mattioli

Il binomio banche-cultura nella società contemporanea è quasi un ossimoro, non c’è nulla di più lontano dalle speculazioni finanziarie, dai tassi di interesse dalla mondo della cultura.

Eppure c’è stato un periodo in cui banche e cultura andavano a braccetto grazie a illuminati manager passati alla storia come mecenati, non occorre andare indietro nel tempo fino al Rinascimento, è sufficiente arrivare agli anni ’20 del secolo scorso quando si affacciò nel mondo bancario un giovane – ma ambizioso ed estremamente preparato – abruzzese originario di Vasto.

Si chiama Raffaele Mattioli, è nato nel 1895 e, dopo la laurea in Economia a Genova, si era trasferito a Milano dove era diventato nel 1921 segretario della Camera di Commercio. Lui, fieramente abruzzese, era rimasto affascinato dal più celebre abruzzese del tempo, Gabriele D’Annunzio, e lo aveva seguito nell’impresa fiumana.

Nel 1925 arriva alla Banca Commerciale Italiana e, nel giro di pochi, anni – sebbene sia un antifascista convinto e addirittura si incontri in gran segreto con Palmiro Togliatti – compie una scalata all’istituto bancario diventando prima Direttore Generale e poi Amministratore Delegato.

Durante il fascismo il suo ufficio diventa un punto di riferimento per intellettuali, economisti e politici antifascisti di varie aree ed estrazioni: da Enrico Cuccia a Ugo La Malfa, da Guido Carli a Giovanni Malagodi.

Mattioli non è comunista ma piuttosto un liberale sui generis, tanto da dire di sè: “sono un liberale con tale dose di anarchia che mi consente di non essere necessariamente democratico. Sono un conservatore, con tale dose di senso storico, che mi consente di non essere necessariamente anticomunista”, nonostante ciò intrattiene rapporti con il clandestino Partito Comunista Italiano. Anni dopo Togliatti si rammaricherà di non poterlo chiamare “compagno”.

Arriviamo al 1937, le condizioni di salute di Gramsci sono sempre più critiche, nonostante Mattioli si sia prodigato per sostenere le spese della sua cura. Il 27 aprile, all’età di 46 anni, Gramsci muore lasciando in eredità i Quaderni del carcere.

Secondo le sue volontà devono essere inviati a Mosca alla moglie Giulia, siamo negli anni di maggior successo popolare per il fascismo, il rischio che i Quaderni del carcere siano intercettati è alto, così Mattioli decide di custodirli per un anno nella cassaforte della banca salvandoli dalla censura.

In quegli anni si consolida il rapporto con Benedetto Croce, di cui è un discepolo, tanto da partecipare alla stesura del manifesto del Partito D’Azione, ma è nel dopoguerra che inizia in modo più consistente la sua attività di mecenate.

Tanto che, citiamo Alberto Mazzuca che nel libro Gardini il Corsaro gli dedica alcune pagine: “Carlo Bombieri, considerato il suo delfino alla Comit, lo paragona a Lorenzo il Magnifico e a Socrate: <del primo aveva il rispetto per le cose pratiche, l’intelligenza, la bellezza; del secondo la dote di cavare il meglio da quelli che lo avvicinavano, che restavano influenzati dalla sua personalità>”.

Giovanni Russo, in un articolo pubblicato su Il Corriere della Sera l’11 giugno 2000, lo ricorda invece con queste parole: “fondatore e editore della casa editrice Ricciardi, che ha pubblicato la collana dei Classici Italiani, fu definito il banchiere umanista: letterati, storici, poeti da Bacchelli a Contini, da Saba a Montale, da Venturi a Chabod, frequentavano il suo studio o casa sua”.

Mattioli crea un rapporto particolare con Carlo Emilio Gadda, dopo averlo ospitato nel ’44 quando Firenze era stata bombardata, finanzia con un premio il suo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana e per riconoscenza l’ingegnere gli dedica le Novelle dal Ducato in fiamme e Verso la certosa.

Le sue qualità di raffinato mecenate sono seconde solo alle sue capacità manageriali, così diventa il primo banchiere ad appoggiare Enrico Mattei finanziando l’AGIP.

A inizio anni ’70 comprende che i tempi sono cambiati e per lui è arrivato il momento di farsi da parte, nel 1972 è nominato presidente della Comit Gaetano Stammati – che anni dopo si scoprirà essere iscritto alla P2 di Licio Gelli – Mattioli preferisce rifiutare la carica di Presidente onorario e di ritirarsi. Appena un anno dopo, all’età di 78 anni, scompare a Roma una delle figure più straordinarie del panorama economico e culturale italiano, non sufficientemente ricordata e celebrata.

Oggi la memoria di Mattioli è conservata dalla Fondazione Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico la cui biblioteca è stata donata nel 2011 all’Università degli Studi di Milano e su di lui sono stati pubblicati due libri, uno nel 1999 per Sellerio, scritto da Ugo Martegani “Il cappello del banchiere. Vita di Raffaele Mattioli” e un altro a cura di Sandro Gerbi per Aragno “Profilo di Raffaele Mattioli”.

@francescogiub

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