La religione di Stato va abbattuta
Il Ministero dei Beni culturali, ovvero lo Stato, sbanda come una macchina impazzita a destra e a sinistra. I soprintendenti di Roma dicono che il Colosseo è intoccabile, poi arriva quello attuale e dice l’opposto, ovvero che l’anfiteatro deve ospitare i concerti di Sting e degli U2. Tutto e il contrario di tutto, tanto il Codice dei Beni culturali è una marmellata. Se un soprintendente vuole buttar giù da un altare un polittico trecentesco per sostituirlo con una patacca, può farlo. Se un soprintendente, al contrario, vuole sostituire una patacca con un pezzo notevole, può farlo lo stesso. Il Codice si legge da diritto o da rovescio e si adatta ai voleri altamente discrezionali dei guardiani statali del patrimonio, chiamati soprintendenti. Tu, se vuoi salvare delle statue antiche che albergano tra i topi e allestirle in una Gipsoteca, ti martellano i coglioni a tal punto che o evadi la legge o lasci le statue tra i topi. Loro, se si alzano la mattina e dicono di fare un concertino di Vasco Rossi al Colosseo, hanno il Codice dalla loro parte. Basta solo leggerlo in un certo modo, tanto il potere libero da vincoli è il loro. Ecco l’Italia dell’arte, immobile e immobilizzata da questi custodi dell’unica religione che ha avuto il Novecento: la religione di Stato.