Si è appena chiuso un 2016 con il segno positivo per i metalli preziosi ed in particolare per le mining shares nonostante la pressione in vendita dell’ultimo trimestre.
Alcune miniere durante il primi tre trimestri sono salite anche del 600%/700% e la maggior parte del 200%/300% , prima di perdere circa la metà del rialzo.
Ciò conferma che la manipolazione inizia a faticare nel controllare la volatilità dei prezzi del settore.
D’altronde i temi per aumentare l’allocazione del risparmio mondiale su Oro, Argento e mining sono sempre più evidenti.
Pensate che la Presidenza Obama conclude il suo mandato con un debito pubblico raddoppiato.
Ci sono voluti 232 anni per accumulare 10 trilioni di dollari di debito in America e Obama&Co ci hanno messo solo 8 anni per farne altri 10.
Non era facile ed è solo grazie alla quantità di debito e quindi di moneta immessa nel sistema che gli indici azionari USA sono ai massimi storici.
Inoltre, la politica fiscale annunciata da Trump (Corporate Tax al 15% dal 35%) e la politica di tassi di interesse in rialzo avviata dalla Fed non potrà che accelerare la crescita del debito pubblico ed infatti si prevede che ci vorranno solamente altri 5/6 anni per fare altri 10 trilioni e raggiungere così i 30 trilioni di dollari di debito pubblico.
In ogni modo mai l’America avrebbero potuto ripagare i 20 di trilioni di USD se non inflazionandoli e quindi diminuendone drasticamente il potere di acquisto, perciò non può stupire che il governo americano stia per avviare politiche di “deficit spending” disinteressandosi degli impatti sul dollaro e su chi detiene il debito USA.
Anche la situazione delle Banche tende ad aggravarsi e, pur essendo stata ritardata la crisi terminale della Deutsche Bank, questa volta al centro dell’attenzione sono finite le banche italiane schiacciate da 360 miliardi di euro di crediti inesigibili (non performing). La nazionalizzazione di molte delle nostre banche sembra essere lo scenario più probabile è di fatto già avviato, tuttavia ciò che appare poco comprensibile è come mai gli stati abbiano dato in gestione l’emissione della moneta ad istituti di credito privati, senza né un congruo corrispettivo e senza né prevedere adeguate garanzie per evitare di trovarsi in situazioni come quella attuale.
Sono cose note ma che vale la pena ricordare: abbiamo privatizzato gli utili di chi ha ricevuto (senza bando di gara……) il compito di governare la moneta ma all’occorrenza le perdite le nazionalizziamo.
D’altronde le stesse banche centrali sono da diverso tempo assimilabili a degli Hedge Funds proprio a causa delle dimensioni delle attività presenti in bilancio.
Magari prima o poi dovremmo salvare anche loro e a quel punto forse potremmo riportare sotto il controllo pubblico la sovranità monetaria e quindi la gestione di uno di quei beni – la moneta – che più di altri dovrebbero appartenere alla collettività.
Si tratta di una ipotesi non concretizzabile poiché difficilmente gli stati potranno liberarsi dalla zavorra di questo debito “imposto”.
Tornando alla banche centrali, si era già parlato della Bank of Japan e del suo ruolo di primo azionista della maggior parte delle aziende quotate alla borsa giapponese, oltre a quello di finanziatore unico delle nuovi emissioni di titoli governativi.
Tant’è  che sono in diversi a sostenere che il prossimo caso di iperinflazione di uno dei paesi del G7 interesserà proprio lo Yen.
Vale la pena analizzare anche la situazione della banca centrale Svizzera (SNB), la cui moneta continua ad attirare capitali proprio perché il paese e’ da sempre considerato un porto sicuro.
Ebbene le attività totali della SNB presenti in bilancio superano il GDP annuale della Svizzera. Neppure il Giappone è arrivato a tanto pur essendoci molto vicino.
Il 75% delle sue riserve è investito in valute estere e quindi una svalutazione dell’euro o del dollaro metterebbe in fortissima difficoltà la SNB. Oltretutto le banche svizzere (quali UBS, Credit Suisse, etc.) hanno delle dimensioni tali rispetto all’economia Svizzera  (oltre 5 volte il GDP) che mai e poi mai potranno essere nazionalizzate in caso di necessità. Sono realmente “too big to be saved”.
L’esempio della Svizzera è emblematico poiché mostra come anche il paese da sempre considerato tra i più sicuri in realtà non lo sia più e ormai possiamo assimilarlo a tutti gli altri. In crisi e’ il sistema monetario mondiale con i suoi 240 miliardi di dollari di debito e il reset non potrà essere posticipato ancora per molto se si vorranno evitare fenomeni iperinflattivi e realizzare una transizione ordinata alle nuove regole monetarie ancora da  concordare/negoziare.
Concluderei con due storie particolarmente interessanti, raccontate da fonti autorevoli, che forse avrete letto ma che credo valga la pena commentare.
La prima riguarda l’Oro della Germania. Il lento rimpatrio prosegue ed ha portato la Bundesbank a detenere alla fine di quest’anno il 47% dell’Oro dei tedeschi sul proprio territorio. Tuttavia lo scorso 21 dicembre il Der Spiegel ha riportato in un suo articolo una dichiarazione dell’agenzia pubblica tedesca DPA-AFX che sostiene che le riserve di Oro della Germania depositate presso la Federal Reserve sono formate da un credito in Oro e non da un deposito di Oro fisico. A questo punto aggiungerei che abbiamo la quasi certezza che le riserve di Oro dei tedeschi all’estero non ci sono più!
La seconda è una dichiarazioni di Ted Butler, considerato l’analista con più esperienza nel mercato del Silver (pubblica analisi sull’Argento da oltre 20 anni).
Ebbene quello che Butler sostiene è che la manipolazione del Silver sta per concludersi. Dalle sue evidenze la banca JPM negli ultimi anni, mentre manteneva i prezzi particolarmente bassi partecipando alla grande manipolazione del paper Silver, ha accumulato la più grande posizione “long” della storia sull’Argento.
Butler stima in almeno 500 milioni le once detenute da JMP. Inoltre, a suo avviso, non sembra che la banca stia accumulando altro argento mentre ci sono segnali che stia  cercando di uscire dallo short sul paper silver. Quindi Butler ritiene che avere JPM dalla parte dei long è chiaramente un segnale estremamente positivo e che il prezzo del Silver dovrebbe iniziare a salire velocemente già nel 2017.
Concluderei con una breve considerazione sull’inflazione.
La salita dei prezzi sta accelerando a livello globale ed anche in Europa nel mese di novembre i prezzi sono aumentati dello 0,6% portando il dato annuale all’1,1%.
Se a Dicembre si confermerà una crescita mensile di tale entità vorrebbe dire che l’inflation target del 2% della BCE sarebbe quasi raggiunto e quindi la Banca Centrale dovrà probabilmente riconsiderare l’entità e la durata del Quantitative Easing annunciato.
In ogni modo, la doppia bolla ancora presente nei mercati – rendimenti reali negati sui Bond e rapporto prezzo utili in America sopra il 50% rispetto alla media storica – renderà, nell’attuale scenario inflativo, veramente complesso proteggere il valore del risparmio senza una porzione significativa dell’asset allocation sull’Oro e sull’Argento.