Adriano Monti-Buzzetti: «Dimensione Cosmica, la via italiana al fantastico»
Dire che non è un momento facile per l’editoria italiana è ormai un luogo comune, che purtroppo non cessa di rispondere alla realtà delle cose. Lo stesso discorso vale per i periodici: eppure, in tempo come il nostro in cui l’informazione e la produzione di contenuti sono parcellizzate, scandite dai tweet e dai post su Facebook, non mancano per fortuna realtà che nuotano controcorrente, aprendo riviste in un mondo in cui le riviste chiudono. Iniziative tanto più lodevoli e da incoraggiare poiché spesso dedicate ad argomenti non propriamente “di massa”, come il fantastico: è il caso di «Dimensione Cosmica», storica rivista dedicata alla “letteratura di genere” ripresa di recente dall’editore Marco Solfanelli, e diffusa in forma cartacea. In occasione dell’uscita del suo terzo fascicolo, ne abbiamo parlato con Adriano Monti-Buzzetti, che la dirige assieme a Gianfranco de Turris, chiedendogli anzitutto com’è partito questo rilancio, dopo decenni d’interruzione.
L’idea è stata lanciata da Marco Solfanelli, che l’estate scorsa ci ha proposto di resuscitare «Dimensione Cosmica», e si è concretizzata definitivamente quest’anno. D’altronde, non è un anno casuale: il primo numero uscì infatti nel 1978, quattro decenni fa. Sfogliando quello che potremmo chiamare un piccolo album di famiglia, la parola pionieristica – oggi abusatissima – si può certo spendere per questa rivista, che ha contribuito enormemente a definire gli orizzonti del fantastico italiano, operando nella terra di nessuno delle fanzine amatoriali dell’epoca – fogli A4 spillati e raccolti dai primissimi fan, antesignani dei cosiddetti nerd – e contrapposta alle vere e proprie riviste da edicola, con un appeal grafico più professionale.
Quali furono i protagonisti della prima stagione di «Dimensione Cosmica»?
Il primo curatore, Michele Martino, e Marino Solfanelli, padre di Marco. Da quell’iniziativa, tra l’altro, nacquero molti altri progetti ad essa legati, come il Premio Tolkien, di cui fu presidente Gianfranco de Turris, mio illustre collega in RAI, tra i padri del fantastico italiano e oggi mio compagno in quest’avventura. Per il resto, negli anni successivi la rivista è stata diretta da Anna Rinonapoli e da Renato Pestriniero. È diventata uno dei punti di riferimento nazionali per la narrativa fantastica e d’anticipazione, da un lato contribuendo a definire i contorni di una “via italiana” (per sensibilità, così come riferimenti) all’Immaginario, dall’altro creando una scuderia di autori che in seguito sarebbero diventati molto famosi.
Vorrei approfondire quest’ultimo punto. A tuo giudizio, quali potenzialità offre il nostro Paese dal punto di vista della creazione – letteraria, ma non solo – fantastica?
Le possibilità sono enormi ed è proprio in questo solco che la rinnovellata «Dimensione Cosmica» vuole inserirsi, dimostrando in questo scorcio di XXI secolo come esista una peculiare “via italiana” al fantastico, matura in autori già consolidati e promettente in alcune selezionate “gemme grezze”, narratori e saggisti a cui forniamo una prima vetrina, ricchissima di una vasta gamma di peculiari riferimenti storici e letterari. Quello italiano è un retroterra fertile per creare dinamiche narrative del tutto uniche, che nulla hanno da invidiare al mondo anglofono. I tempi sono maturi per la riscoperta e il rilancio di questo genere. Cito solo il successo di un movimento-laboratorio come Italian Sword & Sorcery, dell’amico e collaboratore Francesco La Manno, insieme ad altri di questo tipo, che ci danno l’indice della rinnovata vitalità di un contributo nazionale della narrativa di genere. Un anelito che si manifesta anche nella prosa: sono sempre stato contro lo Show, don’t tell imperante nei manuali, le storie scritte con un linguaggio da sms. Credo che la lingua di Dante e Ariosto meriti molto di più.
Uno degli aspetti che mi ha colpito è la poliedricità della rivista. Saggi di autori italiani e stranieri, una sezione di narrativa, dossier e approfondimenti…
Questa molteplicità è di un’importanza capitale. Personalmente, non sono mai stato un fautore dei numeri monografici. Ciò deriva ovviamente dal mio trascorso nel giornalismo radiofonico, che mi ha insegnato come, in genere, la varietà paghi di più. La scelta tematica può ridursi a una nicchia di lettori, escludendone altri. Considerato poi che non ci rivolgiamo a folle oceaniche… Ciò che vogliamo provare a fare è parlare di tutto, fantastico e fantascienza, weird e fantasy, mostri sacri e nuove promesse, con un intento antologico all’insegna della completezza, che in qualche modo renda questi primi numeri della nuova serie da collezione. Vogliamo che essi siano riferimenti da cui possano partire ricerche successive.
Il primo numero di «Dimensione Cosmica» si apre con un programmatico manifesto per una fantascienza umanistica.
Esattamente. È un’aperta presa di posizione contro la dittatura imperante della distopia (almeno, così noi la giudichiamo), del pessimismo, di uno scenario futuribile sempre schiacciato su prospettive terrestri, ambientalmente degradate, socialmente controverse… Nel numero successivo è invece uscita una versione riveduta dell’introvabile saggio di Alex Voglino dedicato all’interpretazione neo-simbolica della letteratura di genere…
Alla rivista collaborano tre generazioni di autori, insieme a scrittori e saggisti di diverse provenienze ideologiche. Una scelta molto matura, oltreché, ancora una volta, controcorrente…
Tale compresenza è figlia di un preciso elogio delle diversità. Mi piacerebbe che questa rivista potesse rappresentare il meglio del fantastico italiano, anche da un punto di vista internazionale. Per fare questo, diciamocelo francamente, dobbiamo rimuovere tutta una serie d’incrostazioni. Una di queste è di tipo generazionale. Ci sono molti strabismi da superare, alcuni dei quali biunivoci: quello del cultore âgé, fermo a trent’anni fa, che parla solo di glorie passate, secondo cui dopo certi autori c’è il vuoto assoluto, ma anche quello – uguale e contrario – del blogger e del saggista in erba, più o meno giovane (più spesso giovane) e autoreferenziale, che scrive più di quanto abbia letto, credendo che la fantascienza inizi con lui e termini dove ha inizio il suo deficit culturale. Sono tutte forme di arroganza da cui bisogna liberarsi. In questo ambiente di lavoro, così eterogeneo, cerchiamo di operare tutti con grande entusiasmo e quella sincerità cristallina che ritrovo in amici e sodali – penso, ad esempio, all’ottimo Max Gobbo – andando così a costituire la trama e ordito di un gigantesco arazzo made in Italy. Tra le cose da superare, oltre alle diversità anagrafiche ci sono anche quelle che hai ricordato, di tipo ideologico. Bisogna spazzare il campo da certe risse da campanile – per non dire da pollaio – che sopravvivono solo da noi. Il fantastico di destra, il fantastico di sinistra… queste diatribe mi han sempre fatto accapponare la pelle. Credo che accostare i distinguo della nostra, tutto sommato, microscopica realtà storico-politico-nazionale alla meravigliosa diversità e al titanico potenziale visionario di questa forma espressiva sia un’operazione miserabile, oltreché folle. A prescindere da tutte queste distinzioni, «Dimensione Cosmica» vuol essere la casa di ogni appassionato entusiasta, indipendentemente da quel che sceglie nella cabina elettorale – cosa che, personalmente, nemmeno m’interessa. È un punto fermo che vorrei chiarire, anche a futura memoria.