Trump cambia idea su Assad
Non ha usato mezzi termini Donald Trump: gli “atti odiosi” commessi dal regime Bashar Assad “sono un affronto all’umanità e non potranno più essere tollerati”. Lo ha detto in una conferenza stampa al termine dell’incontro con il re giordano, Abdullah, riferendosi dell’attacco con il gas nella città di Khan Sheikhun, controllata dai ribelli che si oppongono ad Assad. E non è finita: su Assad, prosegue Trump, “il mio atteggiamento è molto cambiato”.
Quando gli hanno chiesto se gli ultimi accadimenti potrebbero cambiare la posizione degli Usa sul presidente siriano (“la rimozione di Assad non è una priorità”, ha detto la settimana scorsa l’ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite, Nikki Haley) Trump non si è sbilanciato, limitandosi a rispondere con un generico “vedremo”. Assad, com’è noto, è sostenuto con forza da Russia e Iran. E nonostante la forte irritazione degli Usa il portavoce della Casa Bianca, pur attribuendo ad Assad la responsabilità dell’uso dei gas, ha escluso “un cambio di regime”.
La priorità ora resta la lotta senza quartiere contro i tagliagole dell’Isis. Trump ha promesso che “distruggerà” il gruppo jihadista dello Stato islamico e “proteggerà la civiltà”. “Non abbiamo scelta”. Ha poi ringraziato la Giordania, che fa parte della coalizione militare a guida Usa che combatte l’Isis in Iraq e la Siria, per l’impegno nell’affrontare “una delle più gravi minacce” che il Medio Oriente e il mondo abbia avuto in molti anni. E si è detto “profondamente impegnato” per preservare il rapporto tra Washington e Amman, con l’obiettivo di sconfiggere l’ideologia che ispira lo Stato islamico e “affligge il nostro pianeta”.
Cambio di rotta con la Russia?
Qualcuno ipotizza che possa esservi un cambio di rotta nei rapporti con Mosca. A partire dal fatto che non saranno più tollerate certe libertà che si è preso Assad, “andato ben oltre la linea rossa”. Prima dell’attacco con le armi chimiche l’amministrazione Usa aveva ripetuto di voler risolvere la crisi siriana senza intervenire militarmente, con l’aiuto della Russia e senza puntare all’uscita di scena del dittatore. Ora le cose potrebbero cambiare, con le due super potenze, Stati Uniti e Russia, su fronti opposti in Siria. “Se il mondo cambia – ha detto Trump – io non resto dove sono. Io cambio e sono orgoglioso di essere flessibile. Quello che è successo è inaccettabile per me. Non dico che farò questo o quello. Quello che farò lo vedrete”.
Da Mosca arriva l’invito alla calma. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, raccomanda a tutti un approccio equilibrato agli eventi avvenuti martedì in Siria, nella provincia di Idlib, per evitare conclusioni affrettate. Ma al contempo aggiunge che le differenze sulla Siria difficilmente potranno influenzare le attuali relazioni fra Russia e Stati Uniti.
Gli Usa valutano l’opzione militare
A dare per prima la notizia è la Cnn. Il presidente degli Stati Uniti starebbe prendendo in considerazione anche l’ipotesi di un’azione militare in Siria, come rappresaglia per l’attacco chimico di due giorni fa. Trump, che lo avrebbe confidato ad alcuni membri del Congresso, non sarebbe ancora pienamente deciso a procedere con un’azione militare, ma ne starebbe discutendo con il segretario alla Difesa, James Mattis. Il Pentagono ha presentato alla Casa Bianca i piani per un eventuale intervento militare, che ovviamente potrebbe innescare un confronto militare anche con i russi, che dal 30 settembre 2015 combattono al fianco delle forze di Damasco.
Tutte le opzioni di intervento militare Usa debbono tenere presente un elemento chiave: la Russia ha il controllo totale dei cieli siriani. Le batterie di sistemi missilistici S-300 e S-400 russe installate nella base aerea di Hmeimim, vicino Latakia, e nel porto di Tartus, sono in grado di abbattere quasi tutti gli aerei. Washington rischierebbe molto meno se decidesse di colpire singoli obiettivi con missili da crociera come il Tomahawk, che ha una gittata da 2.500 km, da navi o sottomarini a largo delle coste siriane nel Mediterraneo, o ancor più da lontano dal Golfo Persico.
Gli Stati Uniti di fronte all’attacco con agenti chimici in Siria stanno valutando “una risposta appropriata. E’ una questione seria e richiede una risposta seria”, ha detto il segretario di Stato americano, Rex Tillerson, che ha accolto il presidente cinese Xi Jinping in Florida, in occasione del summit con il presidente Trump a Mar a Lago. Tillerson ha ribadito che “non c’è alcun dubbio” sulla responsabilità del regime di Assad nella strage. “Il ruolo futuro di Assad è incerto – hadetto Tillerson – con le azioni che ha intrapreso sembra che non possa esserci alcun ruolo per lui nel governare il popolo siriano”. Ma per l’uscita di scena di Assad, secondo il capo della diplomazia Usa, “occorre un impegno della comunicà internazionale. Prima per sconfiggere Isis in Siria – ha precisato – e poi per arrivare al critico processo che porterà all’uscita di scena di Assad”. Tillerson ha dunque indicato che sono già stati avviati “passi” in questa direzione e ha rilanciato l’appello a Mosca, grande alleata di Assad, affinché “consideri attentamente il sostegno che continua a fornire al regime”. Insomma, l’America vuole togliere di mezzo Assad, ma per farlo vuol convincere la Russia che è la cosa migliore per tutti.