Il grande imbroglio delle femministe 2.0
In questo week abbiamo assistito ad un rigurgito post femminista di cui francamente non sentivamo né il bisogno né la mancanza. Soprattutto non avevamo nostalgia di slogan stantii e privi di significato come quello delle manifestazioni organizzate in tutto il Paese oggi, 30 settembre, dalla Cgil: “Riprendiamoci la libertà!” contro la violenza sulle donne. Le manifestanti sono state invitate a scendere in piazza con un un indumento rosso e un libro, a simboleggiare la necessità di «trovare le parole corrette per parlare delle donne, perché solo attraverso un cambiamento culturale si può riuscire a contrastare la violenza di genere». Così il comunicato della leader sindacale Susanna Camusso, in piena sintonia con il neo linguaggio boldriniano , in un tripudio di avvocata, presidenta, assessora. Giusto, la neolingua ci salverà.
In grande fermento anche le femministe che fanno capo a NonUnadiMeno che giovedì 28 ha organizzato in ben trenta città italiane manifestazioni, sit in e cortei in occasione della “Giornata mondiale in difesa dell’aborto libero, sicuro, gratuito”.
Ovviamente, non potevano mancare i soliti slogan anti-maschio, di forte contrapposizione («Se questa è guerra contro le donne, noi risponderemo. Ve la siete cercata!») e il solito armamentario ideologico pro teorie “gender fluid” e pro immigrazionismo («sui nostri corpi e della nostra vita decidiamo solo noi, donne, trans, queer, migranti e native»). Le contraddizioni delle neo femministe sono talmente tante che ci vorrebbe un libro per elencarle – presto in allegato a Il Giornale troverete il mio pamphlet in merito – , in questa sede mi preme sottolineare quello che a mio giudizio è uno dei più grandi bluff di queste signore molto ideologizzate/ politicizzate e poco coerenti: la questione del genere.
Facciamo un passo indietro. Marina Boscaino, insegnante di italiano e latino in un liceo classico di Roma, ci fa sapere dal suo blog sul Fatto Quotidiano che il bus arancione che in questi giorni sta girando l’Italia per ribadire – la cosa assurda è che vada ribadito! – che “I bambini sono maschi e le bambine sono femmine. La natura non si sceglie. Stop gender nelle scuole” sarebbe una provocazione “omofobica”.
Ora, con tutta la buona volontà, io non vedo nessuna provocazione: fra un po’ non saremo più liberi di dire che il cielo è blu, l’erba è verde e la neve è bianca. Si avvera la profezia di Chesterton: “Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”. La follia di queste menti turbate arriva a negare lo stato naturale delle cose e pretende di etichettare come omofobo, razzista, fascista e compagnia bella (ormai gli epiteti son ben noti) chi osa sottolineare l’ovvio. Cosa c’entra il fascismo? Nulla ovviamente, ma è Boscaino a tirarlo in ballo nel suo pezzo: «Questa l’ultima offensiva (il bus, ndr) sferrata in un clima di caccia alle streghe, oscurantista e di stampo neofascista che integra l’avversione all’equiparazione di ogni forma di unione alla famiglia tradizionale contro la cosiddetta teoria gender».
Peraltro l’insegnante Boscaino pecca di colpevole ignoranza: il termine “omofobia” è usato a sproposito in quanto il gender è figlio della cultura femminista, non è un prodotto del movimento Lgbt. Chiariamo una volta per tutte: gender vuol dire genere ed è una parola che nulla a che vedere con i gay, essendo l’omosessualità un orientamento sessuale e non un genere. In parole povere: un gay non cessa di essere maschio e una lesbica non cessa di essere femmina e anche chi “transita” da maschio a femmina o viceversa, comunque “approda” ad un genere che è maschio o femmina. Infatti, nella letteratura scientifica si distingue fra gender studies (che studiano il genere) e i sexuality studies (che studiano gli orientamenti sessuali e la sessualità).
Il termine genere viene utilizzato dalle femministe storiche come concetto, per liberare le donne dalla presunta oppressione maschile: per mettere dunque in contrappozione il genere maschile con quello femminile. Le neo femministe oggi sono invece portavoce della teoria del genere “fluido”, cioè del superamento del genere maschile / femminile. Ma come, non dovrebbero essere le femministe le paladine del genere femminile? Che fanno, negano la loro stessa esistenza? Le teorie del gender questo auspicano: una nuova era post-umana in cui maschile e femminile si confondono e si annullano. Evidentemente le femministe, specialmente quelle di NonUnadiMeno che sono sostenute dai movimenti Lgbt, non lo hanno capito. O più realisticamente lo hanno capito ma va bene così. Tutto fa brodo, tutto fa numero e soprattutto tutto fa finanziamenti.
P.s. Approfitto di questa sede, concedetemelo, per denunciare che in questi giorni la “democratica” censura di Facebook si è abbattuta sulla pagina https://m.facebook.com/Cara-sei-femminista-1310877172333362/ che annovera più di 11mila iscritti.
Chi sarà stata? Davvero sono queste le paladine della libertà? Con quale diritto si arrogano la facoltà di parlare a nome delle donne? Finché ne avrò la possibilità io mi batterò affinché tutte le voci possano avere spazio.