campo un semplice cittadino per poter esprimere un giudizio valido in un settore a lui sconosciuto, deve per prima cosa informarsi almeno sui principii di base di quello specifico tema, dopodiché però è opportuno che si faccia una idea personale del fatto da analizzare sulla base di ragionamenti logico deduttivi a partire dai “fatti” acclarati, non da considerazioni altrui, altrimenti rischia di cadere nel marasma di informazioni (anche pubblicazioni) che dicono tutto ed il contrario di tutto. Ma questo sarà argomento dei prossimi incontri.