Giallorossi sì, ma anche bianchi
La saga sugli appelli per l’accoglienza dei migranti può terminare qui, con l’avvento dei giallorossi. C’è un “cambio di rotta”. I cattolici progressisti lo hanno notato prima degli altri. Loro giallorossi lo sono sempre stati. Giallo è il colore dell’indefinito, quello che può essere accostato a tutto: una decorazione che non sfigura. Rosso è il massimalismo dei post-comunisti, ma i “cattolici adulti” non hanno mai disdegnato una tonalità di socialismo spumato. Se non altro perché veste bene.
La Comunità di Sant’Egidio e il Centro Astalli, che evitiamo d’inserire nell’elenco dei cattocomunisti, hanno già deliberato: il comandamento è essere speranzosi. La frenesia è tangibile. Magari i vescovi cambieranno spartito. E si tornerà a parlare di questioni meno pragmatiche. Perché scomparirà la necessità di predicare sui porti e sui ponti. Con il “nuovo” Giuseppe Conte, può evolvere il rapporto tra istituzioni cattoliche e potere esecutivo. I ben informati raccontano di come l’ex “avvocato degli italiani”, ora “lavoratore per il bene dell’Italia”, sia stato uno studente del cardinale Achille Silvestrini, che è scomparso da poco. Il trattino d’unione che si andava cercando?
L’aria, per certi emisferi ecclesiastici, pare buona: si parla di nuovo “patto Gentiloni”. Cattolici e laicisti insieme, in nome di un rinnovato progressismo. Non c’è neppure bisogno di sincretismo: i programmi collimano. É tornata la sinistra, per carità, ma l’ideale è quello neo umanista. Lo ha detto Giuseppe Conte. Che significa in termini filosofico-politologici? Lo hanno capito in pochi, tuttavia risulta grazioso ai palati di tanti commentatori. Neo umanisti con la benedizione del vecchio socialismo intransigente: in Italia può succedere. É la meccanica giallorossista a consentire la mescolanza. E allora i catto-dem sono tutti contenti. Il mix cromatico gli calza a pennello. Nonostante il premier faccia da mediatore a due forze politiche relativiste. Ah già, per chi non se ne fosse accorto: se esiste una coalizione scivolosa per i cosiddetti “valori non negoziabili”, è proprio quella formata da Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle. Abbiamo raccontato di come Papa Francesco si stia adoperando affinché la depenalizzazione dell’eutanasia non passi. Intanto però l’orologio della secolarizzazione scorre.
La senatrice Monica Cirinnà ha in mente una serie di obiettivi: dall’estensione dell’istituto delle adozioni alle coppie omosessuali alla ovvia depenalizzazione della “buona morte”, fino al cambio di paradigma sull’approccio alle droghe. Dicono sia il governo dei cattolici, quello più vicino ai desiderata dei sacri palazzi, ma qualcosa non torna. A meno che, archiviata l’epoca Ratzinger-Ruini, gli ecclesiastici non abbiano stretto un patto con i loro oppositori culturali. E certa Chiesa non sia diventata altro rispetto a quello cui siamo stati abituati.
Non vogliamo credere che la cacciata dei sovranisti, per piazza San Pietro e limitrofi, sia divenuta più importante dell’epistilio bioetico. Non possiamo credere che, pur di evitare un governo a trazione “indipendentista”, per usare un’espressione utilizzata qualche giorno fa dall’arcivescovo Matteo Maria Zuppi, i consacrati siano disposti ad abdicare alla loro visione del mondo. Non è solo una materia dogmatica. Si tratta anche di dribblare l’abbraccio con la parte politica che può spingersi sino all’approvazione dell’utero in affitto. Se qualcuno ha ancora interesse a scongiurare quello scenario.
Ci si attende che, con la stessa costanza con cui è stato affrontata la questione migratoria, il clero italiano si scagli contro il rischio relativismo che il Conte bis porta in dote. Altrimenti, più che un governo giallorosso, ci troveremo davanti un governo giallorosso-bianco. Con buona pace di quelli che, da anni, provano a smentire questa tesi: la Chiesa si è trasformata nella ennesima ancella della sinistra italiana.