«Studi Evoliani»: dieci numeri per scoprire un “filosofo proibito”
Nel lontano 1974 si spense, quasi ottantenne, Julius Evola. Era giugno. All’indomani della sua scomparsa, Gianfranco de Turris propose a Giovanni Volpe, editore non conformista di Roma, di dare alle stampe un Cahier Evola tutto dedicato al filosofo romano. Erano gli anni della lotta armata e di una guerra civile strisciante nelle piazze, ma anche di coraggiose iniziative controcorrente. Erano gli anni dei leggendari Cahiers de L’Herne di Dominique de Roux, consacrati ad autori poco organici al realismo imperante e alle mode del momento, come Borges e Lovecraft, Pound e Meyrink. Il Cahier a cui pensava de Turris avrebbe dovuto avere proprio la struttura di quei quaderni – un bollettino da pubblicarsi a cadenza annuale, ad opera della Fondazione J. Evola, il cui statuto era stato dettato dal filosofo stesso pochi mesi prima di morire. Per una lunga serie di circostanze, però, il progetto non si concretizzò. Si dovette attendere il 1998, centenario della nascita di Evola, per vedere pubblicato dalla storica Libreria Europa di Roma il primo numero di Studi Evoliani. Dopo un secondo fascicolo, dato alle stampe l’anno successivo, il piano editoriale si arenò ancora una volta.
Nel nuovo millennio, tuttavia, sembra tirare un’aria diversa. È nel 2008 che il filosofo Gian Franco Lami sottopone l’idea a Giovanni Oggero, titolare della casa editrice Arktos. L’assenso è immediato. Da allora, ogni anno il periodico torna a confrontarsi con un filosofo la cui importanza è capitale per comprendere il XX secolo, anche se in certi ambienti – specie quelli accademici, seppur con luminose eccezioni – il suo nome è ancora tabù. Eppure il numero crescente dei collaboratori dimostra che, forse, le cose stanno cambiando. Abbandonata – anche se non totalmente – la saturazione ideologica che ha infestato per decenni la cultura “ufficiale”, ecco emergere il rimosso. Naufragate le ortodossie, tornano a presentarci il conto quegli eretici che, al pari di Evola, già allora la sapevano molto lunga sul nostro conto. Probabilmente a qualcuno non starà bene. Dovrà farsene una ragione.
Ad ogni modo, polemiche a parte, cosa troviamo in Studi Evoliani? Atti di convegni (attualmente la Fondazione ne organizza due ogni anno) e saggi tematici, recensioni e rassegne, documenti inediti e rari, carteggi e testimonianze… Numeri tra l’altro sfaccettati ed eterogenei, che rincorrono i molteplici interessi del Barone: dal dadaismo e l’arte d’avanguardia alla filosofia, dalla politica agli studi sull’Oriente, dalla storia delle religioni alla rivoluzione conservatrice – insieme a contributi che confrontano le sue opere con quelle di scrittori e intellettuali affini. Un lavoro minuzioso, insomma, portato avanti da tre generazioni di studiosi, a testimonianza di quanto ha ancora da dire il “filosofo proibito”…
Qualche mese fa è uscito il decimo fascicolo del periodico, sempre per Arktos, che a distanza di quasi dieci anni continua caparbiamente a stamparlo. Il focus di Studi Evoliani 2015 è la nuova edizione critica de La crisi del mondo moderno di René Guénon, con una ricca curatela, un mastodontico apparato di note e introduzioni, appendici e bibliografie (un lavoro unico a livello europeo, da cui la critica guénoniana futura non potrà prescindere). Tradotto negli anni Trenta dal filosofo romano, è uno studio che invita a non considerare la storia da un punto di vista esclusivamente materialista e ci spiega come un confronto proficuo tra le civiltà possa avvenire su base simbolica, non di certo facendo riferimento alla sola politica o economia. Un messaggio attualissimo, specie nella fase storica che l’Occidente sta affrontando. La crisi di cui parla Guénon è la stessa che stiamo attraversando noi.
È invece in preparazione il prossimo numero, tutto dedicato alla cultura tedesca, con approfondimenti su Ernst Jünger, Carl Schmitt e Friedrich Nietzsche, e gli atti del convegno dello scorso autunno dedicato a Evola e la Germania segreta. Un percorso quasi ventennale che continua a produrre frutti, a dimostrazione dell’attualità di un inattuale, il cui messaggio non cessa d’interessare l’umanità del Terzo Millennio. Con buona pace dei censori e delle vestali del politicamente corretto.