tremonti

In questi giorni pasquali già di per sé surreali, stiamo assistendo a un attacco grottesco nei confronti di Giulio Tremonti a cui si sta cercando indirettamente di scaricare la responsabilità sulle decisioni che, con tutta probabilità, Conte assumerà nei prossimi giorni al Consiglio europeo ratificando le misure già approvate dall’Eurogruppo.

Per alcuni giornalisti che si dicono liberali – solerti nel criticare in ogni occasione il centrodestra ma sorprendentemente accondiscendenti verso le politiche economiche del governo – Tremonti è diventato il capro espiatorio per scaricare la colpa sul governo Berlusconi (ma con il vero obiettivo di colpire Salvini e la Meloni) di aver firmato il Mes nel 2011.

Partiamo dal presupposto che si tratta di una polemica kafkiana, Tremonti non è più al governo da nove anni, non sarà lui che andrà a discutere al Consiglio europeo le misure che l’Unione europea adotterà e non è stato lui a partecipare all’Eurogruppo negli scorsi giorni.

Viviamo in un contesto politico in estrema evoluzione, il XXI secolo è caratterizzato da un consenso liquido e fragile, gli scenari possono cambiare in modo radicale nel giro di poche settimane e, se analizziamo come si è evoluto il panorama politico dalle elezioni di marzo 2018 ad oggi, ci accorgiamo che sono avvenuti mutamenti inimmaginabili. Solo per fare alcuni esempi, la nascita del governo giallo-verde, la crisi di agosto, la formazione del nuovo esecutivo giallo-rosso erano scenari imprevedibili.

La crisi del coronavirus è l’apice di un percorso iniziato nel 2008 con la grande crisi che ha portato l’Italia e l’Europa a vivere uno stravolgimento totale del proprio contesto socio-economico ma anche politico.

Per questo accusare un ministro di avere firmato un strumento come il Mes nel 2011, ovvero nove anni fa, è paradossale. In quel momento storico la situazione italiana ed europea era diversa e soprattutto non si conoscevano ancora i devastanti effetti che il Mes avrebbe avuto sulla Grecia.

A ciò si aggiunga, come ha spiegato Tremonti, che l’adesione al Mes era finalizzata all’attivazione degli eurobond e che, se ciò non fosse avvenuto, non avrebbe accettato la decisione finale che è avvenuta con il governo Monti nel 2012 quando Tremonti non era più ministro.

Attaccare un Ministro come Tremonti che si oppose con fermezza ad ogni tentativo di commissariamento dell’Italia attraverso l’utilizzo delle risorse del Fondo Monetario Internazionale sintetizzata dalla famosa frase “conosco modi migliori per suicidarsi”, è illogico. A maggior ragione perché in un momento di grande confusione come quello attuale, Tremonti è uno dei pochi che sta avanzando proposte lucide come quella fatta a “Il Messaggero” pochi giorni fa di un’emissione straordinaria di Btp esenti da imposte. D’altro canto, l’acume delle sue riflessioni emerge dai suoi libri “Le tre profezie” o “Mundus furiosus”.

È perciò evidente l’operazione che sottende l’attacco a Tremonti e al centrodestra, scaricare su chi era al governo nove anni fa le colpe per le decisioni che prenderà chi oggi davvero governa con l’enorme aggravante di avere alle spalle l’esperienza delle conseguenze che il Mes ha portato alla Grecia.

Lascia basiti che giornalisti pseudo liberali prestino il fianco al disegno comunicativo di Casalino e del governo che sta facendo tutto fuorché aiutare le categorie che ai veri liberali dovrebbero stare più a cuore: imprenditori, imprese, partite iva, autonomi, in poche parole il mondo produttivo.

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