Si danno appuntamento sui social. E poi giù botte per regolare i conti. Menando le mani, o anche i piedi e talvolta anche altri arnesi… Sono ragazzini del 2021 eppure è come fossero in un duello dell’800. Ora non ci sono spade e pistole e  il guanto della sfida è di gruppo. Ma quello che c’è dietro è sempre la stessa cosa: la cultura del duello per sanare l’offesa. Ed è lì, che secondo gli esperti, bisogna andare a educare i ragazzi, ancorati tutt’oggi a un modello di uomo o di donna – perché le risse sono anche tra ragazze ormai – che arriva persino a non denunciare perché si vergogna di sentirsi vittima. E quindi è vittima due volte.

Lo  sostengono  Daniele Novara, pedagogista fondatore del Centro psicopedagogico dell’educazione e Ciro Cascone, procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni.

In sintesi:

  • le risse non sono aumentate con la pandemia ma sono solo più visibili. Ci sono sempre state e sempre con le stesse modalità: appuntamento sui social per un conto da regolare, oppure uno spintone e  una parola di troppo  che prendono la deriva
  • i  ragazzi del 2021 vivono ancora immersi in un’antica cultura dell’onore da difendere con il duello (la rissa ne è la versione moderna) 
  • i videogiochi sparatutto contribuiscono a far perdere il confine tra realtà e fantasia
  • l’educazione civica a scuola va fatta partire dalla gestione dei conflitti
  • bisogna educare i ragazzi a prendere le distanze dalla violenza, a non farsi tirare dentro. E parlare. Denunciare. Perché il bullismo esiste nella misura in cui esistono anche gli spettatori.

Per chi vuole capire qualcosa di più (e ha del tempo a disposizione perché la chiacchierata è lunga)  ecco qui l’intera intervista con Daniele Novara e Ciro Cascone: parte dalle rissa, ma tocca molto altro. 

E che ci fa sollevare sommessamente una semplice domanda: perché tra i tanti esperti incaricati dal governo, in questo momento di alienazione totale per tanti ragazzi, non c’è neanche un pedagogista, un esperto di crescita, di adolescenti,  che possa suggerire come limitare i danni?

Daniele Novara

Le risse non sono litigi né conflitti

«Le risse sono episodi dove si cerca di far male. Non si tratta né di litigio né di conflitto. Il litigio infantile è un elemento positivo, il conflitto fa parte della nostra vita quotidiana. Io al tema dei litigi tra bambini ho dedicato gran parte della mia attività pedagogia, (ha scritto il libro Litigare con metodo).  Sui conflitti tra le persone, anche nei rapporti genitori-figli ho dedicato tantissimi libri il più famoso Urlare non serve a nulla.

Mentre la rissa va rubricata come violenza.

La rissa in genere avviene tra persone già grandi,  non bambini. E usano tutta la forza a disposizione per cercare di far male. Nella logica del concetto di violenza, quando si  cerca il danno in quanto tale, si parla di violenza. Quindi le risse sono episodi gravi che non vanno confusi con i nostri normali conflitti e i litigi infantili».

Risse e duelli (un po’ di storia)

«Le risse ci sono sempre state, purtroppo, perché noi proveniamo dalla tradizione del duello.  L’idea di regolare i conflitti con la rissa o con il duello è lunga come la storia dell’umanità.

In  Italia solo nel 1932 viene abolito il duello come forma legale per sanare gli offese.

Per dire, anche il nostro Cavour fece diversi duelli, D’annunzio, e poi Cavallotti… Felice Cavallotti, scrittore, uomo politico di area radicale, era famoso per i duelli. Li vinceva quasi tutti. A un certo punto  aveva già 54 anni, fa l’ultimo duello e muore. La spada gli recide la giugolare. E c’è uno scandalo. In realtà il problema non era tanto lo scandalo del duello, quanto che il duello fosse ancora consentito. Eppure lui era popolarissimo, il duellatore radicale… al suo funerale per dire c’erano migliaia  di persone. Il duello era molto popolare, finchè nel 1932, in epoca fascista peraltro, viene abolito definitivamente. Ma c’è voluto tanto tanto tempo».

I nostri ritardi culturali

«L’Italia su questo ha dei ritardi culturali molto significativi, al punto che la rissa, ha gravi carenze giuridiche. Se tu non hai lesioni superiori ai 20 giorni, devi denunciare l’aggressore. Deve essere il ragazzo o la ragazza (perché ormai è un problema trasversale) a  sporgere denuncia. Il nostro sistema giuridico giudiziario è ancora fermo al tempo del duello,  che apparentemente è stato eliminato come regolatore di conflitti, ma nel momento in cui la legge non è chiara sul tema della risse che dovrebbero essere perseguite d’ufficio anche se non ci sono danni gravi alle persone, è ovvio che lascia un vulnus enorme, grande come una casa. L’intenzionalità di fare del male infatti c’è.  I ragazzi purtroppo finiscono anche dentro a questi equivoci. Per cui oggi è cento volte più pericoloso farsi una canna che non fare una rissa».

Le risse sono più frequenti in questo periodo?

«Oggi magari le vediamo di più. Ma i ragazzi che si organizzavano per regolare i conti, c’erano anche prima del Covid.

Adesso viene enfatizzato perchè qualcuno vorrebbe anche impedire ai ragazzi di uscire al pomeriggio.

Io sono contrarissimo a questo.  Così le case diventano delle galere e allora diciamolo che vogliamo mettere agli arresti domiciliari una generazione. Poi discutiamo se questo è legittimo. A me sembra che si stia perdendo anche il lume della ragione».

Eccesso di realtà virtuale

«È da una decina di anni che vengano organizzate sui social queste risse. Ce n’erano tantissime anche  prima del lockdown… perchè? Non tanto per il lockdown ma per un eccesso di realtà virtuale. I ragazzi  giocano allo sparatutto sui videogiochi  hanno perso letteralmente il confine tra realtà virtuale e realtà effettiva. Ora, avendo un ritiro sociale sempre più accentuato, sostenuto anche  da queste idee crudeli di confinare i ragazzi in casa con la mamma – che è una cosa così contro natura da far paura – diventano incapaci neurocerebralmente di capire la distinzione tra realtà e fantasia, e che una rissa non è un videogioco. Ti puoi far male. Puoi morire in una rissa. Finchè questa dominanza dei  videogiochi va avanti nella vita dei ragazzi senza alcuna regolazione, anzi, consentendo  addirittura a bambini di 7 o 8 anni di passare il tempo davanti a Fortnite o anche altri con la massima naturalezza, la situazione rischia solo di peggiorare».

Genitori che non ci sono più

«E poi non ci sono regolamentazioni… ad esempio “Call of Duty”, storico  sparatutto,  era vietato sotto i 18 anni, ma lo usavano i bambini di 9 o 10 anni. Quindi con un sistema familiare di una fragilità enorme perché  se si consente a un ragazzino di stare sui videogiochi per 6, 7 anche 8 ore senza mettere una regola, magari anche di notte,  significa che i genitori non ci sono più.

Questi ragazzi  sono diventati orfani,  se il genitore non riesce a gestire la propria titolarità educativa  come gli consegna in fondo la legge.

Oggi si parla di  parental born out cioè, consunzione, logoramento, usura dei genitori  abbandonati a loro stessi. Ci sono  ristori per tutto meno che per i genitori che vedono i sorci verdi  con i figlioli sempre in casa.

Almeno davanti al videogioco è tranquillo e non mi distrugge la casa.

Ma  così  si rovina il cervello e perde perde i contorni della realtà, per cui  finire in una rissa organizzata sui social, sembra essere la forma più banale di passare il tempo e,  paradossalmente, anche la più normale per loro».

La grave carenza dello sport

«Ad aggravare la situazione c’è anche lo stop agli sport, totalmente proibiti. E penso a sport come  il rugby  o il calcio che è uno scaricatore di aggressività eccezionale. Ragazzi che sarebbero stati dei delinquenti col calcio si sono salvati. Tirare pedate a una palla scarica e oggi non possono farlo. Tutto proibito.

Quindi, adesso meravigliarsi che ci siano le risse appare perlomeno  ridicolo, è il meno che possa succedere. Preferiamo che i ragazzi si taglino?  si suicidino? c’è solo da scegliere la disgrazia che decidono di frequentare… 

Dobbiamo prendere atto che i ragazzi non sono colpiti dalla pandemia nel modo degli adulti e quindi riapriamo le scuole e i centri sportivi, senza continuamente farli diventare i capri espiatori, per cui invece di cercare i focolai in casa, si vanno a cercare all’aria aperta che è la cosa più assurda scientificamente.

I focolai sono nelle case, non all’aria aperta, non per le strade. Tutte le ricerche lo dimostrano. Il virus all’aria aperta non ha la stessa forza rispetto all’ambiente chiuso. A Natale il 5 gennaio con le scuole chiuse da 13 giorni c’è stato il picco dei morti: 659. Perchè  i focolai erano nelle case. La gente stando in casa obbligatoriamente 13 giorni si è contagiata.

Lo sport organizzato è sotto controllo, l’importante è evitare lo spogliatoio, ma ci sono centomila modi per controllare. Lasciare i giovani senza sport  è una grave aggressione nei loro confronti. Poi non si può prendere che restino normali. Il loro cervello è instabile... non sempre riescono  a controllarle. Quindi stanno facendosi del male. E ringraziamo i nostri governanti».

Il cervello di un adolescente

«Con la fine dell’adolescenza la corteccia prefrontale incomincia  a formarsi in maniera tale da prendere il controllo delle altre aree cerebrali, specie quelle della zona limbica dove c’è tutta la formazione delle emozioni. Perchè la corteccia prefrontale è l’organo di regia razionale,  è la nostra parte nobile, che ci rende quello che siamo.

Però incomincia a formarsi come organo di regia a partire dagli 11, 12 anni. Questo processo ha bisogno di almeno 10 anni per arrivare alla fine. L’adolescenza arriva fino a 22 – 23 anni. Ha bisogno di un tempo molto lungo. In questo tempo il cervello è sotto pressione, continua a sussultare, è  come sulle montagne russe, perchè mentre la corteccia prefrontale cerca di controllare le aree delle emozioni, in quel periodo, in quel tentativo il cervello è ondivago. Le neuroscienze ci riportano che i comportamenti adolescenziali non sono del tutto volontari.  Certo l’adolescente ha più intelligenza del bambino, ma in questa necessità del cervello di stabilizzarsi, è molto sotto stress.

Questo ha anche tanti vantaggi, proprio questa  leggerezza cerebrale consente agli adolescenti di avere delle finestre cognitive  che nel resto della vita non ci sono più. Il problema è il controllo delle emozioni. L’adolescente non ha il totale controllo delle emozioni.  Questo è un dato scientifico inequivocabile. Non dipende da lui. Dire a un adolescente di comportarsi bene  è come  friggere l’acqua, non si ferma nulla».

Fuggire dalla mamma

«I ragazzi hanno bisogno di scaricare una tensione emotiva inequivocabile. Avrebbero bisogno di stare con i loro compagni perché è il momento di uscire dal nido materno. L’adolescente  vuole allontanarsi dalla mamma. È normale. È sempre stato così dalla storia dell’umanità.

È totalmente contro natura tenere i ragazzi chiusi in casa con la mamma. Dannosissimo per la lor crescita. 

Questi ragazzi hanno bisogno di sfogarsi, in genere c’è  l’aggregazione e il movimento. Il famoso muretto e lo sport. Il muretto nel complesso è ancora possibile, ma ora c’è questo attacco legato alle risse che però ci sono sempre state negli ultimi anni. Statisticamente non c’è un aumento. Ho seguito tanti episodi prima del lockdown. Adesso sono solo più visibili, ma adesso i ragazzi sono sotto attacco perché sono  considerati gli untori senza nessuna base scientifica.  Non esiste una-ricerca-una a livello scientifico mondiale che abbia tracciato un contagio tra un nipote e un nonno. Così li si chiude in casa ad infettarsi».

L’educazione civica parte dalla gestione dei conflitti

«Cosa possiamo fare adesso? Intanto abbiamo perso una grande occasione, il ritorno dell’educazione civica a scuola. È una materia importante che ha a che fare con la nostra Costituzione, e con la necessità di imparare a vivere assieme. Ma non è stata  inserita la gestione dei conflitti, che è la base della democrazia. I ragazzi vanno aiutati a gestire la loro contrarietà, imparando le tecniche  di negoziazione reciproca, di ascolto reciproco.

Sapere fare una discussione, ad esempio è importantissimo.

Se c’è una persona che non ha le stesse idee o che vuole le tue stesse cose e tu sei contrario, che fai lo picchi o ci discuti? Ma per discuterci devi sapere come fare, e questa è la base dell’educazione civica. Altrimenti attivi il cervello in maniera rettiliana, cerchi di eliminare chi ti disturba. L’educazione civica che non introduca la gestione dei conflitti è inutile. Un’occasione mancata».

L’appello

«Adesso si è creato un vuoto. Totale. È come se  chiedessimo ai ragazzi per un anno stai fermo, non fare niente. Ma non è possibile. Il ragazzo per antonomasia  si muove. Per antonomasia cresce. Il  crescere è un suo bisogno involontario.  È come se tu piantassi un seme ma se non lo innaffi muore. I nostri ragazzi adesso sono come quel seme: li abbiamo piantati,  sono cresciuti, ma ora non li annaffiamo più. Anzi. A  un certo punto diciamo loro di stare  in un cono d’ombra:  ma qui si muore! Si sta creando una situazione di grande depressione nei nostri ragazzi».

La chiusura delle scuole e la paura di uscire

«Le ultime mie segnalazioni che ricevo dalle famiglie è che i ragazzi non vorrebbero neanche più tornare a scuola. C’è paura. Stanno interiorizzando una forma di depressione basata sulla paura. Questo è un lascito che dipende non solo dalla pandemia ma anche da decisioni sbagliate, come la chiusura delle scuole senza criterio. Tutte le volte che i genitori hanno fatto ricorso al Tar hanno sempre vinto. La scuola è un diritto inalienabile. La chiusura delle scuole è l’ultima scelta. Ma ci rendiamo conto dei gravi danni verso questa generazione?

Non c’è solo il virus che fa male. La depressione fa molto più male  del virus ai ragazzi. I ragazzi del virus non muoiono ma la depressione può uccidere.  I suicidi sono in aumento. Tutto questo è agghiacciante».


Ciro Cascone

La punizione della rissa

«La rissa avviene quando  ci sono almeno tre persone che fanno a botte. Il codice  punisce anche la semplice partecipazione:  se poi ci sono lesioni personali la pena aumenta, è aggravata. La semplice rissa senza lesioni è punita con una multa di 300 euro. Ma l’aspetto più complicato, è la prova della rissa: quando arrivano le forze dell’ordine tutti si dileguano. Se  c’è il ferito, questa  è la prima prova che c’è stata la rissa, ma altrimenti resta difficile provarlo. Ad esempio, nella famosa rissa di Gallarate dei giorni scorsi, si parlava della partecipazione di centinaia di persone. Ma quando sono intervenute le forze dell’ordine non c’erano più. È stato possibile risalire a quello che era successo  in base alle immagini».

«Io non sono stato»

«La maggior parte delle risse poi, anche se arrivi al processo, hanno lo stesso schema. “Io non sono stato, sono stato aggredito e mi sono difeso. Io sono la vittima. Il paradosso di tante risse è che ci sono sono contemporaneamente autori e vittime. Chi ha avuto lesioni, sappiamo che ha partecipato alla rissa. Ma non c’è vuoto giuridico, la partecipazione alla rissa è punita e si procede d’ufficio. Il bene tutelato nella rissa è il bene pubblico, dove i partecipanti a volte sono ignoti».

Le risse non sono una novità

«Entro certi limiti è anche il mio pensiero: le risse ci sono sempre state, magari non così eclatanti, da coinvolgere così tante persone. Oggi c’è sicuramente maggiore attenzione mediatica sia per la  diffusione che per l’esplosione mediatica di queste notizie.

Tutte queste restrizioni per i ragazzi diventano costrizioni ed è normale che venga stimolata la trasgressione anche noi le notiamo di più. Uscire, stare insieme, assembrarsi, in questo momento c’è un’attenzione maggiore rispetto a prima. Talvolta si rischia di gonfiare episodi che sono per fortuna meno gravi. Noi interveniamo, ma c’è anche un aspetto emulazione quindi dobbiamo cercare di bloccare sul nascere queste cose. Prima, di certo, non ci si faceva tanta attenzione, ma così eclatanti non se ne veda da un sacco di tempo.

Una (distorta) questione di onore

La rissa diventa quasi accessoria a quell’assembramento che non parte con intenzioni rissose, poi basta niente qualcuno beve, urla, spinge… e rischia di degenerare.  La cultura del duello esiste ancora. Ti sfido per conquistare il trofeo, la ragazza a volte, che magari è pure contenta di essere il trofeo. Su questo bisogna intervenire, bisogna far capire fin da piccoli il rispetto delle persone».

Cosa possiamo fare?

«Insegnare ai ragazzi a prendere le distanze dalla violenza.  Altrimenti avremmo sempre la rissa e il gruppo degli spettatori, dei  non ho visto niente. Non bisogna reagire cercando la vendetta ma denunciare. Raccontare, parlare,  sputtanare chi fa violenza davanti a tutti. La violenza non va legittimata. Deve cessare questo sentirsi offeso nell’onore. Perché purtroppo  è vero che abbiamo ancora questa cultura dell’onore e della dignità. Distorta perché non si deve vergognare chi subisce, altrimenti sarà vittima due volte.

Si arriva all’assurdo che chi subisce violenza al parco non denuncia perchè si vergogna di apparire come quello sfigato che ha subito l’aggressione. Si sente preso di mira e distrutto nella sua immagine. Ecco perché lo spettatore non deve restare spettatore. Il bullismo esiste perchè esistono gli spettatori. Altrimenti certe forme di violenza non esisterebbero più».

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