Derogare per costruire: il Ponte sullo Stretto alla prova della normativa europea
Tra interesse pubblico, vincoli ambientali e discrezionalità tecnica, la relazione IROPI approvata dal Governo apre un nuovo fronte giuridico sul più discusso progetto infrastrutturale del Paese.
Nell’intrico di norme nazionali e direttive europee, il Ponte sullo Stretto di Messina torna al centro del dibattito non solo come sfida ingegneristica o oggetto di visioni contrapposte sullo sviluppo del Mezzogiorno, ma anche come caso giuridico emblematico di deroga ambientale fondata su “ragioni imperative di interesse pubblico prevalente”.
La recente approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, della relazione IROPI (Imperative Reasons of Overriding Public Interest) relativa alla realizzazione del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria costituisce un significativo avanzamento giuridico-amministrativo nel lungo e complesso iter procedimentale che conduce alla concreta attuazione di quest’opera infrastrutturale. L’atto in parola non rappresenta, infatti, una mera tappa formale, ma si configura come un passaggio dotato di rilevante portata giuridica, idoneo a incidere sostanzialmente sul rapporto tra sviluppo infrastrutturale e tutela dell’ambiente, alla luce della normativa eurounitaria e dei suoi meccanismi di recepimento nell’ordinamento italiano.
Dal punto di vista giuridico, il concetto di IROPI si colloca all’interno del sistema di deroghe previsto dalla direttiva 92/43/CEE – nota come Direttiva Habitat – in materia di conservazione degli habitat naturali e della flora e fauna selvatiche. Tale istituto è stato recepito in Italia mediante il D.P.R. n. 357/1997, successivamente modificato e integrato, e consente agli Stati membri di autorizzare progetti che incidano negativamente su aree protette o specie tutelate, esclusivamente in presenza di motivazioni imperative di rilevante interesse pubblico, debitamente documentate e non eludibili, che devono ricadere in tre ambiti fondamentali: la tutela della salute pubblica, la sicurezza delle persone e l’esistenza di benefici ambientali indiretti ma comunque significativi.
Nello specifico, la relazione approvata dal Governo italiano afferma la sussistenza di motivazioni imperative riferibili a tutti e tre i presupposti appena menzionati: sicurezza pubblica, salute umana e benefici ambientali di rilievo. Si tratta di elementi giuridicamente qualificati e sostanzialmente necessari per consentire, nel quadro del diritto dell’Unione, la prosecuzione dell’iter autorizzativo di un progetto infrastrutturale che, come rilevato nella precedente Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA) approvata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, comporta un impatto ambientale significativo – e in parte non mitigabile – in almeno tre aree di elevata fragilità ecologica: i monti Peloritani, la Costa Viola e i fondali marini tra Punta Pezzo e Capo delle Armi.
Proprio in tale contesto, l’approvazione della relazione IROPI implica, quale corollario giuridicamente vincolante, l’obbligo per l’autorità competente di predisporre un piano dettagliato delle misure compensative, finalizzato a mitigare, compensare e – per quanto possibile – neutralizzare gli effetti negativi dell’intervento sull’ambiente naturale. Tali misure devono garantire la conservazione della biodiversità e degli equilibri ecosistemici, con particolare attenzione ai corridoi migratori dell’avifauna e alla vegetazione endemica, e rappresentano un elemento imprescindibile ai fini del giudizio di legittimità dell’intero procedimento. È proprio su questo aspetto che si innestano rilevanti profili di responsabilità amministrativa, in quanto l’omessa, parziale o difforme attuazione delle misure compensative configura non solo una violazione degli obblighi imposti dalla Direttiva Habitat, ma anche una condotta suscettibile di dar luogo a responsabilità per danno ambientale ai sensi della Parte VI del D.Lgs. n. 152/2006. Tali responsabilità possono gravare sia sull’amministrazione procedente sia sui soggetti attuatori, a seconda della natura degli obblighi convenzionali o attuativi assunti nell’ambito dell’Accordo di Programma.
Sul piano giurisdizionale, la relazione IROPI è pienamente sindacabile dinanzi al giudice amministrativo, pur essendo espressione di discrezionalità tecnica. Il sindacato del giudice amministrativo potrà vertere sulla logicità, congruità e completezza dell’istruttoria, sulla correttezza dell’analisi delle alternative meno impattanti e sulla coerenza interna delle motivazioni addotte. In assenza di un adeguato bilanciamento tra interessi pubblici e tutela ambientale, o in presenza di una motivazione apodittica, il giudice potrà annullare l’atto per difetto di istruttoria o per violazione dei principi di proporzionalità e precauzione, ampiamente riconosciuti anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. A ciò si aggiunge la possibilità di attivare una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, qualora si accerti che le condizioni previste per la deroga IROPI non siano state soddisfatte, oppure che le misure compensative non siano state effettivamente implementate. In casi gravi, ciò può portare non solo a una sanzione pecuniaria, ma anche alla sospensione dei fondi europei eventualmente coinvolti nel finanziamento dell’opera.
Nel prosieguo dell’iter, il passaggio successivo previsto dalla normativa italiana è rappresentato dall’approvazione, da parte del CIPESS, del Piano Economico Finanziario e del correlato Accordo di Programma, che costituisce un atto amministrativo negoziale, volto a cristallizzare gli obblighi reciproci e le responsabilità delle parti coinvolte – tra cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il MEF, le Regioni interessate, RFI, ANAS e la Società Stretto di Messina. L’Accordo ha natura vincolante e rappresenta un momento determinante di coordinamento istituzionale, la cui corretta attuazione è essenziale per assicurare il rispetto dei vincoli comunitari, anche sotto il profilo dell’esecuzione delle misure di compensazione ambientale.
Successivamente, potrà essere avviata la progettazione esecutiva, fase conclusiva della progettazione secondo il D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici), funzionale alla definizione di ogni singolo aspetto tecnico, gestionale e realizzativo dell’opera. Anche in questa fase permane l’obbligo di rispettare integralmente le prescrizioni ambientali e compensative previste dalla relazione IROPI, le quali diventano clausole vincolanti nel quadro delle obbligazioni contrattuali e possono essere oggetto di monitoraggio e verifica da parte degli enti preposti, nonché di contestazioni in caso di inadempimento.
L’approvazione della relazione IROPI, dunque, rappresenta non solo un avanzamento procedurale verso la realizzazione del Ponte sullo Stretto, ma costituisce anche una vera e propria svolta giuridica nell’applicazione degli istituti di diritto ambientale europeo in ambito infrastrutturale.