Ernst Jünger: «Alle frontiere della storia» (1968-1979)
I brevi estratti che seguono sono estrapolati dai primi due volumi dei monumentali diari che Ernst Jünger tenette tra il 1965 e il 1996, pubblicati in tedesco da Klett-Cotta come Siebzig Verweht e tuttora inediti in italiano. Un vero e proprio Zibaldone che copre tre decenni, contenente sia riflessioni sull’attualità sia bozze di articoli, interventi in conferenze e saggi. Non mancano nemmeno resoconti dei numerosi viaggi che il Contemplatore Solitario compì nel secondo dopoguerra né lettere scritte ad amici e conoscenti (tra cui quella di Carl Schmitt qui riportata). I frammenti contenuti in questo terzo e ultimo blocco – che segue altri due, già pubblicati su questo blog, vale a dire Frammenti di un diario (1965-1968) e Dèi e Titani (1991-1994) – riflettono in qualche modo, nella loro eterogeneità, la personalità stessa del loro autore. Riprendendo il titolo di una sua celebre opera, alcuni sono lievi come foglie, altri pesanti come pietre; alcuni decifrano i geroglifici del reale, altri affondano nella carne viva della contemporaneità. I primi attingono a risorse arcaiche, al mondo del mito e delle origini, mentre i secondi demoliscono le miserie del presente – il suo, diverso e uguale dal nostro. Ad ogni modo, vi appare in tutta la sua forza Ernst Jünger, Giano bifronte fra tradizione e modernità, crocevia incarnato dei molteplici sentieri di quel labirinto che fu il Novecento, secolo che percorse dall’inizio alla fine (si spense nel 1998, a centotré anni), e di cui conobbe le luci come le ombre. [A.S.]
Roma, 22 aprile 1968
Discussione su uno degli effetti del Concilio: la soppressione di un buon numero di santi, molti dei quali noti e venerati(1). Per quale motivo? Perché non si può provare storicamente la loro esistenza. Ma che c’entra con il loro carisma? Viene da pensare, al contrario, che più qualcosa è sottratto al tempo e maggiore è il suo ascendente.
La capitolazione della Chiesa di fronte alla storia profana è ancora più vergognosa di quella innanzi alle scienze naturali, com’è accaduto da un altro punto di vista. Qui è la verità stessa a dipendere dai semplici fatti. Quando uno spirito, un essere umano o un animale ci permettono di attraversare il fiume del tempo, portandoci da una riva all’altra, è una grande vittoria, che non richiede conferme storiche. E se il ricordo di simili prodezze, le più grandi, si lega a un nome – San Cristoforo, ad esempio –, è addirittura meglio che la persona si perda tra le brume dei tempi. Siamo di fronte a un mito, con tutte le sue virtù, il cui rango sorpassa quello del singolo avvenimento. Circoscrive i fatti – addirittura, li crea.
Wilflingen, 30 novembre 1968
La fine del mondo ha luogo in ogni istante: quando un uomo muore, il mondo viene annullato, trascinando nella distruzione tutti gli altri uomini. Ogni luce impallidisce al momento della trasfigurazione; la somma, che include parenti e amici, è inghiottita nell’assoluto.
Wilflingen, 24 dicembre 1968
La notte di Natale, rispettando un’antica abitudine, ho portato una candela al cimitero. L’ho infilata nella neve, resa traslucida dalla luce. In cielo, le nubi oscuravano la luna livida, in quel momento attorniata dagli astronauti americani(2). Quando appoggio una candela su una tomba, l’effetto è pressoché nullo, ma il messaggio è incommensurabile. La candela brilla per conto dell’universo intero, confermandone il senso. Se quegli astronauti riusciranno a concludere il giro della Luna, l’effetto sarà considerevole, ma il senso generale ne uscirà sminuito.
Wilflingen, 14 marzo 1971
Il sogno non è solo una partita di scacchi giocata sulla scacchiera personale dello spirito. Quando sogniamo, ci è consentito gettare uno sguardo dietro alle quinte del mondo, dello spazio e del tempo. Durante queste investigazioni il corso degli eventi si altera, come se la bobina di un film andasse all’indietro o saltasse tutt’a un tratto al futuro. Cause ed effetti sembrano invertirsi in modo bizzarro.
Causa ed effetto sono concentrati nelle immagini. Restiamo in agguato, con un’energia di cui ciò che chiamiamo “presenza di spirito” non costituisce che un’ombra. Se nel corso della vita e dei suoi cammini fatali si spalancano scappatoie che ci salvano, il motivo va cercato in questi regioni dello spirito. Nei sogni troviamo il Sé, in tutta la sua sovrabbondanza; e questa scoperta ci lascia presentire che il nostro potere è molto più ampio di quanto crediamo.
Nel sogno traduciamo dall’originale. Ci è conferita la libertà del romanziere che, prendendo la penna, costretto dall’urgenza della creazione, non sa come andranno a finire le cose. La materia comincia a germinare; è compito dell’immaginazione partire da questo o quel punto – comunque andranno le cose, ne nascerà un ramo. La libertà dell’autore è più seducente del rigore e della maestranza. Durante il sogno, siamo tutti geniali. Diventiamo artisti – forse, qualcosa di più. L’opera d’arte ricorda il mondo onirico, ma solo nell’approccio – essa ci conduce nelle sue vicinanze.
Hammamet, 31 marzo 1972
La tendenza – o, meglio, l’aspirazione – del nostro tempo è la soppressione di ogni particolarità. Gli abiti da cerimonia, le decorazioni, i titoli, addirittura la prosa di valore: tutto passa per esibizione d’arroganza. Ci si potrebbe chiedere fino a che punto ciò non si traduca nell’erosione della divisione dei poteri – la democrazia sfocia nella monotonia.
Il crescente dinamismo esige e favorisce la disgregazione; essa, infatti, produce energia. Gli uomini si somigliano sempre più. Ciò conferisce un potere enorme all’individuo in cui ciascuno si riconosce, come se ne fosse un riflesso. Non si tratta affatto di figure paterne che moderano ed equilibrano, o concedono una grazia, quanto piuttosto di centri d’energia. L’esercizio del potere si commuta nel manovrare un timone – contrariamente alla massima di Thiers: «Il sovrano regna, non governa». Viene meno la resistenza che potrebbe opporre una società dalla struttura caratteristica. Da qui l’accrescersi delle occasioni di successo per quei poteri che, in virtù della loro natura, sono chiamati a strutturare le masse – l’esercito, il clero, i sindacati.
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Sui filosofi. Ne ho sentito uno di Tubinga, passabilmente famoso, dirmi: «Heidegger, ormai, non riscuote più successo tra gli studenti». La sola che mi ha colpito era che costui dava la colpa a Heidegger.
Wilflingen, 20 ottobre 1972
Mio caro Carl Schmitt(3),
Leonhard Fischer, che passa a trovarmi di tanto in tanto, mi ha parlato delle scocciature che le dà la sua corrispondenza. Anch’io ci ho pensato. Nei miei archivi sono contenute migliaia di lettere, alcune delle quali esplosive. A rassicurarmi è che ho qui con me, nella persona della mia compagna, un’amministratrice di cui posso fidarmi. È archivista di formazione e ha organizzato nel corso degli anni il deposito dei manoscritti delle edizioni Cotta. È riuscita a condurre la nave attraverso molti scogli, in particolare durante l’invasione di truppe straniere.
Lascio riposare queste scorte: quieta non movere. Nemmeno i curiosi mancano. È da sconsigliare la pubblicazione delle corrispondenze, quando gli autori sono vivi; post mortem, bisognerebbe poter contare su responsabili sicuri, nella misura del possibile. Per quanto riguarda il mio carteggio con Kubin, mi sono concesso un’eccezione, per ragioni del tutto particolari(4).
Sono felice di sapere che ha salvato la sua collezione di lettere. Lo deve, immagino, alla signora Douschka. Ho sacrificato al fuoco molti documenti, nel 1933 (Mühsam) e nel 1943 (Niekisch), cosa di cui mi dispiaccio. Tra le vittime delle fiamme c’era anche La lotta per il potere tra il Partito e l’esercito nella Francia occupata, un documento che avevo steso sotto l’ordine di Stülpnagel, utilizzando i fascicoli del Majestic. Una perdita considerevole(5). Le sue lettere sono tutte nelle collezioni che ho qui con me, sia quelle indirizzate a me, sia quelle per Gretha.
A spaventarmi nelle recenti assurde battaglie elettorali è che i partiti si somigliano sempre di più, a un livello che impedisce sempre più nettamente di rendere credibile ciò che li distingue l’uno dall’altro. Tutti vogliono “democrazia”, “stabilità” e “progresso” (elementi in sé contraddittori); tutti affermano di essere “di sinistra”, con infime sfumature. Questa uguaglianza riflette quella tra Oriente e Occidente; russi e americani si somigliano sempre più. Utilizzano le stesse ingiurie, con una predilezione particolare per “fascista”. Un solo colpo di spugna basta a pulire tutta la superficie. Presto sarà deserta.
Elkaduwa, 22 marzo 1973
Gli arabi, i portoghesi, gli olandesi, gli inglesi… Nessuno è riuscito a sradicare la magia da quest’isola(6) – forse ci riuscirà la tecnica.
Il monoteismo scredita la natura, e insieme il mondo del mito – dopo il serpente, saranno i monti, gli alberi e gli animali sacri a essere spogliati della potenza che racchiudono. Il rango attribuito al serpente non varia a seconda delle zone geografiche – giacché è identico in Islanda e in India, ma diverso nell’Egitto dei Faraoni e in quello dei giorni nostri – bensì in base alla visione, sia essa monoteista o politeista.
Essere o significare – il dibattito sulle Immagini si perpetua attraverso la storia. Alcuni tratti del paganesimo vengono perpetuati, come nel caso della Pietra nera della Kaaba a La Mecca. Si direbbe che la fisica torni sui propri passi e si avvicini a questo potenziale: ma il contrappeso è ancora assente. Le grandi immagini sono indistruttibili, benché spesso, come il Sole, siano coperte da nuvole. La morte dell’Agnello pone fine all’era dell’Ariete. Quando scompariranno i Pesci, si manifesteranno fenomeni di particolare orrore, un inquinamento mondiale. Ma la pietra della Kaaba potrà essere concepita in modo nuovo. Nel suo caso, si sarà trattato solo di un interregno.
Wilflingen, 2 gennaio 1974
Quando modelliamo l’invisibile, è come se intagliassimo una sfera di cristallo trasparente: ne nascono ghirigori simili a quelli del vetro che s’incrina. La sfera diviene visibile, ma, allo stesso tempo, opaca. Una fantasticheria, un’opera d’arte sono state realizzate, a discapito di altre innumerevoli possibilità. La scrittura proietta sulla carta l’ombra di cui parla Platone(7).
Ueberlingen, 18 luglio 1977
A proposito delle “irruzioni” nella storia. Queste possono costituire, come la caccia alle streghe e le incursioni magiche, anfratti in cui si entra solo malvolentieri. La logica è indispensabile allo storico, come filo conduttore, tanto per collocare gli uomini e le loro decisioni quanto per definire le istituzioni, soprattutto il diritto. Se questo filo d’Arianna viene reciso, il verdetto sul corso degli avvenimenti attraversa altre discipline. L’assenza di fonti non c’entra niente: ad esempio, sulla caccia alle streghe ne abbiamo in abbondanza. Si veda il Soldan-Heppe(8), tra gli altri (il libro mi era stato donato da mio padre; con ogni evidenza, lo infastidiva vederselo in biblioteca). Si può descrivere nei minimi dettagli una malattia mentale, ma ciò che accade nel segreto dell’Essere non cessa di rimanere avvolto nel mistero.
La storia può anche insabbiarsi, imbarbarirsi o balcanizzarsi: nel qual caso diviene sterile per lo studioso. La ripugnanza provata da Burckhardt nei confronti dei Turchi si fonda su questo dato. La volontà incontrollata è ostile alla storia. Ecco perché i dispotismi fuoriescono dal quadro storico – ma non le tirannidi, né le monarchie assolute.
Le “irruzioni” si verificano anche dove sono monaci o sacerdoti a esercitare il potere. La struttura della storia conosce pietrificazioni, sclerosi e cristallizzazioni. Il lamaismo – quello tibetano, in particolare – è difficile da classificare; né Bisanzio, a questo proposito, era affatto semplice. L’archeologia bizantina e gli Illuministi s’ignorarono reciprocamente, sino a sfiorare l’ostilità; naturale, al contrario, come l’intelletto “marginale” di Léon Bloy, che interpretava teologicamente la storia, si sentisse attratto da Bisanzio.
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Lo storiografo deve tracciare un solco tra quanto appartiene al tempo storico e quanto, invece, vi sfugge. Questo è il campo che dissoda. È possibile che sottoterra dimorino gli dèi, e ancora sotto i dèmoni. Possono regnarvi o influirvi i Titani, le belve o il magma; certo è che, se lo storico li lasciasse intervenire, essi ingarbuglierebbero lo sviluppo degli eventi. Già Erodoto cercò di eliminare l’atemporale; si guardava bene dal rivelare ciò che gli raccontarono i sacerdoti egiziani, che però considerava essenziale.
La frontiera tra storia sacra e storia profana non è più così netta; il sapere ha trionfato sulla fede. La scienza assume come oggetto ciò che ha ereditato dalla teologia: la fissazione dell’anno zero – dunque, il potere di creare il tempo stesso. La sua temporalità fa irruzione nei domini preistorici, biologici e astronomici; si serve delle comparazioni fisiche.
Questa concezione del tempo è squisitamente occidentale: una storia intesa come la casa che l’uomo ha riservato al proprio uso personale, escludendo gli dèi. Nel momento in cui se ne esce, ecco affluire la potenza – “fino alle stelle”(9). Al contempo, il titanismo dà i natali a fenomeni che i mezzi umani non riescono a classificare, né a dominare. Non esistono solo la fisica classica o la guerra classica, ma anche una morale classica, che è propria dello storico, specie quando si atteggia a giudice. Ma a chi la cederà?
Wilflingen, 14 agosto 1977
Nelle chiese, nei castelli, il tempo scorre più lentamente. Ecco ciò che lo placa, attenuandone l’ingordigia – e placa tutti gli uomini, poiché il tempo ci divora nella misura in cui siamo. E non accade solamente al miserabile, come credeva Léon Bloy. Quando un ateo entra in chiesa, questa pace s’impadronisce di lui, forse in misura maggiore di chiunque altro. Non avverte la presenza di Dio, ma l’assenza del tempo.
Wilflingen, 20 ottobre 1977
Caro Signor Aubry,
Riguardo alla questione del 13 ottobre: sono malauguratamente troppo impegnato per rispondere nei dettagli. La mobilitazione totale non è un fenomeno isolato. Oggi molti conflitti minacciano di scoppiare: nelle Indie, in Etiopia, in Vietnam o altrove. Ebbene, i diretti interessati si dimostrano fieramente capaci di operare la mobilitazione totale, quantomeno di proclamarla. È la forma in cui si espande o concentra il potenziale del Lavoratore. Ecco lo schema storico:
I. Monarca: Persona. Esercito permanente. Mercenari, reclute. Guerra diplomatica.
II. Borghese: Individuo. Leva obbligatoria. Mobilitazione generale. Guerra nazionale.
III. Lavoratore: Tipo. Servizio illimitato. Mobilitazione totale. Guerra civile su scala mondiale.
Sono tutte categorie a cui corrispondono differenze di armamento, strategia e ideologia(10).
Taormina, 21 settembre 1977
La presenza di un vulcano polarizza l’attenzione in un senso di cui non mi ero mi accorto. Questi fenomeni non sono cosmologici – come, ad esempio, un’eclissi di Sole o le fasi lunari – ma si ricollegano a scenari che la Terra ha in comune con i corpi celesti. Nei tempi lontani in cui tutti i vulcani erano in attività, l’aspetto del nostro pianeta doveva essere a un tempo sinistro e affascinante. D’altronde, la Terra era circondata da una spessa coltre nebulosa – nel Carbonifero, ad esempio – e il Sole e gli altri astri scomparivano alla vista, ma non i vulcani con le loro eruzioni. La Terra doveva sembrare molto più materna. Ciononostante, non è escluso che l’influsso degli astri fosse molto più sensibile.
Wilflingen, 25 novembre 1977
Si può concepire un Plutarco della storia naturale; lo spirito conservatore dovrebbe tornare a crescere, non solo al di fuori della storia, ma anche all’interno dell’evoluzione, aldiquà del tempo storico. Da un punto di vista astronomico, zoologico ed economico, l’irruzione dell’èra profana con tutte le sue cifre è una conseguenza della caduta degli dèi: una volta perduto il tempo sacro, a crescere è la prossimità della morte, insieme al terrore che l’accompagna.
Wilflingen, 12 luglio 1978
Due generazioni hanno vissuto Hitler: la prima l’ha seguito, la seconda ha utilizzato la sua sconfitta per farsi un nome. Gli uni hanno perseguitato i gialli e i neri, gli altri i bruni e i bianchi. Forse una terza generazione lo sfrutterà.
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Anche i nuovi Prometei verranno incatenati da un dio sul Caucaso – e la catena sarà forgiata con il loro stesso metallo.
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I tormenti subiti dai tedeschi per il loro passato. Un’aquila straziava il fegato di Prometeo. Ora a farlo è un avvoltoio divoratore di carogne. Sembra che anche le ricompense, come tutto il resto, vadano incontro alla decadenza.
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Così funziona il mondo: prima si tradisce la moglie con l’amante, poi l’amante con una prostituta, e così via. Un meccanismo che sembra ricordare le scatole cinesi: ognuna ne cela un’altra, più piccola. Alla fine, il vuoto: lo scontento di sé si è snudato del tutto.
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Ognuno è responsabile della propria immagine di una “Terra promessa”. Nessuno può farne a meno. A cambiare è solo la sua qualità.
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Sul disarmo totale. Anche i graffiti nei pisciatoi si fanno più mediocri.
Argos, 2 maggio 1979. L’aggressione della tecnica nei confronti dell’anima si articola con costanza, in un’erosione. Il numero dei dispositivi a motore cresce gradualmente. Quando, nel 1956, passai di qui con Seebohm, il nostro ministro delle Comunicazioni, gli dissi: «Ecco una bella strada». «È ciò che si dice di tutte le strade senza traffico» fu la sua replica. Ora le auto sono talmente numerose che a malapena s’intravede l’asfalto. Accadde lo stesso nella Prima guerra mondiale, con i pezzi d’artiglieria. Il fuoco non faceva che crescere, fino alla concentrazione massiccia. «L’uomo è più forte dei materiali»: questa era, allora, la nostra divisa. Un motto che, malauguratamente, fu incapace di resistere alla potenza del fuoco. A seguire, continue irruzioni del pericolo. L’erosione ha compiuto lentamente la sua opera: il soffitto è crollato. Tale fu l’impressione quando ricevetti la notizia di Hiroshima: a essere distrutta non era solamente una città, ma un mondo intero. Passai una settimana frastornato, vagando come un’anima in pena. Lo stesso abbattimento che ho provato di recente, occupandomi delle partite di scacchi giocate dai computer. Con ogni evidenza, pare che nemmeno un campione possa vincere. Fine del mondo sotto forma di un gioco: un limite nel corso dell’evoluzione. O è forse una nuova partita quella che sta cominciando?
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Nel vuoto dei corpi celesti è la morte a regnare – almeno, per quanto riguarda il nostro sistema solare. Se ciò accade, è senza ombra di dubbio perché vi siamo atterrati. Importiamo la morte. Probabilmente ci vivono esseri invisibili ai nostri occhi. E poi, la vita dei pianeti, soprattutto del Sole. I pianeti sono più che dèi, benché battezzati con i loro nomi. Gli uomini non avrebbero potuto immaginare nulla di più elevato. È dal Sole, il quale genera e riassorbe gli dèi, che la Terra ha ereditato questo potere. Lo sbocciare dei fiori – una preghiera al Sole, che ogni giorno si rinnova e viene sempre esaudita, senza interruzione.
Wilflingen, 18 settembre 1979
Sui pessimisti – Schopenhauer, Cardan, Cioran. È necessario sapersi comportare di fronte al proprio pessimismo. Bisognerebbe coprirlo d’attenzioni, come si fa con il vino, in cantina, ove si discende di tanto in tanto, quando si è furiosi contro Dio e il mondo. Ma il vino deve stagionare; aggiungervi dell’ottimismo equivarrebbe a farne del vinaccio. Il mondo è imperfetto – quest’idea è consolante, persino nella prospettiva cristiana, non fosse altro per il fatto che quest’ultima si fonda sulla concezione di ciò che è perfetto.
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L’egemonia del dio unico può essere vista come un interregno in seno al politeismo. Gli dèi, compreso il potente Zeus, sono immanenti, mentre il dio unico è trascendente. Da confrontare: Ariete e Acquario. La natura, un tempo, era colma di anime, fino alle driadi e alle ninfe, ed era indagata solo sotto questo aspetto. Un mondo di forme spiritualizzate potrebbe esserne la diretta conseguenza. Ma queste forme saranno concepite come dèi? E verranno, come già accadde agli dèi dell’Olimpo, precedute da un’èra di Titani – per esempio, nella forma di un affinamento delle facoltà psichiche? Raggiungeremo frontiere in cui tali dimensioni saranno così convincenti che il sapere cederà il passo alla venerazione.
Note
- Il riferimento è ovviamente al Concilio Vaticano Secondo, tenutosi tra il 1962 e il 1965.
- Jünger allude alla navicella Apollo 8, che nel 1968 orbitò attorno alla Luna con a bordo tre astronauti.
- La corrispondenza tra i due esponenti della Rivoluzione Conservatrice è contenuta in Ernst Jünger, Carl Schmitt, Briefwechsel, Klett-Cotta, Stuttgart 2012. Sul loro rapporto cfr. Luigi Iannone, Jünger, Schmitt. Dialogo sulla modernità, Rubbettino, Soveria Mannelli 2009.
- Cfr. Ernst Jünger, Alfred Kubin, Eine Begegnung, Verlag Ullstein, Propyläen 1975. Sull’autore di Die andere Seite si veda anche il saggio jüngeriano I demoni della polvere, in Ernst Jünger, Foglie e pietre, Adelphi, Milano 1997.
- Sull’argomento cfr. Ernst Jünger, Sulla questione degli ostaggi, Guanda, Parma 2012; Heimo Schwilk, Ernst Jünger. Una vita lunga un secolo, Effatà, Cantalupa 2013, cap. 16.
- Si parla dello Sri Lanka, una tra le mete dei viaggi compiuti da Jünger nel secondo dopoguerra.
- Riferimento al celebre mito platonico della caverna, contenuto nel settimo Libro de La Repubblica.
- Si tratta dell’opera di Wilhelm Gottlieb Soldan Geschichte der Hexenprozesse, dedicata ai processi alle streghe e pubblicata in due volumi nel 1843. Nel 1879, il figlio adottivo dello studioso, Heinrich Heppe, rimise mano al testo, che fu ripubblicato a firma di entrambi nel 1911.
- La fine della storia “lineare”, giudaico-cristiana, e il ritorno delle potenze mitiche in seno al mondo moderno sono alcune tra le idee che caratterizzano il pensiero jüngeriano a partire dagli anni Cinquanta. Si veda, in particolare, il trattato di metafisica della storia Al muro del tempo, del 1959 (ultima ed. it.: Adelphi, Milano 2000).
- Queste, in sintesi, sono le idee sviluppate da Jünger in quella che è la sua opera più famosa, Der Arbeiter, del 1932 (ultima ed. it.: L’operaio, Guanda, Parma 2000).