Questo ultimo aggiornamento del 2017 diventa difficile non dedicarlo alle criptomonete, salite prepotentemente sugli scudi proprio nell’anno in corso.
Pensate che il valore delle criptomonete in circolazione, che era di circa 16 miliardi di dollari ad inizio 2017, è diventato alla fine dell’anno di circa 610 miliardi di dollari e le prime 3 monete virtuali (Bitcoin, Ethereum e Ripple) valgono 2/3 (380 miliardi di $) della capitalizzazione di questo “mercato”.
Numeri importanti con rialzi impressionanti realizzati negli ultimi 12 mesi:
Etheurum + 9000% (il prezzo è 90 volte più alto dell’inizio 2017), Ripple + 4400%, Btcoin + 2000%. Le criptomonete in circolazione sono circa 1350 e i rialzi che si stanno susseguendo ricordano molto quelli della bolla tecnologica del 2000, quando bastava lanciare un portale per far guadagnare centinaia di milioni di dollari di capitalizzazione di mercato alla società coinvolta.
Nella storia mai si erano registrati rialzi così violenti, in un arco temporale tanto ravvicinato, e le criptomonete hanno superato quella che nei libri di storia economica e finanziaria era ricordata come la bolla delle bolle: eravamo nel 1637 e la mania colpi i bulbi dei tulipani.
Con l’euforia ancora fuori controllo si assiste quasi ogni giorno al lancio di nuove monete virtuali.
Bisogna tenere presente che le criptomonete (almeno per ora) non hanno nulla di tangibile dietro e sono nate con il principale obbiettivo di fungere da sistema di pagamento elettronico alternativo e decentralizzato (peer to peer), che è stato possibile avviare grazie all’introduzione della nuova tecnologia blockchain.
Quindi costituiscono un possibile mezzo di pagamento, anonimo, gestito fuori dal sistema bancario e apparentemente più economico rispetto a quello tradizionale.
C’è da dire che in media per ogni transazione sono necessari 10 minuti di tempo per la certificazione/autorizzazione della stessa ed inoltre i consumi di energia da parte dei cosiddetti “miners” (cioè di coloro che verificano la correttezza delle transazioni) rendono il sistema particolarmente vulnerabile.
Costi di energia alti e tempi autorizzativi lunghi, a mio avviso, non consentiranno uno sviluppo su scala mondiale, di questo sistema dei pagamenti. Chi aspetterebbe 10 minuti per completare una transazione in un negozio, in un ristorante od in un supermercato?
Peraltro ci sono altre tecnologie (hashgraph ad esempio) che sembrano presentare caratteristiche migliori, in quanto a consumi di energia e quindi ai costi di funzionamento, per cui non è facile comprendere oggi chi tra le monete cripto potrebbe affermarsi come sistema alternativo dei pagamenti.
Certamente però, un problema in più per i gestori della moneta ci sarebbe se l’utilizzo di questo sistema di scambi dovesse ampliarsi – magari con una moneta virtuale garantita da Oro, che in tal caso andrebbe a ripristinare, su scala più piccola, un Gold standard gestito peer to peer (un sogno ovviamente ma che a questo punto appare realizzabile).
Forse è anche per tale motivo se la prima pagina del giornale gestito dai poteri che contano – “The Economist” – titolava così qualche mese fa: ” Get ready for a world currency by 2018″.
D’altronde, l’elite, deve sbrigarsi se non vuole perdere il dominio della gestione monetaria ed il controllo sugli scambi, quindi nei loro piani potrebbe esserci anche l’emissione – chissà – di un cripto dollaro emesso dal governo, probabilmente più appetibile poiché trattato come moneta di conto ed utilizzabile magari per pagare anche le imposte.
Passiamo ad una notizia che sono certo la stampa eviterà di dare:
Era dal 2010 (7 anni fa) che l’Oro non chiudeva l’anno con una performance di questo tipo + 13% e con i prezzi sopra i 1300 dollari – soglia psicologica molto importante.
In un anno di rialzi a due cifre per gli indici azionari e con l’euforia sulle criptomonete anche il bene rifugio riesce a sorprendere!
Non è un caso e le valutazioni insane raggiunte dalle attività finanziarie stanno inducendo molti investitori (i tedeschi sono stati tra questi nel 2017) a cercare protezione su asset capaci realmente di proteggere in caso di scoppio di una delle due grandi bolle: mercato obbligazionario o mercato azionario.
Per dare una percezione di quanto già sia stato inflazionato il sistema con l’immissione di trilioni di dollari, basta analizzare l’andamento di alcuni Stocks negli ultimi 30 anni.
Ad esempio JPM dal 1984 a fine 2017 è salita del 4000% (dal 2012 + 300%);
Caterpillar dal 1985 è salita del 3000% (dal 2016 + 100%); Apple dal 1984 è su del 47000% (dal 2009 + 1500%). L’Indice Dow Jones che impiegò circa 100 anni per raggiungere la quota di 850 punti è salito di 5000 punti solo nel 2017.
Di converso, l’Oro rispetto al prezzo del 1981 è salito solo del 215% e il Silver nel medesimo periodo ha fatto peggio essendo a poco più del 110%.
Siamo di fronte ad attività depresse, sottovalutate in maniera incredibile, i cui prezzi consentono al settore minerario a mala pena di sopravvivere.
Cina, Russia ed altri paesi, proseguiranno anche nel 2018 convertendo i dollari e gli euro detenuti sino a quando il Paper Silver e il Paper Gold non faranno default – e sarà a quel punto che vedremo (dopo oltre 50 anni di manipolazione) i prezzi reali dei metalli preziosi.
Se accadrà nel 2018 è difficile dirlo tuttavia lo scenario monetario appare sempre più difficile da governare e se l’Economist non mente allora ne vedremo molte di cose interessanti.

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