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La visita del Segretario di Stato Mike Pompeo a Roma, il più importante rappresentante della politica estera del governo Trump, avviene in un momento molto delicato non solo per gli Stati Uniti ma per l’intero scenario geopolitico globale. Non è un caso che il suo arrivo in Italia sia in concomitanza con la celebrazione dei Settant’anni della Repubblica popolare cinese. Più che un segnale al nostro governo è un vero e proprio avvertimento come spiega il giornalista americano Andrew Spannaus: “sappiamo che l’amministrazione americana aveva posto precisi paletti all’esecutivo precedente sul tema molto delicato dei rapporti con la Cina. Ora Pompeo vuole avere garanzie sul posizionamento del nuovo governo, pur essendo il presidente del Consiglio lo stesso del governo precedente”.

La strategia di Pompeo è quella classica in diplomazia della “carota e bastone”: da un lato cerca garanzie sul posizionamento dell’Italia all’interno della Nato e nei confronti degli Stati Uniti con incontri e vertici, dall’altro è pronto a utilizzare i dazi commerciali (che andrebbero in prevalenza a colpire i prodotti Made in Italy) come strumento di ritorsione nel caso di una troppa apertura dell’Italia verso la Cina.

La stipula del memorandum della Via della Seta da parte dell’Italia come prima nazione occidentale durante il precedente governo, ha allarmato non poco gli americani. La nostra posizione geografica al centro del Mediterraneo, la vicinanza con i Balcani e con la Grecia dove gli investimenti cinesi sono ingenti (in particolare sulle infrastrutture e i porti) e la firma dell’accordo con la Cina per uno snodo commerciale importante non solo per l’Italia ma per tutto il centro Europa come il porto di Trieste, hanno portato il governo Trump a correre ai ripari.

Come nel dopoguerra gli americani avevano speso grandi energie in campo diplomatico per mantenere l’Italia nell’area di influenza atlantica, allo stesso modo oggi l’attività primaria del governo americano è quella di impedire che nel nostro paese cresca il peso economico, politico e culturale della Cina. Non dimentichiamoci che in Italia per anni è esistito il più importante Partito Comunista dell’Europa occidentale con stretti rapporti tra i leader comunisti italiani e il mondo sovietico e la condivisione del confine orientale con la Jugoslavia di Tito.

Una situazione sotto molti punti di vista simile a quella francese dove esisteva un grande partito comunista, un forte apparato culturale di matrice comunista e oggi il governo Macron coltiva importanti rapporti e collaborazioni con la Cina.

C’è poi il tema della sicurezza digitale e del 5G che si interseca con il ruolo dell’azienda cinese Huawei e desta non poche preoccupazioni; le dichiarazioni che filtrano dall’amministrazione Trump, come riporta “La Stampa”, non lasciano spazio a interpretazioni: “se l’Italia si affida a Pechino è un grave errore” e addirittura “col 5g cinese è in pericolo tutta la Nato”.

Ai rapporti con la Cina si aggiunge un’altra spinosa questione per il governo americano: il russiagate. È di ieri la notizia diffusa del “Washington Post” che il ministro della Giustizia americano William Barr il 27 settembre sia stato in Italia dove ha incontrato in segreto i vertici dei nostri servizi segreti per trovare ulteriori elementi a supporto della tesi che i russi non hanno aiutato Trump nelle elezioni presidenziali del 2016.

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