Il voto alle amministrative non che confermato un fatto evidente ormai da tempo: la destra italiana è morta. O meglio la destra, così come siamo stati abituati a concepirla negli ultimi anni – sempre che i partiti che hanno rappresentato quest’area politica e culturale nell’ultimo periodo si possano definire tali – non esiste più.

Senza voler compiere un’analisi del voto di questi giorni, bisognerebbe invece soffermarsi sulle scelte realizzate negli ultimi anni che hanno fatto sì che venisse distrutto un patrimonio elettorale, politico e culturale consegnando la destra italiana all’irrilevanza.

Decisioni nate dalla mancanza di una visione politica più ampia, legate all’attaccamento alla poltrona, allo scambio di favori piuttosto che a un progetto unitario da coltivare nel tempo per far cresce una generazione in grado di conservare e trasmettere valori che oggi rischiano di scomparire insieme alle forze politiche che avrebbero dovuto rappresentarli.

Cosa rimane della destra italiana? L’eredita politica lasciata alle future generazioni è pressoché nulla, un’ampia frammentazione, nessun vero partito di riferimento ma tante realtà disunite tra loro e in competizione, spesso a spartirsi manciate di voti che non fanno che accrescere la disaffezione dei cittadini e degli elettori.

Perciò l’unica strada da seguire per il futuro è ripartire dalla cultura, da quell’insieme di valori che accomunano un mondo, da quelle idee, suggestioni, riferimenti che, nonostante tutto, fungono ancora da collante.

Occorre però che sia una nuova generazione di giovani a farsi portatrice di questi valori, mai come oggi a destra si sente l’esigenza di volti nuovi, di giovani preparati e in grado di ricostruire un mondo che deve e vuole essere ancora rappresentato.

@francescogiub

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