La rivincita delle “ragazzette”
La rivincita delle “ragazzette”
Sono giovani, agguerrite, hanno appeal e carattere, sono i volti nuovi che hanno vinto e convinto a Roma e Torino: le grilline Virginia Raggi e Chiara Appendino. Ma anche la 29 enne Susanna Ceccardi di Cascina, paesone di 45.000 abitanti alle porte di Pisa, feudo rosso da 70 anni, al cui avversario candidato a sindaco del Pd si deve l’infelice epiteto “ragazzetta”. Alle due esponenti del MoVimento 5 Stelle l’onore e l’onere di amministrare due grandi e importanti realtà e per l’avvocato Raggi l’impresa è davvero storica, la prima donna sindaco e la più giovane in assoluto chiamata ad amministrare la Capitale.
Cosa accomuna le tre neo elette? Essere donna e avere un aspetto gradevole? Indubbiamente l’effetto freschezza e novità ha avuto il suo peso, ma sono anche accomunate da un dato ben più spiacevole, vale a dire l’atteggiamento di sufficienza con cui sono state trattate dai rispettivi avversari – maschi – durante una campagna elettorale a suon di colpi bassi e soliti cliché di stampo “vagamente” maschilista.
In principio è stata Giorgia Meloni a sentirsi consigliare, poco elegantemente, di ritirarsi dalla competizione elettorale per godersi la gravidanza. E la gaffe è costata a Bertolaso un ulteriore inasprimento dei rapporti fra Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega, già di per sé tesi. E sappiamo come andata.
La Raggi stessa, sommersa da una valanga di consensi dai cittadini romani, più che sul piano dei contenuti, bollati genericamente come “vuoti” è stata più che altro attaccata per i suoi trascorsi da praticante nello studio Previti e per la sua vita privata. Su cui, ciliegina sulla torta, non ha mancato di speculare lo stesso (ex) marito con una missiva pubblicata con tempismo perfetto sul suo blog. Un mix fra una sorta di rivendicazione di “paternità politica” del percorso intrapreso dalla grillina e una malcelata supplica di non essere scaricato nel momento in cui ci sarebbe stato da godersi l’agognata vittoria.
La solita storia, non ci può essere una donna vincente senza una presenza maschile alle spalle: «Sono 21 anni che ti conosco – scrive Andrea Severini – ora per noi è un momento difficile è inutile nasconderlo, ma io sarò sempre accanto a te. Cercherò di proteggerti il più possibile anche da lontan». Perché mai, di grazia, Virginia dovrebbe aver bisogno di protezione? Ne avrebbe avuto bisogno se fosse stata uomo? No.
Come non ne ha certo bisogno la vera sorpresa di queste comunali, la 32 enne Chiara Appendino, laureata in Economia alla Bocconi, imprenditrice e neo mamma, che ha strappato Torino all’uscente Piero Fassino. La ragazza dall’aria borghese, una grillina sui generis che il big del Partito Democratico trovava “insopportabile”. E che era solito appellare nei confronti tv “La donna del No”, con aria decisamente sprezzante. Poco male se confrontato con il già citato “la ragazzetta” rivolto in ogni occasione alla leghista Susanna Ceccardi dal sindaco uscente, Alessio Antonelli, cresciuto nella filiera Pci-Pds-Ds-Pd, vicino alle posizioni del governatore toscano EnricoRossi.
Ceccardi, che il leader del Carroccio Matteo Salvini chiama “leonessa”, è riuscita nel miracolo di diventare il primo sindaco leghista in Toscana e primo sindaco donna in un comune dove non aveva mai vinto una forza politica diversa dalla sinistra nella storia repubblicana.
Non ha conquistato Bologna l’altra donna forte della Lega, Lucia Borgonzoni, 40 anni, che il riconfermato Merola del Pd, non ha mai fatto mistero di considerare “razzista”, ma il suo 45,3% è un risultato di tutto rispetto.
A dimostrazione che laddove c’ è stato un ricambio generazionale e la proposta di volti nuovi non compromessi con precedenti gestioni, fallimentari o meno, della cosa pubblica, i risultati sono arrivati. Dalle donne. Non “ragazze”, come spesso vengono definite dal media o “ragazzette”. Un conto è usare il termine “giovani”, per sottolineare il ricambio generazionale in politica , l’altro è solo un modo ambiguo per screditarle, far passare il messaggio che sono state messe lì per il bel faccino, “ragazze immagine” appunto.
Non c’entrano nulla il femminismo o le quota rosa – chi scrive trova deleterie entrambe le cose – quanto piuttosto il peccato di superbia che gli antichi Greci chiamavano “hybris”. Gli dei non amano gli uomini che si macchiano di hybris e prima o poi li colpiscono con la nemesis, la vendetta.
Non prenderne atto dopo uno schiaffo del genere, non trarne le conseguenze, significa ignorare ancora con la solita arroganza, il giudizio inequivocabile espresso dagli elettori: denigrare le avversarie in quanto donne e non sulle capacità e su temi concreti è davvero fuori luogo e fuori tempo.