Quella prova che potrebbe scagionare Scajola
«Sono state omesse dal fascicolo investigativo importanti intercettazioni. Nel fascicolo ad esempio manca un’intercettazione telefonica in cui io suggerivo alla moglie di Amedeo Matacena che il marito si costituisse. Questa conversazione l’abbiamo trovata insieme ai miei consulenti di parte e la porteremo al processo». L’aveva promesso, l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, che avrebbe venduto cara la pelle al processo «Breakfast» che lo vede imputato per «procurata inosservanza della pena» per aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare azzurro condannato in via definitiva per mafia. «A mio parere, quello che finora è emerso dalle udienze svolte è la superficialità, se non peggio, di questa inchiesta», ha detto Scajola, che non è più sottoposto all’obbligo di dimora nel comune di Imperia. Oggi ci sarà il controesame dell’investigatore della Dia Leonardo Papaleo, ex numero due degli uffici reggini che ha condotto le indagini. «Spero che il processo – ha aggiunto Scajola – possa sancire in tempi brevi la correttezza del mio comportamento. Il mio arresto e la mia detenzione (poi diventata ai domiciliari e infine revocata il 12 novembre scorso) non era dovuta, l’inchiesta poggia sul nulla, senza nessun riscontro e con una dose di una sproporzione che risponde a logiche diverse. Non so quali, ma lo scoprirò».
Intanto a 1.250 km di distanza il Nord si scopre «colonizzato all’incontrario (sic!)» dalla ‘ndrangheta, come denuncia il procuratore capo uscente di Procura di Milano Edmondo Bruti Liberati. Con una definizione vagamente razzista Bruti Liberati sostiene che la colonizzazione presupponga «una sorta di superiorità economica e culturale del colonizzatore sul colonizzato» ma «questo non è accaduto per quanto riguarda le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia, dove una sottocultura criminosa ha la meglio in aree altamente industrializzate e ricche di servizi pubblici».