Festival di Sanremo: il Codice dei contratti pubblici alla luce della sentenza RAI
La sentenza n. 843 del 19 luglio 2024, depositata il 5 dicembre u.s. dal Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, ha accolto il ricorso proposto dalla JE S.r.l., società attiva nel settore dell’edizione musicale nonché nella produzione e realizzazione di eventi e opere di carattere musicale, dichiarando l’illegittimità dell’affidamento diretto del Festival di Sanremo all’emittente televisiva RAI. Le contestazioni della ricorrente traggono origine dall’assenza di riscontro, da parte del Comune di Sanremo, alla propria manifestazione di interesse avanzata nel marzo 2023, formulata in vista della scadenza – fissata al 31 dicembre 2023 – della Convenzione stipulata fra il Comune e la RAI, con la quale si disciplinava l’organizzazione e la realizzazione della 72ª e della 73ª edizione del Festival. Sulla base di tale presupposto, JE sosteneva che l’Amministrazione comunale, per la 74ª edizione programmata per il 2024, avrebbe dovuto avviare una procedura ad evidenza pubblica, consentendo un confronto competitivo tra più operatori, cui la stessa JE era interessata a partecipare.
Sotto il profilo strettamente tecnico, la nozione di “affidamento diretto” rimanda all’attribuzione di appalti di lavori, servizi o forniture ad un operatore economico determinato senza previa attivazione di un confronto competitivo. La stazione appaltante, in altri termini, non interpella la generalità del mercato attraverso l’indizione di una gara, limitandosi ad assegnare il contratto ad un soggetto considerato idoneo in base a criteri di esperienza e capacità. Si tratta di una procedura specificamente distinta da quelle aperte, ristrette o negoziate, contemplate dal Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023), e si caratterizza proprio per l’assenza di un confronto fra una pluralità di offerenti.
Tale modalità è pur sempre ammissibile, sebbene in via eccezionale, anche per appalti di valore superiore alle soglie di rilevanza europea, e costituisce uno strumento di aggiudicazione sottratto alle dinamiche concorrenziali che contraddistinguono il mercato. Occorre tuttavia ricordare che, con il nuovo codice dei contratti pubblici del 2023, il legislatore ha previsto, all’art. 50, l’affidamento diretto come “regola generale” per gli appalti di lavori entro la soglia di 150.000 euro e per servizi e forniture sino a 140.000 euro. Tale scelta, dettata dal principio del risultato, mira a semplificare e snellire le procedure per contratti di importi contenuti, consentendo comunque alle stazioni appaltanti la possibilità di consultare il mercato.
Per gli appalti di valore superiore a tali soglie, tra i quali rientra anche il Festival di Sanremo, permane invece il rigore della normativa previgente, stabilita dal d.lgs. 50/2016, all’art. 63, che consentiva l’affidamento diretto solo in ipotesi tassative, quali la gara deserta (o con offerte inidonee), la necessità di realizzare o acquisire un’opera d’arte, l’assenza di concorrenza per motivi tecnici o la tutela di diritti esclusivi, inclusi quelli di proprietà intellettuale. Inoltre, la stazione appaltante è tenuta a valutare la situazione di fatto e le particolarità dei mercati interessati, nel rispetto dei principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato.
Alla luce di tali coordinate normative, la JE S.r.l. ha lamentato sia la violazione di legge sia l’eccesso di potere da parte del Comune di Sanremo, imputando a quest’ultimo la mancata attivazione di una procedura di evidenza pubblica, come impone il diritto europeo e la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici.
In particolare, la società ha richiamato i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità che devono informare l’agire amministrativo. Il nodo di maggiore rilevanza per l’ordinamento dell’Unione Europea e per quello nazionale riguarda la libera ed effettiva concorrenza, che le procedure di gara sono chiamate a garantire. L’obiettivo di fondo è favorire la massima partecipazione, anche in un’ottica transfrontaliera, al fine di ottenere un innalzamento qualitativo delle offerte e una contrazione dei costi. Tali principi, ben radicati nei Trattati UE (TUE e TFUE) e richiamati dalle Direttive del 2014 (nn. 24-25-26), mirano infatti ad ampliare la competitività attraverso la semplificazione delle procedure, la suddivisione degli appalti in lotti, l’agevolazione dell’accesso per le micro, piccole e medie imprese, la massimizzazione della trasparenza nella fase di assegnazione, la valutazione del miglior rapporto qualità-prezzo e l’adozione di procedure innovative, come il dialogo competitivo.
Tali coordinate concettuali si prestano in modo evidente al caso del Festival di Sanremo, la cui produzione e messa in onda costituiscono un bene di titolarità pubblica, dunque suscettibile di sfruttamento economico e di conseguente opportunità di guadagno. La contestazione della ricorrente non riguarda la Convenzione già stipulata tra la RAI e il Comune di Sanremo, configurabile come “contratto attivo” e dunque escluso dall’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici ai sensi dell’art. 13, comma 2. L’illegittimità si concentra invece sulla precedente fase di affidamento del contratto, potenzialmente favorevole a un operatore privato, che avrebbe dovuto essere assoggettata ai principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, trasparenza, pubblicità e proporzionalità. In tale prospettiva, l’Amministrazione avrebbe dovuto interpellare il mercato, valutare le proposte di eventuali concorrenti e individuare l’offerta più adeguata sotto il profilo tecnico, organizzativo ed economico.
La giurisprudenza, pur riconoscendo all’Amministrazione un certo margine di discrezionalità nelle procedure di affidamento diretto, non esclude che il giudice amministrativo possa sindacare l’operato dell’ente qualora si manifestino evidenti profili di illogicità o arbitrarietà, in violazione dei principi cardine poc’anzi citati. Nel caso di specie, proprio la mancata considerazione della manifestazione di interesse presentata da JE nel 2023 solleva dubbi sull’imparzialità dell’azione del Comune, che non ha instaurato alcun confronto competitivo.
Ciò ha arrecato pregiudizio non solo alle imprese potenzialmente interessate ma anche all’amministrazione stessa, privata della possibilità di individuare e selezionare l’offerta maggiormente conveniente. Il TAR, di conseguenza, ha dichiarato l’illegittimità dell’affidamento diretto, stabilendo la necessità di bandire, per le edizioni future del Festival di Sanremo, una gara pubblica, come previsto dal Codice dei contratti pubblici. Allo stesso tempo, il giudice amministrativo ha riconosciuto la difficoltà di indire una procedura regolare in vista dell’edizione già imminente del febbraio 2025, accettando pertanto che essa si svolga alle condizioni originarie.
L’effetto della pronuncia è quello di riaffermare la centralità dei principi concorrenziali e della trasparenza nel settore degli appalti pubblici, in un ambito – quello del Festival di Sanremo – dotato di indiscutibile rilevanza mediatica, culturale ed economica.