Quali sono state le vere cause e le motivazioni della Brexit? In questa interessante lettura l’ autore ci propone un angolo visuale differente da quanto si legge nella quotidianità.

 

Dunque avevamo sbagliato tutto. Altro che referendum perso per errore, altro che disastro economico. Esiste un’altra Brexit, non quella che dal 2013 (data in cui il Premier britannico David Cameron annunciò che avrebbe indetto un referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea) viene raccontata dalla maggioranza dei media, soprattutto i media italiani, i quali sembrano intenzionalmente trascurare del tutto l’altra metà dell’operazione Brexit, mancando di interrogarsi sui vantaggi economici e le alleanze geopolitiche che il Regno Unito può ricavare da una decisione così epocale e per certi versi scomoda da interpretare.

L’altra Brexit è quella raccontata da Bepi Pezzulli, avvocato d’affari e Presidente di Select Milano, il thank-tank atlantista e liberale che ha scritto un libro edito da Class Editori – Milano Finanza.  “Per capire la Brexit – spiega Pezzulli – bisogna partire da un punto e chiedersi chi e cosa hanno determinato l’uscita dall’Unione europea; se il popolo britannico, attraverso il referendum, o piuttosto l’alleanza tra una frangia euroscettica ben posizionata nelle istituzioni britanniche preoccupata per la deriva pangermanica dell’Uee gli hedge funds inglesi preoccupati per gli squilibri nel bilancio commerciale dell’Ue”.

Nel libro si racconta che queste forze hanno cominciato a lavorare dietro le quinte molto prima della consultazione pubblica,con il preciso scopo di rifocalizzare l’economia britannica su finanza cinese e finanza islamica. Per perseguire la suggestione dell’Impero Britannico 2.0,l’Uk ha intessuto importanti rapporti con due potenze asiatiche, la Cina e l’Arabia Saudita parallelamente alla Brexit. Pechino offre a Londra la possibilità di diventare il terminale Occidentale della Belt and Road Initiative (Bri) di Xi Jinping, e piantare così l’Union Jack sulla Nuova Via della Seta. In cambio, il renminbi è stato fatto entrare nel paniere delle monete di riserva del Fmi, grazie allo sviluppo di un pool di liquidità cinese sulla piazza finanziaria di Londra. Le garanzie sulle contrattazioni sono assicurate da un accordo tra banche centrali: Bank of England (Boe) e People’sBank of China (Pboc). La China Construction Bank (Ccb), invece, gestisce la fase di liquidazione e regolamento delle transazioni denominate nella valuta cinese sul territorio britannico. Quanto all’Arabia Saudita, la posta in gioco è Aramco, la compagnia petrolifera di stato, da privatizzare nel 2019, subito dopo la Brexit, per finanziare la Visione 2030 di Mohammed Bin Salman.

Pezzulli racconta che “il renminbi è entrato nel paniere del FMI nel giorno del 67° anniversario della Rivoluzione cinese; la nomina di David Cameron a capo del fondo infrastrutturale Anglo-cinese è avvenuta nell’anniversario della Rivoluzione gloriosa che restaurò sul trono inglese Guglielmo III d’Orange”. Se c’è stato qualcosa di casuale nella Brexit, questo non sono le date.

Secondo l’autore, la Brexit è stata una scelta al tempo stesso di riposizionamento e di maggiore autonomia e libertà. Il disegno, mai completamente abbandonato, di fare di Londra la nuova Singapore dell’Atlantico, rendendola così una sorta di zona franca per il transito dei grandi flussi d’investimento ha avuto un peso determinante nel leave.Del resto, l’unica reazione possibile alla crescente forza della Germania, sostenuta dal suo surplus commerciale e dall’asse con i francesi, era quello cercare nuovi sbocchi a livello globale, e riposizionarsi tra gli Usa ad Occidente e la Cina ad Oriente, recuperando un ruolo centrale nel commercio internazionale.Che piaccia o no, poi, l’irrigidimento delle regole europee su banche e investimenti è stata un’ulteriore spinta a lavorare per il distacco, pena il crollo della redditività degli operatori finanziari di tutto il mondo che hanno sede nella City.

Preso atto di tutto questo, Pezzulli sostiene che “l’Italia deve adoperarsi per trarne il miglior beneficio avviando nuovi rapporti bilaterali con il Regno Unito. Il nuovo governo avrà il compito di costruire questo ponte. E da come sarà capace di interpretare tale ruolo dipenderà un pezzo del futuro del paese”.

Il libro racconta episodi inediti, cita testimonianze e ritrae i principali esponenti di quelle élite che hanno spinto verso la Brexit, a cominciare da Mark Wheatley, autore della prefazione, il quale siede nel Governo della City ed è un attore fondamentale nel dialogo anglo-italiano. E spiega il ruolo di Select Milano, la lobby che da tre anni ormai lavora incessantemente al disegno di associare Milano alla City di Londra, per sostenere il disegno Global Britain, dare una nuova centralità al capoluogo lombardo nell’area euro, e rafforzare la posizione Atlantica dell’Italia in politica estera.

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