Carcere di Santa Maria Capua Vetere: un'immagine del pestaggio di alcuni detenuti da parte della polizia penitenziaria

Carcere di Santa Maria Capua Vetere: un’immagine del pestaggio di alcuni detenuti da parte della polizia penitenziaria

Il titolo di questo articolo è fuorviante.
E’ profondamente sbagliato.
L’ho letto su un social, e l’ho voluto riportare qui.
Per farci riflettere, caro lettore, su come – e quanto – ragioniamo sull’onda di scariche emotive. Non con il cervello, ma con la pancia. O con altre parti del corpo, che stanno ancora più in basso.
Davanti ad una domanda così – stai con gli agenti o con i delinquenti, con i servitori dello Stato che ci proteggono o con i criminali che ci ammazzano – chi potrebbe mai rispondere che sta con i secondi? E’ una falsa alternativa. Ed è anche fasulla. E manichea.
Perché parte dal presupposto che sia tutto o bianco o nero. Che tutto il bene stia da una parte, e tutto il male dall’altro. Tutto. Al 100%. Il 99% non esiste.

Non so a te, ma a me i video e le immagini dei brutali pestaggi, e delle vergognose umiliazioni, di cui sono stati vittima i detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere fanno accapponare la pelle. Perché sono un losco nemico della polizia penitenziaria, e quindi delle forze dell’ordine, e quindi dello Stato, e quindi dell’intera collettività, come la domanda iniziale potrebbe presupporre? Evidentemente no. Sono il primo amico, fan, tifoso sfegatato delle forze dell’ordine. Non smetterò mai di ringraziarle, non le ringrazierò mai abbastanza. E proprio per questo mi offende sapere che qualcuno infanga la gloriosa divisa che porta. Che lo faccia oggi nel penitenziario campano, o che l’abbia fatto 20 anni fa a Genova, nella scuola Diaz o a Bolzaneto.

Chi sbaglia deve pagare. E nel caso in questione i primi a pretendere che i violenti paghino, e che paghino fino in fondo, sono proprio coloro che amano la polizia. Se un vestito cui tieni ha una macchia, farai di tutto per lavarla. E appena possibile. Se invece fingi di non averla significa che a quel vestito non ci tieni.
Per questo non condivido quei leader politici che fanno intuire che compiere indagini sugli agenti violenti – alcune decine su 40mila guardie penitenziarie in Italia – significa screditare l’intera categoria. Ma quando mai? Significa, al contrario, tutelarla. Togliendo le mele marce.
Il genitore che ama il figlio lo richiama quando sbaglia. Il leader che ama i propri collaboratori li corregge quando compiono un errore. E lo stesso deve fare lo Stato quando chi lo rappresenta non si dimostra all’altezza. Perché è un gesto d’amore.

Purtroppo nel nostro Paese c’è chi, per speculazione politica, giustifica, o minimizza, comportamenti gravissimi e inaccettabili come quelli degli agenti in questione. Mentre dall’altra parte la legge, spesso, tutela più il delinquente di chi si difende da lui. E’ il caso, paradossale, del calciatore romanista El Shaarawy. Ha bloccato il ladro che gli stava rubando la Lamborghini, e ora è lui ad essere indagato. Perché, a detta del ladro, gli ha fatto la bua. E’ l’amara realtà: se, nel difenderti, fai del male a un criminale, a finire nei guai potresti essere tu. Soprattutto se l’avvocato del criminale è più bravo del tuo.

Tag: ,