La politica continua a prendere in giro le imprese. Di che parlo? Dei crediti verso la Pubblica Amministrazione. È successo che il Movimento 5 Stelle aveva proposto un emendamento – approvato nelle commissioni Finanze e Attività produttive – che prevedeva il blocco delle cartelle del fisco per quelle aziende che vantassero dei crediti verso la P.A. Beppe Grillo il 6 febbraio cantava vittoria sul suo blog. Poi però è successo il patatrac. Prima i paletti della Ragioneria generale dello Stato che controlla la spesa pubblica, poi quelli della Commissione Bilancio, infine la Camera che ha riscritto il testo. E quindi si è arrivati alla classica soluzione all’italiana.

Dalla soppressione delle cartelle si è passati alla compensazione. Se un’azienda deve ricevere soldi dalla Pubblica amministrazione, ma deve versarne altri al Fisco, è previsto che riceva dallo Stato la differenza. Mi sarei aspettato che il Movimento 5 Stelle insorgesse ed esternasse dure critiche, invece niente. Quando sarebbe opportuno alzare la voce, i grillini tacciono.

Ma perché la soluzione è farlocca? Perché per la compensazione serve un decreto attuativo del ministero dell’Economia, da firmare entro 90 giorni. Peccato però che l’esecutivo abbia un arretrato di oltre 800 norme applicative da varare. Insomma, chissà quanto tempo passerà prima di capirci qualcosa. E poi per poter usufruire della “compensazione” si dovranno garantire “gli equilibri di finanza pubblica”: in sostanza il ministero dell’Economia potrà opporsi a sua discrezione.

Lo Stato ha accumulato circa 100 miliardi di euro di debiti da pagare, le imprese chiudono in attesa di ricevere i soldi, e l’Italia rischia una procedura di infrazione (che – come ha segnalato Nicola Porro sul suo blog – rappresenta un bluff in quanto saremo noi italiani a pagarne le conseguenze). E la politica cosa fa? Si trincera dietro la burocrazia.

C’è da indignarsi o no?

 

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