La “Manovra del Popolo” vista dalla City of London: chiacchierata con Raffaella Tenconi, economista
Gli spiriti della politica sono sempre al centro di questo blog, senza mai strizzare l’occhio a moderatismi di ogni sorta: si è sempre molto diretti e concisi. Oggi però arriva il momento di fermarsi a pensare e ragionare a mente fredda, sine ira et studio, sul DEF appena approvato. Ne ho parlato con Raffaella Tenconi, economista di base a Londra e CEO di ADA Economics. Un piccolo viaggio nella mente dei mercati e delle istituzioni finanziarie che, lontane dall’essere luoghi metafisici, sono in realtà fatti di uomini in carne ed ossa che investono e scommettono sulla solidità o meno dei paesi sovrani.
Mentre la vulgata comune ci dice che i mercati sono nel panico più assoluto, Raffaella ci da un quadro meno catastrofico e più razionale.
Ecco qua la nostra chiacchierata.
M: Dal mio punto di vista questa manovra ha riportato la politica al primo posto, facendo retrocedere i concetti di finanza e tecnocrazia. Chi la sta intervistando ha idee liberal conservatrici e di centrodestra. Secondo lei invece agli operatori finanziari ed agli investitori importa di questo ritorno della politica?
R: Il ritorno della politica è sicuramente importante, ed i mercati finanziari non sono particolarmente bravi a prezzare il rischio politico ne tanto meno l’impatto delle politiche pubbliche, perché di solito la capacità dei paesi di crescere si vede nel lungo periodo. Il rischio politico viene visto come fattore di incertezza.
Sicuramente l’aumento del disavanzo del deficit ha preso una parte del mercato in contropiede, ma neanche tanto perché se guarda da qui a dieci anni tra 3,1 e 3,3 non c’è troppa differenza. D’altra parte in primis viviamo in un mondo in cui c’è ancora il QE e poi non è una sorpresa che il disavanzo sia aumentato: è vero che rispetto allo 0,8% che era stato negoziato prima sembra un enorme aumento, però francamente non era credibile che si andasse allo 0,8% ne con questo governo ne con un altro. Il gioco era tra 1,7, 1,6 e 2,4. Il movimento a 2,4% è stato molto rapido ma non è sorprendente. Noi abbiamo dei modelli che facciamo per tutti i paesi che seguiamo e le dico tranquillamente che è da un anno che sull’Italia abbiamo 2,5% nelle previsioni. Noi vediamo la situazione nel mercato obbligazionario un po’ incerta però assolutamente non allarmante, mentre siamo molto preoccupati per quanto riguarda il mercato azionario.
M: I mercati sono spaventati, ma neanche troppo quindi. Volevo passare alla seconda domanda che è più politica e meno tecnica. Sembra che Di Maio abbia festeggiato alla grande, mentre Salvini ha un elettorato fatto di piccoli e medi imprenditori a cui presumibilmente non piace questa manovra. Lei come vede questa situazione?
R: E’ chiaro che i 5 Stelle hanno un elettorato molto forte nel centro sud, dove la promessa del reddito di cittadinanza era particolarmente importante. Credo che sicuramente il piccolo imprenditore sia un po’ intimorito dal reddito di cittadinanza, e non è sicuramente la mia misura preferita. Devo dire però che il reddito di cittadinanza ha un effetto moltiplicatore sulla spesa. Anche se il reddito di cittadinanza di cui parlavano i 5 Stelle qualche anno fa era una cosa, quello di ora è tutt’altra cosa. E’ di fatto un “unemployement benefit”o “minimun income” che in Italia non c’era. Non è una cosa dove posso prendermi 800 euro al mese e non fare nulla. E’ una misura che però si poteva concentrare su altre categorie, ed io personalmente l’avrei concentrata sulle famiglia e su politiche per la natalità, le cosiddette “maternity policies”.
In questo momento l’Italia ha possibilità di agire, perché ha dei dati strutturali e congiunturali sia interni che internazionali che rendono il paese più competitivo rispetto agli anni passati. C’è stato un aggiustamento dei bilanci ed un aumento della produttività che mancava prima. Da qui a dire che l’aggiustamento della crescita è sufficiente per essere sostenibile ce ne passa, però misure come la semplificazione del sistema fiscale possono dare una grande mano.
M: La commissione non ha reagito molto bene al DEF (ndr, l’intervista è stata effettuata prima della bocciatura) però io mi chiedo: questo è un momento in cui la commissione è politicamente molto debole, un momento in cui i populismi in Europa la stanno facendo da padroni, un momento in cui alle prossime europee i partiti populisti faranno il botto. La commissione dovrebbe essere più accondiscendente, oppure dovrebbe essere dura?
R: Secondo me dovrebbe essere più accondiscendente, perché ad essere duri in realtà aumenta solo la frizione tra i vari paesi. Il problema è che il malessere dell’elettorato europeo è un qualcosa che va avanti da molto, e devo dire che è un malessere giustificato. Il problema dei paletti fiscali a livello europeo sono che in realtà non fanno assolutamente quello che dovrebbero fare, sono troppo corti perché guardano sempre a tre anni. Un target che vuole sia la prudenza a breve termine sia supportare la crescita a lungo termine dovrebbe avere un orizzonte di almeno 5 o 10 anni. Alla fine l’elettorato europeo si è accorto che la politica fiscale europea è troppo “miope”.
Seguimi anche su:
Glocal Podcast Pagina Facebook Mirko Giordani Sito mirkogiordani.net Instagram Twitter
Per idee e spunti ed idee, contattami direttamente su mirkoglocal@gmail.com