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FERTILITY CHE?

Nella settimana in cui il tema della fertilità ha celebrato il suo quarto d’ora di gloria, diviene d’obbligo una riflessione sul dramma demografico che l’Italia sta attraversando. Quella del Fertility day è stata un’iniziativa spot che avrebbe dovuto proporre soluzioni legislative ad un problema: in Italia si nasce sempre meno. Vediamo i dati. Nel 2015 sono nati 488 mila bambini, 15 mila in meno del 2014. È il quinto anno consecutivo di calo delle nascite. Una costante, la cui conseguenza è il consolidarsi di una nazione sempre più anziana. Le statistiche prevedono che nel 2050 la popolazione inattiva sarà in misura pari all’84% rispetto quella attiva. Il Fertility day, sorvolando sulla scelta anglofona per una campagna nazionale, avrebbe avuto un perché d’esistere, insomma, se non si fosse rivelato poco più che un’operazione di marketing. Pensare ad un welfare al servizio delle famiglie costituirebbe, invece, qualcosa di concreto. La demografia ed il sistema scolastico italiano, è evidente, sono indissolubilmente legati. Chi andrà a scuola nel 2050 se la tendenza dovesse restare questa? Giancarlo Blangiardo, ordinario di demografia a Milano Bicocca, sostiene che non ci siano mai state così poche nascite dal 1861 e così tanti morti dal 1918. Siamo al suicidio demografico.

Oggi ci sono 720 mila docenti in Italia. Un numero cresciuto negli anni e destinato a non diminuire. Serviranno ancora tra dieci anni questi insegnanti? E gli edifici scolastici che abbiamo? Chi li riempirà? Il declino della quantità di nascituri nasconde al suo interno la disgrazia dello svuotamento delle classi. La fine degli italiani, in sintesi.

Il problema c’è ed attiene all’identità nazionale. La pluridifesa Costituzione ragiona in termini di “popolo italiano.” Chissà se sarebbe d’accordo con la totale sostituzione di questo concetto con qualcosa di orientativamente diverso. Poniamo il caso di una classe composta da soli stranieri o di scuole frequentate per intero da studenti di origine non italiana: saremmo sempre all’interno del concetto di “popolo italiano”? C’è un caos strutturale ed il modo di affrontarlo non può ridursi alle tavole rotonde. Qualcuno si ricorderà del sempre verde quoziente familiare che tanto alimenta i tassi di natalità in Francia: una boutade utile a più parti durante le campagne elettorali ma mai applicata realmente.

La conclusione è che il suicidio demografico è un suicidio scolastico e che questi due, insieme, costituiscono un suicidio nazionale.

DUE PESI E DUE MISURE!

La bellezza non ha età, la fertilità sì.” Dice la campagna del Ministro Lorenzin. Dovremmo darci tutti una mossa. Questi slogan, in condizioni di stabilità esistenziale e lavorativa, avrebbero più di una ragione da vendere. Peccato che solo nello scorso maggio si siano registrate le dichiarazioni del Ministro Giannini tendenti a sottolineare le trasformazioni per necessità subite dalla famiglia a causa della mobilità lavorativa: “E’ vero, io stessa ho avuto la fortuna di ricevere stabilità e sicurezze da parte della mia famiglia. Il modello che è stato promosso dalla generazione dei miei genitori, nati entrambi negli anni 20, è però destinato a mutare inevitabilmente con la società che, diventando più flessibile, necessita che lo siano anche i nuclei famigliari. Mi piacerebbe che in futuro la flessibilità venisse considerata come sinonimo di apertura.” Si legge negli appunti del freelance Luca Steinmann pubblicati dal Corriere del Ticino.

Prendiamo la “Buona Scuola” ed analizziamone due aspetti: dove sarebbe l’incentivo demografico nel doversi necessariamente separare dal proprio nucleo familiare per lavoro? Nel dividersi dalla propria moglie o dal proprio marito? Magari neppure per il primo incarico! Un sistema che decide a quanti km di distanza si vivrà dai propri affetti per mezzo di ricorsi e conciliazioni agevola la fertilità? Quale sarebbe la politica demografica del governo nel permettere ai presidi di poter chiedere alle professoresse se abbiano o meno intenzione di avere figli nella loro vita? Nel potersi scegliere le insegnanti, magari, anche sulla base delle loro prospettive familiari? Ne abbiamo largamente letto, non sono favolette. Da una parte, in sintesi, c’è la Lorenzin ed il Fertility day, dall’altra le politiche neoliberiste che frantumano la famiglia come l’abbiamo conosciuta. Non è chiaro come possano essere compatibili le due cose: i figli alla patria e la dissoluzione della famiglia.

IL CONSIGLIO DEI CLASSICI…

Qualche settimana fa è partita da questo blog un’analisi sugli studi classici che pare abbia fornito buoni spunti per altri quotidiani nazionali. Continuando a seguire i consigli dei padri, si trovano riflessioni riguardo questi problemi già all’interno di una iscrizione del 92 a.C.

Traducendo i pensieri dei censori Gneo Domizio Enobarbo e Licio Licinio Grasso, si nota come la diffidenza verso i novatores” non rappresenti una recente prassi reazionaria ma una pratica persistente nella storia:

“ C’è stato riferito che ci sono persone che hanno istituito un nuovo genere di studi, in modo tale che i giovani frequentino le loro scuole, che si sono dati il nome di retori latini; che i giovani adolescenti rimangano seduti in ozio intere giornate! I nostri padri hanno stabilito quel che volevano imparassero i loro figli e quali scuole dovessero frequentare. Queste novità, che avvengono fuori dalla consuetudine e dalla tradizione dei padri, non ci piacciono e non ci paiono corrette. Perciò, ci sembra necessario render chiara la nostra posizione sia a coloro che gestiscono quella scuola, sia a coloro che hanno preso l’abitudine di frequentarla: noi siamo contrari.”

La formula magica della riforma scolastica, dunque, subiva processi ben prima della 107 targata Renzi-Giannini. Il nocciolo della questione risiedeva già all’epoca negli stravolgimenti adottati al sistema educativo. Esiste un problema demografico, vero. Esiste una politica che contribuisce alla dissoluzione del concetto di famiglia tradizionale, però. Segnalare l’uno e praticare l’altra non costituisce un esempio di schizofrenia del legislatore? I censori Gneo Domizio Enobarbo e Licio Licinio Grasso pensavano che le alterazioni della scuola rappresentassero un pericolo per il mos maiorum. La sensazione è che questo avvertimento riacquisti valore storico dentro la previsione statistica dello svuotamento totale delle scuole italiane. Le mutazioni neoliberiste hanno delle conseguenze. Chi frequenterà le classi italiane nel 2050? Non è chiaro. Non sarà il Fertility day a fornire la risposta. Non sarà la “Buona Scuola” a riempirle. Far leggere ai Ministri le iscrizioni del 92 a.C potrebbe aiutare.
Non saranno, in fin dei conti, tutti questi cambiamenti forzosi, queste deviazioni dalle leggi dei padri, ad obbligare gli italiani a smettere di fare figli?

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Su Twitter: @Fraboezi

 

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