Il decreto-legge Infrastrutture che l’Esecutivo dovrebbe varare nella prossima seduta del Consiglio dei Ministri si muove lungo una duplice traiettoria: da un lato persegue la massimizzazione della trasparenza nel circuito decisionale degli appalti pubblici, dall’altro interviene mediante correttivi puntuali – ora di natura formale, ora di rilevanza sostanziale – al fine di prevenire incertezze interpretative e di adeguare la trama del nuovo Codice dei contratti pubblici alle esigenze emerse sino a questo momento.

Dalle bozze circolate nelle ultime ore – per definizione provvisorie e dunque da leggere con la necessaria cautela – emerge un evidente affinamento dell’articolato normativo.

Emblematica, anzitutto, la rivisitazione dell’art. 45 in materia di incentivi alle funzioni tecniche: si introduce un vero e proprio onere informativo in capo alle stazioni appaltanti, tenute a trasmettere alle organizzazioni sindacali, con cadenza almeno annuale e contestualmente a ogni singolo provvedimento, l’elenco degli atti di conferimento di funzioni tecniche e di riconoscimento degli incentivi connessi. Viene così riattivato un canale di controllo partecipativo delle rappresentanze dei lavoratori, che il nuovo Codice aveva silenziato dopo l’abrogazione della contrattazione decentrata ex art. 113 del testo del 2016. Lo stesso art. 45 è integrato da una clausola – di chiara valenza derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività sancito dall’art. 24, comma 3, D.Lgs. 165/2001 – che permette l’erogazione degli incentivi anche al personale dirigenziale, fugando i residui dubbi sulla compatibilità della misura con il regime retributivo dei dirigenti, già in parte sciolti dalla giurisprudenza contabile.

Sul versante delle garanzie, l’intervento più incisivo insiste sull’art. 117: la soglia minima del 20% per il massimale della polizza decennale postuma relativa a opere di importo superiore a due miliardi di euro potrà essere modulata sino a un minimo del 3%, purché nel rispetto del principio di proporzionalità. Tale previsione alleggerisce l’onere finanziario degli esecutori impegnati in opere di rilevanza strategica, ma impone alle stazioni appaltanti una ponderazione accurata dell’interesse pubblico alla copertura dei rischi di difetti gravi, esigendo un equilibrio «caso per caso».

Di minore impatto sostanziale, pur se utile sul piano sistematico, è la rinumerazione dei commi 4-bis in 4-bis e 4-ter all’interno dell’art. 136 dedicato ai settori difesa e sicurezza, mero intervento di tecnica legislativa volto a eliminare disallineamenti logici.

Assume invece particolare rilievo la nuova clausola transitoria innestata nell’art. 225-bis: viene precisato che la disciplina previgente in materia di subappalto – ossia l’art. 119, comma 20, e l’art. 23 dell’allegato II.12 nella versione vigente al 1° luglio 2023 – continuerà ad applicarsi alle procedure già avviate, vale a dire a quelle il cui bando o invito a presentare offerta sia anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 209/2024 (il c.d. Correttivo), avvenuta il 31 dicembre 2024. Si intende così sterilizzare il rischio di contenzioso da applicazione retroattiva, preservando le legittime aspettative degli operatori economici coinvolti.

Non meno significativa la modifica all’allegato I.11, che estende ad ANAS S.p.A. e Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. l’esonero dal versamento al CSLP (Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici) del contributo dello 0,3‰ (fino a 100.000 €) per l’istruttoria di progetti e documenti di fattibilità: una misura di semplificazione amministrativa che riduce i costi per due dei principali player infrastrutturali nazionali, accelerando i passaggi autorizzatori.

Novità anche per il Collegio Consultivo Tecnico (CCT), dove il relativo allegato V.2 subisce un lieve restyling: viene riconosciuta la facoltà di designare un componente del Collegio anche da parte del concedente (leggasi Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) e si specifica che i dirigenti o funzionari designati devono provenire da amministrazioni pubbliche ex art. 1, comma 2, D.Lgs. 165/2001. Si valorizza il possesso di un dottorato di ricerca nelle discipline ingegneristiche, architettoniche, giuridiche o economiche come ampliamento della rosa dei requisiti (alternativi) e ai fini dell’anzianità minima di servizio (cinque o dieci anni) si ammette la cumulabilità dei periodi maturati per l’acquisizione dei diversi requisiti professionali, riconoscendo pari dignità ai percorsi di carriera più articolati.

Nel loro complesso, le modifiche prospettate si inscrivono in un disegno di manutenzione normativa che, pur lasciando intatto l’impianto del D.Lgs. 36/2023, ne perfeziona i nodi più sensibili: potenziamento della trasparenza attraverso un obbligo strutturale di informazione sindacale, taratura delle garanzie assicurative per le opere di maggior valore, certezza del diritto per le gare in fase avanzata, riduzione degli oneri istruttori per i soggetti infrastrutturali strategici e rafforzamento della governance tecnica delle commesse pubbliche.

L’efficacia di tali interventi potrà essere misurata soltanto alla prova della prassi applicativa e degli orientamenti giurisprudenziali e contabili che seguiranno; tuttavia, sin d’ora essi attestano la volontà del legislatore di proseguire in un processo dinamico di affinamento del Codice, volto a coniugare speditezza procedimentale, rigore dei controlli e tutela dell’interesse pubblico alla corretta esecuzione delle opere.

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