Con il crescere dei movimenti simili al Front National si nota la progressiva divisione del fronte politico in uno schieramento nuovo, ovvero tra chi è sostanzialmente favorevole alla globalizzazione e all’attuale status politico, economico e sociale e chi vi si oppone. Quello è l’orizzonte delle alleanze e dei futuri schemi. Ed è pure probabile che l’ascesa dei partiti “populisti” ed euroscettici favorisca ulteriori convergenze centriste.

L’ultimo segnale è l’odierna uscita di Franceschini, che propone a Silvio Berlusconi di cambiare le regole del voto assieme al PD. Il “Fronte Repubblicano” visto all’opera negli ultimi anni in Francia è un fenomeno passibile di replica non solo nel paese transalpino ma anche nel resto d’Europa, Germania e Italia in primis.

Quel che va detto è che appare tutto tranne che un segnale di forza, perché significa che il centrodestra e il centrosinistra sono costretti a trovare formule di unione pur di salvaguardare la propria maggioranza, in uno scenario segnato dalla crescita innegabile dei partiti antisistemici, capaci di coagularsi e di guadagnare voti in fasce sempre più ampie e trasversali di persone.

Così come sbaglia chi continua ad appiccicare a questi nuovi scenari delle etichette valevoli forse quarant’anni fa, sbaglia chi vede nei partiti in ascesa un fenomeno riconducibile solamente all’area fascista, perché proprio il Front ha fornito una lezione di ammodernamento e trasversalità capace di ricondurre al proprio alveo elettorale larghissime fette di ex comunisti, di operai, di ultimi della globalizzazione ovviamente non più soddisfatti da una sinistra al guado.

Una sinistra pienamente aderente e rappresentante del patto repubblicano nella sua ala più centrista, goffamente ferma a temi bisognosi di aggiornamento nelle sue ali più presuntamente radicali ed innovative, anche nelle sue letture nei confronti di partiti come il Front, visti semplicemente come una riedizione di un fascismo vecchio di settant’anni e non come una naturale e poliedrica offerta politica basata sulle esigenze delle persone più in difficoltà in questo inizio di ventunesimo secolo.

Il senso di smarrimento vissuto da elettori tradizionali al giorno d’oggi è poco giustificabile proprio perché, con ogni probabilità, è sfuggito loro questo tipo di cambiamento, che è giorno dopo giorno sempre più oggettivo e naturale nello scenario politico oggi vissuto. Dietro la credenza che destra e sinistra siano categorie permanenti, pur con qualche elemento di ragione, spesso si nasconde la totale incapacità a comprenderne le evoluzioni nel presente, e il loro significato odierno, rimanendo sovente al palo in una antiquata distinzione di fondo tra fascisti e comunisti.

Ragionare con categorie vecchie di settant’anni significa rimanere al palo. Se il polo centrista ha dimostrato di aver capito al volo questo concetto, un po’ più difficile appare la comprensione nelle restanti porzioni dei due schieramenti. Approfondire e variegare la propria offerta politica, aprendosi sapientemente a tutte le fasce di malcontento che emergono ed emergeranno nel corso degli anni. Serve una forza politica che faccia notare ciò, appropriandosi del lessico proprio di queste posizioni, poco difensivista e quindi molto votato all’accaparrarsi nuovi temi e nuove aree, costruendo soggetti politici progressivamente pronti ad andare con le proprie gambe, sforando anche il muro del 20%. Solo a quel punto la propria posizione potrà diventare capace di coagulare e ricercare alleanze, senza subirle.

Per fare questo serve un aumento drastico dei voti, con una più ampia ricerca del consenso anche in aree storicamente abbandonate dalla sinistra, tra i lavoratori, tra gli aderenti ai sindacati ormai delusi, tra tutti coloro i quali criticano l’attuale gestione dell’immigrazione e del capitalismo in assenza di confini e tutele per i cittadini di uno stato.

Vedremo se il futuro cambierà le carte in tavola, consegnandoci dei partiti pienamente capaci di giocare il loro ruolo nella modernità e non più nel passato

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