Altro che bamboccioni. Uno studente su due fa già qualche lavoretto
Nati bollati come Sdraiati (ormai già undici anni fa), da allora sono cresciuti a suon di cliché alimentati da etichette. Senza distinzione di colpi, da sinistra a destra. Bamboccioni, pigri, svogliati, poco lungimiranti, per niente costruttivi, maleducati, bizzosi. E poi: sempre e solo attaccati al cellulare (il rimprovero claim).
A far cosa poi? Magari a cercarsi un lavoretto. O magari anche a farlo. Quando il mondo adulto si prenderà la briga di guardare sul serio gli adolescenti, con occhi, forse, meno «viziati», potrebbe avere delle sorprese. Per una volta, positive. Per esempio che un ragazzo su due già alle superiori si cimenta in qualche lavoretto. E non solo in estate ma (il 23%) dopo la scuola, spesso con prospettive più ampie di togliersi solo qualche sfizio. O, ancora, che già a 16, 17 anni almeno uno su 4 si sente un Elon Musk in erba e pensa di avere in testa già l’idea giusta. Non lo sarà di certo (o chissà) ma intanto quel seme che malgrado tutto e tutti cresce, lo proietta in una dimensione legata a una carriera imprenditoriale in un futuro dove il contratto a tempo indeterminato non esercita alcun fascino.
Non sono parole. Ma numeri, quelli rivelati dalla ricerca «Dopo il diploma» realizzata da Skuola.net in collaborazione con Elis – realtàno profit che forma persone al lavoro – intervistando 2.560 alunni delle scuole superiori. Benestanti (54%) o meno (57%), il darsi da fare non è dettato dalla necessità, ma dalla voglia di sporcarsi le mani. Per 9 su 10 a fare i camerieri, i fattorini, i rider, le baby sitter, gli istruttori sportivi, i tutor per ripetizioni, ma uno su 10 si butta nella rete tra un compito di matematica e una versione di greco, tra app da sviluppare e big data vari, con l’aspirazione di provare a farli diventare l’attività della vita.
D’altronde solo uno su 5 vive ancora nell’arcaico mito del posto fisso. «Lavoro autonomo e spirito imprenditoriale rappresentano i nuovi orizzonti lavorativi della generazione Zeta, capovolgendo completamente i capisaldi dei loro genitori – fa notare Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net – Tuttavia un conto è desiderare, un conto è riuscire: le competenze di base per intraprendere questi percorsi non si improvvisano». Qualcosa ora nella scuola si muove, perché qui, oggi serve formare ben altro, rispetto ai necessari impiegati di un tempo.