La UE non ci tutela, e intanto noi paghiamo!
Dai documenti di Bankitalia , uno dei dati che emerge è che il contributo italiano per salvare altri paesi e le loro banche è arrivato a 60 miliardi di euro (Mes , Salvastati etc). Tanto per dare una idea ai lettori è 15 volte l’ Imu prima casa di 4 miliardi dei quali si è discusso per un anno negli scorsi governi. Sappiamo anche che “ l’ Italia è troppo grossa per essere salvata” , come disse il direttore della BCE Asmussen . Ma se uno strumento non può essere usato per Italia , perché gli italiani dovrebbero pagare? Abbiamo appreso come funziona questa UE , in occasione della crisi greca , dove gli egoismi hanno vinto sulla condivisione dei problemi , e dove si è pensato a tutelare solo i creditori (leggasi banche Tedesche e Francesi) a scapito dei cittadini. Creditori che tra l’ altro avevano già riscosso un interesse per correre il rischio . La stessa visione egoistica è applicata in tutte le decisioni UE. Gli interessi della Germania prevalgono quasi sempre. Dopo anni di slogan per i quali Berlusconi, Monti , Letta ed ora Renzi avrebbero dovuto ottenere non si sa cosa andando a “sbattere i pugni sul tavolo” sarebbe ora di chiedersi cosa ci stiamo ancora a fare in questa UE. Purtroppo se lo chiedono in pochi e il mantra “senza UE non si può stare” prevale su quasi tutti gli organi di informazione. Non sembrano pensarla così in Inghilterra unica voce davvero fuori dal coro. Se sommiamo i 60 MLD a tutti i fondi UE non utilizzati dalle Regioni la cifra aumenta. E ricordiamoci che i fondi UE delle Regioni sono sempre soldi Italiani che ritornano indietro (dedotte le spese), visto che il nostro paese è contribuente netto (paga di più di quanto riceve). Mesi fa Eurispes, ha comunicato i risultati di un un’analisi sull’impiego dei fondi europei. “Dei circa 28 miliardi di euro stanziati dalla Ue, la spesa certificata operata dall’Italia e dai suoi enti locali ammonta a 13,5 miliardi”, si legge nello studio. “Il che significa che circa 14,5 miliardi non sono ancora stati utilizzati”. Trascorso il 31 dicembre 2015, se i fondi impegnati non saranno spesi, l’Italia dovrà rinunciare a questa somma, che è pari all’1% del prodotto interno lordo. Le colpe del mancato utilizzo di questi fondi sono in parte delle Regioni, ma in parte anche del fatto che spesso questi bandi sono complicati, inadatti alle piccolissime aziende o da difetti di comunicazione e informazione. Ad ogni modo questa potrebbe essere un’ altra remissione per i cittadini italiani. Non sarebbe allora meglio averli a disposizione senza tutte le regole UE e distribuirli magari male ma distribuirli? Alcuni poi non sono fondi regionali ma gestiti direttamente da Bruxelles. Prendo l’ esempio del cinema : per accedere ai fondi europei bisogna avere coproduzione in tre paesi come minimo. Ora capite bene che per Paesi che producono films in lingua inglese sia più facile trovare coproduttori , per paesi come Italia ( ma anche Spagna o Grecia), dove il pubblico non è abituato a vedere films con sottotitoli , gli attori raramente parlano inglese come madre lingua e vi è una tradizione di commedie all’ Italiana intraducibili in lingua inglese, le possibilità di entrare in coproduzioni diminuiscono sensibilmente. Questo è solo un esempio per far comprendere quanto le particolarità di alcuni paesi pesino. Nel suo desiderio frenetico di “omogeneizzare” e “standardizzare” gli Stati e i cittadini, la Ue calpesta le differenze italiane e di altri. E gli italiani sono stati da sempre “ geni e sregolatezza” e certo non “standardizzabili” come altri popoli del Nord. La Ue in sintesi ci costa molto, nonostante quello che sostiene il prof. Boldrin, ci restituisce poco e ci impone troppe regole alle quali non rpossiamo abituarci per natura e formazione. Ci vorranno generazioni perché in Italia si parli inglese come in Svezia o Danimarca. E intanto noi paghiamo !!